Tria stoppa anche flat tax, al suo posto Iri? Salvini: no patrimoniale, spesometro, redditometro, fatture
Ieri, le indiscrezioni del quotidiano La Repubblica, che parlavano di una manovra povera da parte di Giovanni Tria, con tanto di no al reddito di cittadinanza e con una flat tax solo per pochi. Oggi, prima che sul tema intervenga anche Matteo Salvini, vicepremier e ministro dell’Interno in occasione del Festival del Lavoro di Milano, il quotidiano La Stampa decreta la morte anche della flat tax. (almeno per ora)
“La legge di bilancio per il 2019 non conterrà nè il reddito di cittadinanza né la flat tax, i cavalli di battaglia dei 5 Stelle e della Lega che hanno portato a Luigi Di Maio e a Matteo Salvini milioni di voti”.
La Stampa riporta come nella giornata di mercoledì, durante la riunione del Consiglio dei ministri, Tria sia stato più che chiaro:
“Prima di presentare provvedimenti, accertatevi che abbiano la copertura finanziaria: è scritto nella Costituzione su cui abbiamo giurato e ce lo chiede l’ Europa”, avrebbe detto il ministro dell’economia, freddando i presenti. E Salvini si sarebbe messo anche l’anima in pace, pur puntando a concretizzare le promesse contenute nel contratto di governo, prima o poi. Più poi che prima.
Oggi Salvini è tornato sul tema della flat tax e, a dispetto delle indiscrezioni de La Stampa, si è così espresso. “Mi piacerebbe dare un primo segnale concreto per partite Iva e professioni nel 2018, poi pensare alle famiglie: non possiamo fare tutto subito, ma vorrei che il contratto non fosse un libro dei sogni, piano pezzo per pezzo, dalla Fornero alla scuola voglia applicarlo”.
Sulla necessità di una manovra aggiuntiva, di cui ha parlato giorni fa il centro studi di Confindustria, Salvini ha bollato la questione come “fantasie di Confindustria”.
In parte è stato smentito però da Laura Castelli, parlamentare del Movimento 5 Stelle e Sottosegretario all’Economia, che tuttavia non ha detto molto altro rispetto a un “Non lo so…perché la verità è che pare di sì“.
Nessuna patrimoniale o tassazione sul risparmio dal governo M5S-Lega, ha promesso ancora Salvini. E “no anche a spesometro, redditometro, studi di settore, fatture emesse e incassate“, ha aggiunto. Questo, anche per fare in modo di trasformare l’Italia in “un Paese più bello dove vivere, fare impresa e fare il pensionato invece che in Portogallo”.
Ma al di là delle promesse che rinnova ogni giorno, secondo La Stampa Salvini avrebbe capito che insistere con Tria “non serva”.
“La flat tax può aspettare ancora un po’ – si legge nell’articolo del quotidiano – La sua battaglia per il momento è tutta concentrata sul dossier immigrazione, quello che gli sta dando grande popolarità, rendendolo il protagonista assoluto della luna di miele che il governo giallo-verde sta vivendo in questa prima fase di vita”.
“La battaglia contro i migranti oltretutto è a costo zero – prosegue La Stampa – senza aver bisogno di trovare le coperture, in particolare quei 50 miliardi che sono necessari per introdurre in Italia la tassa piatta. Che poi tale non è visto che nel contratto sono due le aliquote previste per le persone fisiche, partite Iva e imprese: una del 15% per i redditi fino a 80 mila euro e del 20% per quelli superiori. Di fatto è tutto rinviato al 2020″, si legge ancora.
Qualche concessione potrebbe arrivare il prossimo anno, stando alle dichiarazioni che sono arrivate dal viceministro leghista Massimo Garavaglia che ha la delega per il fisco, verso la metà di giugno.
Interpellato da SkyTg24, Garavaglia aveva detto sì non alla flat tax con le due aliquote, ma solo all’aliquota piatta per le piccole imprese individuali, l’Iri, che tra l’altro è stata varata dai governi Renzi-Gentiloni e che dovrebbe scattare dal 1° gennaio del prossimo anno.
L’Iri (Imposta sul reddito delle imprese) è anch’essa una flat tax, ma di certo non quella di cui parla il contratto di governo M5S-Lega.
E’ una tassa piatta per le piccole imprese che al momento pagano l’Irpef e che potranno scegliere la nuova Iri, pari al 24 per cento sugli utili reinvestiti. Un’altra ipotesi, ricorda La Stampa, è potenziare i regimi forfettizzati con una tassa sostitutiva unica del 15 per cento per le microimprese e i professionisti con hanno tra i 25 e 50 mila euro.