Tasse in aumento: quest’anno finiremo di pagarle il 4 giugno
La pressione fiscale nel 2019 aumenterà, attestandosi al 42,3% (+0,4% rispetto all’anno scorso), e questo aumento delle tasse previsto farà slittare, seppur di un solo giorno, il tax freedom day, ossia il giorno in cui ci si libererà dal fisco, che scatterà il 4 giugno. In altre parole, dopo più di 5 mesi dall’inizio dell’anno, il contribuente medio italiano smette di lavorare per assolvere a tutti gli obblighi fiscali dell’anno (Irpef, accise, Imu, Tasi, Iva, Tari, addizionali varie, Irap, Ires, etc.) e dal 4 giugno inizia a guadagnare per se stesso e per la propria famiglia.
Se, invece, si considera la singola giornata lavorativa (dalle 8.00 del mattino), ogni giorno ciascun italiano lavora per pagare le tasse e i contributi fiscali sino alle 11.23, vale a dire quasi 3 ore e mezza al giorno. Mentre gli rimangono solo 4 ore e mezza per “costruirsi” il reddito o la retribuzione netta. Pur trattandosi di un puro esercizio teorico, questa analisi condotta dall’ufficio studi della Cgia è interessante perché dà la dimensione, quando la si compara con i risultati degli altri paesi europei, di quanto sia maggiore il prelievo fiscale e contributivo in Italia.
“La manovra di bilancio del 2019 non ha introdotto quello shock fiscale che tutti si attendevano – ha commentato il coordinatore dell’ufficio studi della Cgia, Paolo Zabeo – Anzi, stando alle previsioni elaborate dal Ministero dell’Economia, la pressione fiscale per l’anno in corso è destinata addirittura ad aumentare, dopo 5 anni in cui ciò non accadeva”. Non solo. L’istituto di Mestre segnala che con la rimozione del blocco dei tributi locali prevista dalla manovra c’è il pericolo che tornino ad aumentare anche il peso delle tasse locali che erano bloccate dal 2016. Va segnalato che quasi la metà del gettito complessivo è riconducibile all’applicazione dell’Imu/Tasi sulle seconde/terze case, sui capannoni, sui negozi e sulle botteghe artigiane.
La pressione fiscale più bassa si è avuta con il governo Berlusconi II, la più alta con Monti
Guardando la serie storica, negli ultimi 25 anni il giorno di liberazione fiscale più precoce si è verificato nel 2005, sotto il governo Berlusconi II, con una pressione fiscale al 39,1% e ai contribuenti italiani bastò raggiungere il 24 maggio per scrollarsi di dosso il giogo fiscale. Il tax freedom day più in ritardo, invece, si è registrato nel 2012 e nel 2013, sotto il governo Monti. Questo risultato così negativo si verificò perché la pressione fiscale raggiunse in quel biennio il record storico del 43,6% e, di conseguenza, il giorno di liberazione fiscale si celebrò solo il 9 giugno.
Irlanda è il paese dove ci si libera dal fisco prima di tutti
Dal confronto con gli altri Paesi europei non emerge un risultato particolarmente entusiasmante. Nel 2017 (ultimo anno in cui è possibile effettuare una comparazione con i paesi Ue) i contribuenti italiani hanno lavorato per il fisco fino al 4 giugno, vale a dire 4 giorni in più rispetto alla media registrata nell’area euro e 8 se, invece, il confronto è fatto con l’Unione europea. Se si confronta il tax freedom day italiano con quello dei principali competitori economici, solo la Francia presenta un numero di giorni di lavoro necessari per pagare le tasse nettamente superiore (+23), mentre tutti gli altri hanno potuto festeggiare la liberazione fiscale con un netto anticipo. In Germania, ad esempio, questo avviene 7 giorni prima, in Olanda 13, nel Regno Unito 25 e in Spagna 28. Il paese più virtuoso è l’Irlanda: con una pressione fiscale del 23,4%, i contribuenti irlandesi assolvono gli obblighi fiscali in soli 85 giorni lavorativi, cominciando lavorare per se stessi il 27 marzo, vale a dire 69 giorni prima rispetto all’Italia.