Brexit: Theresa May si arrende al ricatto dei Brexiteers, pronta alle dimissioni
Rumor confermati, la premier britannica Theresa May è pronta a rassegnare le dimissioni dopo una gestione della Brexit che è stata bollata, nel migliore dei casi, una pantomima. Nella serata di ieri, dopo una riunione della Camera dei Comuni in cui ben otto opzioni alternative al piano attuale della Brexit – tra cui la permanenza nell’Unione doganale, la no-deal Brexit, un secondo referendum, un accordo di uscita in stile norvegese – sono state rigettate, e a seguito di un meeting con il gruppo parlamentare dei Tory, May si è così espressa:
“Ho avvertito molto chiaramente ciò che il gruppo parlamentare (dei Tory) desidera. Sono consapevole del desiderio di un nuovo approccio – e di una nuova leadership- nella seconda fase delle trattative sulla Brexit, e non mi metterò in mezzo”. Di conseguenza, “sono pronta a lasciare questo incarico prima di quanto intendessi fare, per fare ciò che è giusto per il nostro paese e il nostro partito”.
Da segnalare che, se entro il 12 aprile la proposta di divorzio che la premier ha concordato con Bruxelles lo scorso novembre, sarà bocciata da Westminster per la terza volta, il 12 aprile sarà la data in cui si concretizzerà lo scenario peggiore: la Hard Brexit, o anche uscita disordinata del paese dall’Unione europea e, in sostanza, un no deal Brexit.
Se invece entro quella data quella proposta riceverà finalmente l’approvazione della Camera dei Comuni, allora il Regno Unito avrà tempo fino al prossimo 22 maggio, per approntare le misure e seguire l’iter legislativo che possa ‘consacrare’ la sua uscita di scena dal blocco europeo.
Che la posizione di Theresa May fosse in bilico, e già da mesi, era cosa risaputa. La situazione si è fatta più incerta dopo che è diventato chiaro che il Parlamento non avrebbe dato l’ok alla sua proposta entro la data inizialmente fissata per concretizzare il divorzio, quella di domani 29 marzo. In una riunione della scorsa settimana, il Consiglio europeo ha così deciso di concedere due settimane in più a May per evitare il worst case scenario, ovvero il no-deal Brexit, praticamente l’Hard Brexit.
Nel fine settimana, poi, sono circolate indiscrezioni su una riunione di emergenza che si è svolta nel fine settimana nella tenuta di Theresa May di Chequers con alcuni suoi fedeli e i Brexiteers più agguerriti, per cercare di risolvere l’impasse in cui il Regno Unito è rimasto invischiato.
In tutto 14 i presenti attorno al tavolo per decidere il destino del paese. Tra questi, anche ex ministri del governo May: Boris Johnson, David Davis e Dominic Raab, così come anche i rappresenti più di rilievo del gruppo ERG: Jacob Rees-Mogg, Steve Baker e l’ex leader dei Tories, Iain Duncan Smith.
Stando ad alcune fonti sentite da Beth Rigby, deputy political editor di Sky, i Brexiteers avrebbero messo alle strette May con un ultimatum, emanato per voce di Rees-Mogg e Duncan Smith. Un messaggio semplice:
“Se il primo ministro desidera che il suo accordo sulla Brexit superi la prova della Camera dei Comuni, allora dovrà fissare una data chiara in cui accetterà di farsi da parte, permettendo a un altro leader di negoziare il rapporto futuro del Regno Unito con l’Unione europea”.
Sebbene alcuni esponenti del partito dei conservatori, dietro la garanzia data dalla premier sulla sua intenzione di dimettersi – abbiano dato a questo punto il loro sostegno alla proposta sulla Brexit di May, rimane da vedere se quell’accordo che è stato bocciato già due volte riuscirà finalmente a essere approvato in occasione di un terzo voto. Il partito degli Unionisti DUP, per esempio, ha già precisato che non darà il proprio appoggio.