Blair porta avanti la crociata contro la Brexit: è una follia, elettori UK hanno il diritto di ripensarci
L’ex premier britannico Tony Blair attacca la Brexit e rivendica il diritto degli elettori britannici di “ripensare” alla scelta compiuta nel referendum del 23 giugno del 2016.
Nel corso della trasmissione Today programme della BBC, Blair ha parlato dell’importanza che si torni al voto sulla questione, dopo che i termini del divorzio del Regno Unito dall’Unione europea saranno stati stabiliti.
Il motivo è chiaro: all’epoca del voto, tali termini erano sconosciuti agli elettori, che si sono recati alle urne senza avere nessuna idea di come si sarebbe concluso l’iter per concretizzare ufficialmente la Brexit.
“Il tempo per ovviare all’errore della Brexit sta per scadere”, ha detto l’ex leader del partito laburista, paventando gli scenari più foschi. La Brexit è “un errore che il mondo non può comprendere e che le generazioni future non perdoneranno”.
Certo, ha ammesso, la decisione di uscire dal blocco Ue ha ricevuto un solido sostegno popolare, ma è necessario che al Regno Unito venga ora riconosciuto il diritto di “cambiare idea“.
“Il 2018 è l’ultima chiance che abbiamo per vederci accordato il diritto di dire se i nuovi rapporti con l’Europa siano migliori rispetto a quelli esistenti”, ha precisato, in un articolo pubblicato dal suo Institute for Global Affairs.
Premier britannico nel periodo compreso tra il 1997 e il 2007, Blair ha definito la Brexit una follia che, una volta concretizzata, silurerà quel che rimane del prestigio del Regno Unito e renderà il paese più debole e più povero.
Non è certo la prima volta che l’ex leader UK elenca i mali della Brexit: la sua voce è inoltre tra le più forti nel coro di politici e investitori che ritengono che Il Regno Unito abbia la possibilità di annullare l’esito del referendum di un anno e mezzo fa.
Tra questi, ci sono il presidente francese Emmanuel Macron e il miliardario George Soros.
C’è da dire che da un sondaggio recente risulta che la metà dei britannici è favorevole a un secondo referendum sulla Brexit, e che la maggioranza crede che ci sia il rischio che il paese finisca con il pagare troppi soldi per l’addio all’Ue.
Tuttavia, nella sua crociata contro la Brexit, Blair deve superare prima di tutto un ostacolo più forte anche della Brexit: se stesso.
L’ex premier non gode certo di popolarità nel suo paese, dopo la decisione presa nel 2003 di appoggiare l’allora presidente americano George W. Bush nell’invasione dell’Iraq. E paga ancora le giustificazioni che ha dato nel cercare di spiegare una guerra che è costata la vita a 150.000 civili iracheni e di 179 soldati britannici.
Immediata la reazione dei sostenitori della Brexit, con Richard Tice, tra i fondatore di uno dei due principali gruppi elettorali a favore del “Leave”, che ha lanciato un duro monito:
“Blair e la sua gang elitaria stanno dannegguando il nostro potere contrattuale, danneggiando di conseguenza il nostro interesse nazionale con i loro tentativi di mettere in pericolo la democrazia – ha detto, stando a quanto riporta Reuters – La storia non li perdonerà“.