Brexit, Boris Johnson sarà nuovo premier: scatta esodo ministri mentre arrivano previsioni fosche su economia UK
Domani giornata cruciale per il Regno Unito, che avrà ufficialmente un nuovo premier, dopo le dimissioni che sono state rassegnate dall’ex primo ministro Theresa May. Gli sfidanti che si contendono la carica di leader del Partito dei Conservatori, pronti a insediarsi a Downing Street, sono due: Boris Johnson e Jeremy Hunt.
L’ex sindaco di Londra viene dato per favorito: e i mercati non sono affatto d’accordo. Non sono d’accordo però neanche diversi ministri del governo attuale, che stanno meditando, o hanno già meditato, le dimissioni. Come ha fatto il ministro delle Finanze britannico Philip Hammond, che ha riferito che si metterà da parte nel caso in cui domani Boris Johnson diventasse ufficialmente il nuovo premier del Regno Unito.
Il motivo? Hammond non potrebbe sostenere, ha detto, un leader felice di portare il paese al di fuori dell’Unione europea a tutti i costi, anche senza che venga raggiunto un accordo, dunque anche in caso di no-deal Brexit e/o di Hard Brexit. Lo scenario viene temuto anche da diversi parlamentari e aziende UK, che paventano conseguenze catastrofiche sull’economia britannica in caso di divorzio dall’Unione europea senza un’intesa.
Da segnalare che Bruxelles ha concesso a Londra un rinvio fino al prossimo 31 ottobre: un’estensione dell’Articolo 50, dunque, per consentire che l’accordo sulla Brexit venga votato dal Parlamento. Le premesse non sono di buon auspicio, se si considera che negli ultimi mesi disastrati della premiership di Theresa May, l’intesa che la premier stessa aveva raggiunto con Bruxelles è stata miseramente rimandata al mittente da parte di Westminster per ben tre volte.
E la determinazione di Johnson a lasciare l’Ue è tale che, il Sunday Times ha riportato che i funzionari europei avrebbero mostrato la loro disponibilità a trattare con Johnson su un nuovo piano Brexit, per scongiurare l’Hard Brexit.
Tutto questo, mentre proprio oggi sono arrivate le previsioni economiche del think tank NIESR, secondo cui esiste una probabilità su quattro che il Regno Unito stia già entrando in una recessione tecnica, proprio a causa delle troppe incertezze sulla gestione della Brexit.
Gli esperti hanno lanciato un allarme, affermando che l’economia britannica soffrirebbe una “grave crisi” in caso di Brexit disordinata, soffrendo una stagnazione nel 2020 prima di tornare a crescere nel 2021. In termini percentuali, il NIESR stima che esista il 25% di probabilità che l’economia sia già entrata in recessione. Si parla anche di una probabilità del 40% che si realizzi lo scenario del no-deal Brexit, mentre la probabilità di un ennesimo rinvio di un accordo è data al 60%.
Non sono proprio pro-mercato le dichiarazioni che, nel frattempo, Boris Johnson ha rilasciato nelle ultime ore: Johnson ha ignorato i pessimisti affermando, secondo il Telegraph, che “se l’uomo è riuscito ad andare sulla luna, allora la questione del confine irlandese potrà essere risolta”.
Intanto, se Hammond ha solo minacciato le dimissioni, stamattina è arrivata la notizia delle dimissioni di Sir Alan Duncan dalla carica di ministro di Stato per l’Europa e le Americhe. Immediato l’effetto sulla sterlina, che viaggia al di sotto di quota $1,25, e che è scivolata fino a $1,2462.
Così come Hammond, anche il segretario alla Giustizia UK David Gauke ha detto che rassegnerà le dimissioni se il nuovo premier britannico sarà Boris Johnson. Secondo alcune indiscrezioni, potrebbero dimettersi nelle prossime ore fino a 12 ministri, che avrebbero deciso di farsi da parte spontaneamente per non essere licenziati da Boris Johnson durante la formazione del nuovo governo.
Tornando alle previsioni di NIESR, da segnalare che secondo il think tank esiste una probabilità del 30% che il Regno Unito scivoli in recessione nel 2020. Il direttore Jagjit Chadha ritiene inoltre che nel lungo periodo l’economia britannica potrebbe soffrire anche una contrazione del 5%, ogni anno.
No-deal Brexit could “throw concrete” in the wheels of the UK economy @jagjit_chadha warns – saying the long-run impact would be about 5% of GDP every year pic.twitter.com/OBKu4Sk4Hn
— Richard Partington (@RJPartington) July 22, 2019
E comunque, anche se il Regno Unito scampasse allo scenario di un no-deal Brexit, secondo il think tank il danno sarebbe stato già fatto, visto che l’economia crescerebbe solo dell’1% circa nel 2020 e nel 2021.