Amazon sempre più ricca con la pandemia Covid: in un anno fa più utili che in tre. Ma ora c’è la minaccia tasse Biden
La pandemia Covid-19 fa la fortuna di Amazon, il colosso dell’e-commerce fondato da Jeff Bezos, che continua a macinare utili a un ritmo straordinario, come conferma il bilancio del primo trimestre, appena pubblicato.
Basta un dato per capire come il gigante dello shopping online abbia beneficiato delle misure di restrizione e di lockdown varie che sono state lanciate in tutto il mondo per arginare il contagio del coronavirus: nei primi tre mesi del 2021 gli utili netti si sono attestati a $8,1 miliardi, portando gli utili totali che il gigante ha incassato nel periodo della pandemia Covid-19 a $26,9 miliardi, valore superiore a tre volte gli utili complessivi che Amazon aveva riportato nei tre anni precedenti.
Nell’anno della pandemia, Amazon ha fatto praticamente più utili che in tre anni. Non solo: gli utili del primo trimestre sono triplicati rispetto allo stesso periodo del 2020, quando si erano attestati a $2,5 miliardi (mentre in questi tre mesi l’importo è schizzato a $8,1 miliardi, per l’appunto).
Costretti a rimanere confinati in casa, i consumatori di tutto il mondo sono ricorsi allo shopping online, ricoprendo così d’oro il gigante americano.
Le stime degli analisti sono state stracciate: l’utile per azione del primo trimestre del 2021 si è attestato a $15,79, decisamente meglio dei $9,54 per azione attesi.
Il fatturato è stato pari a $108,52 miliardi, rispetto ai $104,47 miliardi previsti. E la fortuna di Amazon andrà avanti ancora, visto che il gruppo ritiene che il momentum positivo continuerà anche nel secondo trimestre, fattore che dovrebbe smorzare i timori degli investitori sul rischio che il business del colosso possa rallentare in un contesto post pandemico.
La società prevede di incassare un fatturato, nel secondo trimestre, compreso tra $110 e $116 miliardi, meglio delle previsioni.
Nella call con gli analisti, Amazon ha confermato di aver fissato l’Amazon Prime Day nel mese di giugno, non a luglio come avviene di solito.
Interpellato sul timing dell’evento, che promuove vendite di prodotti a prezzi ultra-scontati, il direttore finanziario Brian Olsavsky ha spiegato che, “in diverse aree, luglio è un mese di vacanze, per cui potrebbe essere meglio per i consumatori e i rivenditori sperimentare un periodo diverso. Riteniamo che questo possa essere un timing migliore, ed è ciò che testeremo quest’anno”.
Il boom delle vendite e degli utili non ha interessato soltanto il business core, quello del retail online, del gruppo. Dal bilancio è emerso infatti che molto bene sono andate anche le divisioni cloud computing e le entrate pubblicitarie.
In particolare, riguardo al cloud, Amazon Web Services ha visto le vendite su base netta attestarsi nel trimestre a $13,5 miliardi dirante il trimestre, in crescita del 32% su base annua.
Riguardo alle entrate pubblicitarie, c’è da dire che Amazon non comunica il dato ufficiale: il numero è incluso nella categoria genetica “Other”, che ha assistito a un balzo del giro d’affari del 77% su base annua, a $6,9 miliardi.
Molto bene è andato anche il servizio Prime Video, la cui performance è stata commentata dallo stesso ceo Jeff Bezos:
“Prime Video compie 10 anni e più di 175 milioni clienti Prime hanno visto film e trasmissioni nel corso dell’ultimo anno, tanto che le ore di streaming sono volate di oltre il 70% su base annua”, ha detto Bezos, stando a quanto emerge dal comunicato sul bilancio.
Previsione avverata: con pandemia Covid-19 mondo Amazon-ificato
Un mondo sempre più Amazon-ificato, si potrebbe dire, per parafrasare quanto era stato previsto da Nomura nel report sui cigni grigi del 2018, presentato a fine 2017.
Cigni diversi dai cigni neri della teoria di Nassim Nicholas Taleb. Se questi ultimi sono una metafora che descrive l’avverarsi di un evento che arriva a sorpresa e che è per sua stessa natura impossibile da prevedere, i cigni grigipossono essere in qualche modo anticipati. I cigni grigi per il 2018 vennero così presentati dagli analisti del colosso giapponese come possibili “shock”. L’Amazon-ificazione dell’inflazione, nello specifico, era tra questi.
Ma, visto come stanno andando le cose, parlare di un mondo Amazon-ificato, nel senso letterale del termine, non è sicuramente assurdo, visto il successo che il colosso ha avuto nel periodo della pandemia.
Amazon amato, ma Amazon anche odiato, in particolare dalle autorità di regolamentazione di tutto il mondo, che periodicamente attaccano il gigante per questioni legate all’Antitrust e/o per le tasse risicate che paga, rispetto a quanto guadagna, o anche per le tasse che NON paga.
Ma il gruppo è entrato ufficialmente, e da tempo, nelle mire del presidente americano Joe Biden che, in un discorso proferito il mese scorso con cui ha presentato il suo piano di infrastrutture ha ricordato che il gigante fa parte di una di quelle 91 società incluse nella classifica Fortune 500 che “utilizzano diversi espedienti per non pagare un solo centesimo di tasse federali“, a fronte delle famiglie della middle class, che pagano tasse superiori al 20%.
“Non voglio punirli, ma è semplicemente sbagliato”.
C’è da dire che Biden si era scagliato contro il gruppo prima di diventare presidente, nel giugno del 2019, quando aveva fatto il nome di Amazon affermando che nessuna società che fa miliardi di utili dovrebbe pagare tasse più basse di quelle versate da vigili del fuoco e insegnanti.
L’aumento delle tasse su cui sta puntando il presidente per finanziare sia il piano di infrastrutture che quello di aiuti alle famiglie, andrebbe ironicamente a colpire tuttavia più le rivali di Amazon che Amazon stessa, almeno nel breve termine, e almeno per quanto riguarda gli utili offshore.
Dai numeri di Amazon emerge infatti che l’84% degli utili lordi di Amazon viene incassato…negli Stati Uniti, contrariamente ai casi di Apple e Microsoft che, nei loro ultimi anni fiscali, hanno generato più del 50% dei loro utili, su base lorda, all’estero.
Detto questo, Bezos ha detto di essere a favore del piano di Biden, volto ad aumentare le tasse sulla corporate America.
In particolare, in un messaggio pubblicato sul sito di Amazon, in relazione al piano per il rilancio delle infrastrutture da $2,2 trilioni di Biden, Bezos ha scritto chiaramente “we’re supportive of a rise in the corporate tax rate”. ovvero: “siamo a favore di un aumento delle tasse sulle aziende.
Lo scopo di Biden è quello di aumentare per la precisione l’aliquota sui redditi di impresa dal 21 al 28%. Non solo: la crociata del presidente è anche contro gli utili riportati all’estero, i profitti offshore.
L’idea del presidente è che questi utili vengano tassati almeno al 21%, sia se facenti capo a una società che dichiara di aver incassato quei profitti in Canada, sia se di una società che dichiara di aver realizzato utili nelle isole Cayman: è noto infatti da molti anni che tante multinazionali Usa dichiarano di incassare ingenti somme senza che ci siano reali opportunità di fare business nelle isole suddette.
In questo modo, Biden spera di azzerare tutti quegli artifici contabili con cui i colossi americani, soprattutto le Big Tech, riescono a eludere il pagamento delle tasse, dichiarando di fare business nei paradisi fiscali.