Università: le discipline STEM sono tra le più richieste dalle aziende, ma in pochi le scelgono
L’innovazione tecnologica sta rivoluzionando il mercato del lavoro, determinando un incremento nella ricerca di profili STEM, ovvero nelle discipline di Scienza, Tecnologia, Engineering (ingegneria) e Matematica. Basta pensare anche a come la pandemia e il successivo lockdown abbiano fatto emergere alcune importanti lacune, come il digital divide tra istituzioni e abitazioni e, in alcuni casi, una scarsa alfabetizzazione digitale di insegnanti, famiglie e addirittura studenti.
È certamente presto per misurare l’impatto che la pandemia da Covid-19 avrà sulla percezione e sull’appeal delle discipline e professioni STEM, ma la crisi sanitaria e la digitalizzazione del mondo accademico e professionale potrebbero ravvivare l’interesse verso questo ambito e portare nuova linfa al settore, anche con una revisione delle mansioni legate alla digitalizzazione.
Peccato, però che a questa crescita non corrisponda un aumento di studenti e laureati con un background di carattere scientifico e informatico. In pochi scelgono queste discipline e così circa un’azienda su quattro (23%) non riesce a trovare profili STEM nel momento del bisogno, secondo l’indagine di Deloitte “RiGeneration STEM, le competenze del futuro passano da scienza e tecnologia”.
I profili STEM più difficili da reperire dalle aziende
“Le materie STEM sono il futuro: saranno, infatti, le discipline tecniche e scientifiche a plasmare il mondo di domani – sostiene Paolo Gibello, presidente Fondazione Deloitte – Le imprese se ne sono accorte da anni, ma non è accaduto lo stesso tra i giovani italiani, che, nella maggioranza dei casi, continuano a puntare su una formazione non STEM”. Perchè?
Il gap tra domanda e offerta
In Italia, solamente 1 studente universitario su 4 è iscritto a facoltà STEM (il 27% del totale), e queste risorse non mostrano un incremento significativo negli anni. Inoltre, di questi studenti, solo 1 su 10 è iscritto alle facoltà che rispondono appieno alle esigenze professionali emergenti. Nonostante esista un potenziale bacino di studenti interessati alle materie tecnico-scientifiche, una percentuale rilevante di questi ultimi ha cambiato rotta nel momento decisivo di iscrizione: 2 studenti NON STEM su 5, e 1 giovane occupato su 3, hanno infatti dichiarato di avere avuto un interesse verso le discipline STEM, che non si è mai concretizzato.
Ma quali sono i motivi che allontanano i giovani dalla scelta di percorsi formativi STEM? Nel passaggio all’Università, oltre alla passione e alle proprie capacità, viene valutata anche la possibilità di raggiungere la professione ambita. Ebbene, i giovani associano al percorso STEM delle professioni evidentemente poco ambite, in particolare il professore sottopagato, lo scienziato premio Nobel, o l’informatico nerd.
Non solo. Esistono ancora degli stereotipi di genere. Dalla ricerca emerge infatti che nell’universo femminile vi è un’elevata percezione di disallineamento di interesse rispetto ai contenuti (per il 66% delle donne contro il 59% degli uomini) e di inadeguata formazione (per il 24% donne contro il 16% degli uomini). E se aziende e professori non riscontrano alcun gap di genere nelle performance, ben 1 giovane occupato in ambito STEM su 3 ritiene che il proprio lavoro sia più adatto alle capacità degli uomini.