Telecom, il cda straordinario si chiude con nulla di fatto su rete unica e strategie. Titolo affonda a Piazza Affari
Il mercato boccia quanto deciso – o non deciso – dal cda straordinario di Telecom Italia, che si è riunito nella giornata di ieri.
La convocazione del cda, che si è riunito per fare il punto sulle strategie da adottare in vista della preparazione del nuovo piano strategico 2022-24 dopo la trimestrale del gruppo deludente, era stata richiesta dai consiglieri in quota Vivendi e dagli indipendenti.
La nota diramata al termine della riunione non ha riservato nulla di particolare: “Non è in corso alcuna negoziazione relativa alla rete o altri asset strategici”.
Il consiglio, si legge ancora, che si è riunito su su richiesta di alcuni consiglieri sotto la presidenza di Salvatore Rossi “ha esaminato il difficile contesto di mercato e le sfide che attendono la società in materia di strategia, performance aziendale e organizzazione, anche in vista della preparazione del Piano Strategico 2022-2024″ e “ha inoltre definito il percorso per la preparazione e condivisione del Piano Strategico 2022-2024 da approvare nella riunione del Consiglio del prossimo febbraio”.
Ma, per l’appunto, la nota stonata per i mercati è il fatto che Telecom Italia non abbia alla fine annunciato nulla, rimandando tutto al piano, quando il fermento sulla rete unica tra gli investitori era stato rinfocolato proprio proprio agli inizi del mese dopo alcuni rumor rilanciati da Bloomberg.
Le indicrezioni avevano scatenato le speculazioni sulla possibile decisione del ceo Gubitosi di rinunciare al controllo della rete per rilanciare l’accordo con Open Fiber.
In particolare, lo scorso 4 novembre un articolo de La Stampa riprendeva quanto scritto da Bloomberg:
“Nei piani, Tim conserverebbe una partecipazione di minoranza nella nuova società che nascerebbe dal matrimonio tra FiberCop (rete secondaria) e Open Fiber. Secondo le case di investimento, tale sviluppo sarebbe positivo per Tim perché aumenterebbe la probabilità di un accordo sull’asset e consentirebbe a Tim di deconsolidare FiberCop con un beneficio sia in termini di debito che di capex e faciliterebbe un ulteriore accordo che contemplerebbe il conferimento di tutta la rete fissa nella nuova entità”.
E’ vero che immediate erano state le precisazioni del gruppo: “Con riferimento alle indiscrezioni di stampa odierne circa possibili assetti societari relativi alla rete, Tim precisa che l’argomento non è stato oggetto di discussione nel Consiglio di Amministrazione né tanto meno sono state prese decisioni al riguardo”.
Tornando al cda straordinario di TIM riunitosi nella giornata di ieri non sarebbero mancati, secondo quanto apprende Radiocor, “i momenti di confronto molto acceso sui numeri del terzo trimestre (e del profit warning) che non hanno soddisfatto il socio d’Oltralpe (ovvero Vivendi). “Le preoccupazioni – ha riportato Radiocor – secondo quanto si apprende da fonti vicine al dossier, su questo fronte non si sono affatto placate, anzi sarebbero cresciute. Il clima, tuttavia, è stato meno turbolento del previsto, anche se si è richiesta una maggiore condivisione sugli obiettivi strategici”.
Bruxelles dà ok ad acquisizione Open Fiber da CdP Equity e Macquarie
Tutto questo mentre, sempre nella giornata di ieri, è arrivato l’ok di Bruxelles all’acquisizione congiunta di Open Fiber da parte di Cdp Equity e del fondo Macquarie, rispetto alla quota attualmente detenuta assieme a Enel.
“La Commissione ha concluso che la proposta acquisizione non solleverebbe preoccupazioni di concorrenza data l’assenza di sovrapposizioni orizzontali o relazioni verticali” tra le società coinvolte.
Dunque ok all’uscita di Enel dal capitale di Open Fiber, e all’entrata del fondo Macquarie con il 40% e l’aumento della partecipazione di Cassa depositi e prestiti dal 50% al 60%.
Da segnalare che, al momento, Open Fiber è controllata congiuntamente da Cdp Equity (controllata da Cassa Depositi e Prestiti a sua volta controllata dallo Stato) ed Enel. CdP è anche azionista di minoranza e membro del cda di Telecom Italia.
A tal proposito, “senza pregiudizio all’applicabilità degli articoli 101 e 102 del Trattato Ue -articoli che fanno riferito agli accordi anticoncorrenziali tra imprese e all’abuso di posizione dominante- o di ogni altra disposizione nazionale sui possibili effetti anticoncorrenziali, la Commissione ha concluso che le possibili preocccupazioni di concorrenza non sono specifiche dell’operazione proposta, poiché Cdp Equity aveva già il controllo congiunto di Open Fiber”.
La batosta per il titolo Telecom era arrivata alla fine di ottobre, con una trimestrale che ha a dir poco gelato il mercato: il gruppo guidato da Luigi Gubitosi ha riportato ricavi per il terzo trimestre che hanno mancato la stima media degli analisti attestandosi a 3,84 miliardi di euro rispetto ai 3,88 mld del consensus Bloomberg. Leggermente sotto le attese anche l’ebitda organico a 1,67 mld (consensus 1,68 mld). A deludere in particolare l’ebitda domestico a 1,3 mld (-8,3%).
E non è finita qui, visto che la società ha anche tagliato la guidance, contribuendo ad affossare ulteriormente il titolo.
Il fattore Dazn non ha certo aiutato, se si considera che la campagna abbonamenti per le partite di serie A, in relazione all’accordo con Dazn che ha acquisito i diritti, ha sofferto una pesante battuta d’arresto a settembre, sulla scia di problemi di trasmissione.
Nelle ultime ore non sono arrivate neanche buone notizie sul titolo Telecom visto che, dalle comunicazioni della Consob relative alle posizioni nette corte è emerso che Citadel Advisors, dalla data del 10 novembre, ha mantenuto lo short selling su Telecom Italia allo 0,49%.
Ma è soprattutto il nulla di fatto sulla rete unica e sulle strategie emerso dal cda della vigilia che sta affossando oggi le quotazioni della società, affondate all’inizio della sessione del Ftse Mib fino a -4,5%.