Brexit, Boris accerchiato da laburisti Corbyn ma anche da Tories: partito sempre più lacerato da divisioni
Punto e a capo? La tragicommedia Brexit non smette di essere accompagnata da colpi di scena, che sembrano dare ragione a coloro che associano il divorzio del Regno Unito dall’Unione europea come a una sorta di utopia.
In realtà, molti erano scettici sul fatto che l’accordo siglato tra Bruxelles e Londra sul nuovo Withdrawal Agreement sulla Brexit avrebbe avuto vita facile al Parlamento UK, lo scorso 19 settembre.
Il no fermo degli unionisti del Dup, il no ovvio delle opposizioni – il leader laburista Jeremy Corbyn aveva definito l’accordo peggiore di quello che era stato raggiunto dall’ex premier Theresa May – avevano seminato diversi dubbi sulla reale possibilità che Westminster desse la sua benedizione.
Il punto è che il voto sull’accordo, è questo il colpo di scena, non c’è neanche stato, visto che sabato 19 ottobre la Camera dei Comuni ha votato su altro. Esattamente, sull’emendamento Letwin, che ha chiesto il rinvio del voto sul nuovo accordo sulla Brexit. E che è passato, con 322 voti contro 306.
Il motivo per cui il Tory ribelle Oliver Letwin (facente parte dei 21 Tories ribelli espulsi a inizio settembre dal partito dei Tories) ha presentato l’emendamento è stato, in apparenza, quello di scongiurare il rischio di una Hard Brexit, visto che ci sono ancora diversi cavilli legali da risolvere, stesse leggi da approvare, che vengono considerate propedeutiche al voto (e che rappresentano l’intero pacchetto normativo sulla Brexit) sul Withdrawal Agreement.
La paura dunque era – così, almeno in apparenza – quella di evitare che un eventuale sì all’intesa con l’Unione europea potesse venir messo in pericolo dalla necessità di approvare altri corollari necessari comunque realizzazione del divorzio.
C’è da dire che il conservatore Oliver Letwin è, però, un pro-Remain. Il che la dice tutta su quanto il partito dei Tories sia lacerato da profonde division e su come potrebbe riuscire il corteggiamento serrato che Corbyn sta facendo ad alcuni esponenti dei Tories per convincerli, nel caso in cui Boris Johnson dovesse riuscire oggi a ripresentare l’accordo Ue-UK per il voto, ad affossare l’intesa. Magari con la presentazione di altri emendamenti, tra cui quello che chiede un secondo referendum.
Tra l’altro, il tentativo del premier di ripresentare il WithDrawal Agreement potrebbe essere di nuovo affossato, nel caso in cui lo speaker della Camera John Bercow decidesse oggi di bloccare il voto parlamentare sull’accordo.
In tutto questo, c’è il caso delle due lettere inviate all’Ue da Boris Johnson, dopo il colpo di scena di sabato, 19 ottobre.
La prima, non firmata, con cui ha chiesto l’estensione della data sulla Brexit; la seconda, in cui il premier Johnson ha chiesto al presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, di non accettare la richiesta di rinvio della Brexit. Quest’ultima, firmata.