Brexit, clamorosa gaffe di May prima del voto cruciale. Evoca referendum Galles ma studente smaschera ipocrisia
Theresa May disperata, ora evoca anche il referendum sull’indipendenza del Galles* per tentare di convincere i parlamentari britannici sulla necessità di appoggiare la proposta concordata con l’Ue sulla Brexit. Proposta che molto probabilmente – secondo alcuni quasi sicuramente – sarà affossata domani, martedì 15 gennaio, dal Parlamento UK.
Ormai, alla possibilità che l’accordo superi la prova del passaggio parlamentare, non ci crede più nessuno. Non ci crederebbe neanche più Bruxelles, secondo il Guardian, tanto che i funzionari europei starebbero già valutando l’opzione, qualora la premier chiedesse più tempo, di spostare la data ufficiale della Brexit dal 29 marzo di quest’anno (data in cui il divorzio dovrebbe diventare effettivo) a luglio.
Un funzionario Ue nello specifico ha rivelato al Guardian che, “nel caso in cui la premier dovesse sopravvivere (al voto) e informarci sulla necessità di disporre di più tempo per assicurarsi il sostegno del Parlamento, (al Regno Unito) verrebbe offerta una estensione tecnica fino a luglio“.
Ciò avverrebbe, dietro richiesta degli UK e attraverso una riunione del Consiglio europeo che verrebbe convocato dal presidente Donald Tusk.
Il Guardian parla di una estensione “tecnica” a luglio, ma una estensione ancora più lunga potrebbe essere accordata nel caso in cui il caos politico del Regno Unito fosse tale da rendere necessarie nuove elezioni politiche o un secondo referendum. Tuttavia, le elezioni europee di maggio indubbiamente creerebbero più di una complicazione.
Occhio alle dichiarazioni di Liam Fox, segretario al commercio internazionale, che ha detto chiaro e tondo alla BBC di non credere che il governo di Theresa May riuscirà ad assicurarsi il voto favorevole del Parlamento nella giornata di domani, definendo di fatto “improbabile” il passaggio della proposta.
Allo stesso tempo, Fox ha affermato che il Regno Unito potrebbe sopravvivere alla prospettiva di una no-deal Brexit – ovvero una Brexit che si concretizzasse senza un accordo – , che sarebbe decisamente preferibile a una eventuale cancellazione della Brexit, che si confermerebbe invece “un disastro da cui potremmo non riprenderci più”.
Così Fox:
“Non vedo il no-deal come un suicidio della nazione. Questo non è Dunkirk, qui parliamo di lasciare l’Ue. Dovremmo cercare, nel caso in cui si presentasse lo scenario di un no deal, di mitigarne gli effetti. Ma la strada migliore è quella di accettare l’accordo che la premier ha negoziato, visto che ci permette di lasciare l’Unione europea con la minima frizione. Io credo che un no-deal danneggerebbe la nostra economia, su questo sono stato sempre chiaro, ma credo anche che potremmo sopravvivere. Mentre uno scenario di no Brexit, politicamente, sarebbe un disastro da cui potremmo non riprenderci”.
May dal canto suo scatena una vera e propria bufera paragonando il referendum sulla Brexit a quello sull’indipendenza del Galles. Dagli estratti del discorso che proferirà nella giornata di oggi, per cercare di convincere i parlamentari britannici a sostenere il suo accordo con Bruxelles, emerge che la premier riprenderà proprio quell’esempio per sottolineare come tutti gli esiti dei referendum debbano essere rispettati:
“Nel giugno del 2016, i parlamentari chiesero al popolo britannico di prendere una decisione: il Regno Unito dovrebbe rimanere membro dell’Unione europea o lasciare il blocco? In quella campagna, entrambe le parti furono in disaccordo su diverse questioni, ma su una cosa furono unite: ciò che il popolo avrebbe deciso, i politici avrebbero reso realtà”.
Nel discorso, si legge: “Quando i gallesi votarono con un margine dello 0,3%, a fronte di un’affluenza appena superiore al 50% a favore della creazione dell’Assemblea gallese il risultato venne accettato da entrambe le parti e la legittimazione di quella istituzione non venne mai messa in dubbio…Immaginate se una Camera dei Comuni contraria alla devoluzione avesse detto ai cittadini di Scozia o Galles che, nonostante il sì da loro espresso alla devoluzione dei poteri, il Parlamento britannico avesse deciso di ignorarli. O se li avesse costretti a votare ancora”.
Discorso encomiabile, se non fosse però per l’appunto arrivato via Twitter da Joe Oliver, studente di storia, che la scorsa notte ha ricordato come il partito dei Tory si oppose con veemenza alla creazione di un’assemblea nazionale gallese, a seguito del referendum in Galles. E che ha fatto notare come, tra le centinaia di parlamentari Tory che votarono contro la proposta di legge del 1997, ci fu proprio lei, Theresa May.
If we’re going to dig into history I think this point is at best half right? I *think* the Conservatives were still against the Assembly being established in 1999 and ran on a platform opposing it with David Cameron/Nick Bourne finally dropping this c.2005? https://t.co/5a1caaxmrC
— Joe Oliver (@joe_oliver) January 13, 2019
*L’Assemblea nazionale del Galles è l’organo legislativo devoluto monocamerale del Galles, istituito nel 1999 dal governo britannico a guida laburista, a seguito di un referendum tenuto nel 1997.