Brexit, May ottiene garanzie vincolanti Ue su backstop irlandese. Basterà a Westminster?
Una vittoria, dopo una lunga carrellata di brucianti sconfitte. A meno di tre settimane dalla data effettiva della Brexit, che per ora rimane fissata al 29 marzo, la premier britannica Theresa May ce l’ha fatta. Aveva ribadito fino allo stremo la necessità di ottenere maggiori garanzie da Bruxelles sul backstop del confine irlandese: queste garanzie alla fine è riuscita a ottenere, strappando il sì a un’Europa sempre più esasperata dalla saga Brexit.
Già nel pomeriggio qualcosa sembrava muoversi: May era partita in direzione Strasburgo, per recarsi all’Europarlamento e incontrare il presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker. L’intesa tra le controparti è stata resa nota alle 22 circa locali, annunciata dal vicepremier di fatto David Lidington, che ha parlato di trattative che hanno portato a “cambiamenti legalmente vincolanti (sul backstop) che rafforzano e migliorano” l’accordo di divorzio, raggiunto a novembre tra le controparti.
Con tanto di precisazione-avvertimento di Juncker: “Fateci parlare chiaro su questa scelta: l’accordo è questo, in caso contrario la Brexit potrebbe anche non realizzarsi”.
Queste garanzie dovrebbero sedare la rabbia dei Brexiteers più falchi, che avevano giudicato l’accordo che Theresa May aveva raggiunto con Bruxelles sui termini del divorzio UK dall’Ue, lo scorso novembre, insufficiente, in quanto rischiava di tenere ingabbiato il Regno Unito nell’Unione doganale in modo illimitato.
Per diverse settimane, da quella clamorosa bocciatura del suo accordo da parte del Parlamento UK, avvenuta lo scorso 15 gennaio, May aveva implorato Bruxelles di riaprire le trattative e fare più concessioni. Niente. I suoi appelli erano caduti nel vuoto. Ieri sera la svolta, sembra a causa delle pressioni arrivate dalla cancelliera tedesca Angela Merkel, spaventata dalla brutta piega del percorso Brexit.
D’altronde, la data del 29 marzo è ormai alle porte: in assenza di un accordo che riceva la ratifica di Westminster, il Regno Unito rischia lo scenario peggiore: quello di un no-deal Brexit.
Oggi si saprà se il Parlamento britannico darà finalmente il suo via libera alla proposta di divorzio che May ripresenterà a Westminster, che ora dispone di un asset in più non di poco conto.
Con le garanzie sulla durata non illimitata del confine sul backstop irlandese, è probabile che la premier May la spunti, evitando che il Parlamento prenda in mano il timone e decida il percorso sulla Brexit. Cosa accadrebbe invece se la proposta di May venisse nuovamente affossata?
La risposta è che la palla passerebbe al Parlamento stesso, che prenderebbe il timone e deciderebbe di sbloccare l’impasse, a meno di tre settimane dalla data effettiva in cui il divorzio dovrebbe concretizzarsi, ovvero dal prossimo 29 marzo. Già domani, mercoledì 13 marzo, il Parlamento sarebbe chiamato a scegliere tra il no-deal Brexit e il posticipare la Brexit di tre mesi.
Vista la maggioranza a favore del Remain tra i parlamentari, è molto probabile che alla fine il Parlamento britannico affossi lo scenario peggiore, votando contro l’opzione no-deal Brexit.
Nelle ultime ore Quentin Fitzsimmons, gestore obbligazionario e Brexit Specialist presso T. Rowe Price, ha fatto notare, ancora prima dell’annuncio sulle garanzie Ue ottenute dalla premier britannica May, che le “prospettive di approvazione dell’accordo di uscita proposto dal Primo Ministro, Theresa May, in precedenza arenato, si sono ravvivate, grazie allo European Research Group (ERG) – la parte del Partito Conservatore schierata con maggior decisione a favore dell’uscita dall’UE – e il Democratic Unionist Party (DUP) che, pur di uscire dall’Unione europea il prossimo 29 marzo, nei tempi stabiliti, avrebbero manifestato il loro sostegno all’accordo proposto dal governo.
Ma, quando si parla di Brexit, niente può essere dato per scontato.