Canada e l’esperimento storico: Ontario alza salari minimi del 21%, esplode rivolta delle aziende
Ore concitate per il Canada, alle prese con il caso dell’Ontario.
La provincia che ospita le principali città del Canada, Toronto e la capitale Ottawa, ha deciso di prendere di petto il problema della stagnazione dei salari, che in diversi paesi avanzati del mondo sta peggiorando decisamente la qualità della vita, facendo tra l’altro da zavorra alla crescita dell’inflazione.
Come? L’Ontario ha lanciato una vera e propria rivoluzione che sta attirando l’attenzione di tutto il mondo: dal primo gennaio del 2018, ha alzato di fatto del 21% i salari minimi orari, da $11,60 a $14, del 21
Come scrive Don Pitts, senior producer della divisione di business di CBC, “gli economisti di tutto il mondo sono incantati da quello che si sta confermando un “enorme esperimento di vita reale”.
Esperimento, certo, che sta avvenendo nel “laboratorio dell’economia canadese”, dove “i topi di laboratorio siamo noi”.
A fronte della massa di sostenitori, c’è un’ampia platea di economisti scettici. E’ vero che l’esperimento interessa solo una provincia, ma è altrettanto vero che si tratta della provincia più popolata e industrializzata del Canada.
Di conseguenza, il timore è che eventuali conseguenze negative possano produrre un effetto domino su tutto il paese. Inoltre, entro la fine del 2018, anche l’Alberta, il Quebec e l’isola del Principe Edoardo dovrebbero aumentare i salari minimi.
David Green, professore della University of British Columbia – che studia da una vita in che modo il costo del lavoro incide su tutti gli altri fattori dell’economia – dice chiaramente che quanto sta avvendo in Ontario rappresenta una “opportunità unica per gli economisti” di tutto il mondo: “In questo modo avremo l’opportunità di capire in che modo funziona il mercato del lavoro”.
Tra l’altro, osserva Pitts, come ha fatto notare il premio Nobel per l’economia Robert Shiller, raramente ciò che muove l’economia è qualcosa di meccanico.
Più spesso il motore dell’economia è la storia che raccontiamo a noi stessi di quanto sta avvenendo, la così detta economia narrativa.
E, spiega ancora Pitts, parte dell’attuale narrativa, in Canada, è il crescente gap tra ricchi e poveri che, così come i sondaggi stanno ripetutamente mostrando, i canadesi non accettano.
Tuttavia, un aumento dei salari pari a +21% è davvero la soluzione per i più poveri?
Intanto, bisogna capire in che modo i prezzi potrebbero reagire. Alcuni studi sulla correlazione salari-prezzi hanno mostrato che il contributo all’inflazione, alla fine, non dovrebbe essere particolarmente incisivo.
Per esempio, se il costo del lavoro associato al salario minimo contribuisse per il 10% del valore del prodotto finale, i prezzi dovrebbero reagire con un incremento meno che proporzionale, pari a circa il 2%.
Non è detto, inoltre, che un aumento del salario minimo sia necessariamente negativo per le aziende: visto che tutte le aziende coinvolte nell’esperimento devono far fronte allo stesso incremento, la misura – a parità di fattori – non dovrebbe rendere alcune imprese più o meno competitive di altre.
Tuttavia la beffa, secondo alcuni economisti, è che alla fine la misura potrebbe andare a detrimento proprio dei più poveri, a causa dell’aumento dei prezzi al consumo.
Intanto gli imprenditori canadesi sono già insorti: Reuters riporta che alcuni di essi si sono ribellati passando direttamente ai fatti, ovvero tagliando sia le ore di lavoro sia i benefit, al fine di ridurre l’impatto dei costi maggiori. Altri hanno congelato le assunzioni.
Tra questi, si mette in evidenza la catena di ristoranti fast-food Tim Hortons, che vende prodotti a basso prezzo, e che ha scatenato l’ira della premier dell’Ontario, Kathleen Wynne, dopo aver eliminato le pause di lavoro retribuite.
A fare da scudo al gruppo è stato il tessuto imprenditoriale della provincia, che ha gridato a gran voce che l’aumento dei salari è una misura onerosa per le aziende e che ha accusato il partito Liberale di aver varato praticamente una mancia elettorale, in vista delle elezioni provinciali del prossimo giugno.
Sono dunque ore di alta tensione tra il governo dell’Ontario e le aziende.
Mentre cresce la schiera di imprenditori che hanno deciso di non adeguarsi alla misura, le autorità sono pronte a usare il pugno di ferro per far rispettare la legge.
Ed è boom di polemiche. Critica Julie Kwiecinski, direttore della divisione di affari provinciali dell’Ontario:
“E’ il governo – dice – che in vista delle elezioni imminenti (di giugno) sta cercando di lanciare una battaglia, mettendo gli imprenditori e i dipendenti l’uno contro l’altro”.
In particolare, secondo l’opposizione, scopo del Partito liberale sarebbe quello di guadagnare i voti della sinistra del Nuovo partito democratico.
Ma la premier della provincia dell’Ontario non ci sta:
“L’economia sta andando ora molto, molto bene. I profitti delle aziende sono alti. Dunque, non ha senso dire che questo non è il momento. E’ questo il momento“.
La norma prevede inoltre che i salari minimi saranno alzati ancora fino a $15 all’ora nel 2019, il che significa che alla fine l’aumento sarà pari a +32%.
Da un sondaggio di CFIB a cui hanno partecipato quasi 3.000 piccole imprese, è emerso tuttavia che il 54% ha già ridotto o eliminato i piani di assunzione e il 51% ha già alzato i prezzi.
E il Financial Post, nel riportare la decisione di Tim Hortons di non retribuire più le pause di lavoro dei propri dipendenti, ha fatto riferimento alla stessa lettera – che risale a dicembre -, con cui la catena di fast-food ha gelato i lavoratori:
“Chi fa turni di nove ore sarà pagato per 8 ore e 20 minuti, mentre chi lavora tre ore sarà compensato per 2 ore e 45 minuti”.
“Ci scusiamo per questi cambiamenti – si legge nella lettera – Una volta che i costi da sostenere in futuro saranno più chiari, potremo reintrodurre alcuni benefit di quelli che siamo stati costretti a rimuovere”.
Focus sugli ultimi dati arrivati dal fronte economico del Canada: nel mese di dicembre, l’economia del paese ha creato quasi 80.000 nuovi posti di lavoro, a fronte di un tasso di disoccupazione sceso al minimo in 41 anni, al 5,7%.
Intervistata da Reuters Stefane Marion, responsabile economista presso National Bank Financial, ha fatto notare che “nel corso dell’ultimo anno, dei 420.000 nuovi posti di lavoro creati in Canada, quasi 400.000, sono stati full-time”. Marion ha parlato di “un anno spettacolare in termini di occupazione” e ha prospettato un rialzo dei tassi di interesse nel corso di questo mese” da parte della Bank of Canada.
Tra l’altro, nel suo ultimo sondaggio sullo stato di salute delle aziende canadesi, la Bank of Canada ha constatato la crescita della fiducia nel futuro rispetto all’ultimo sondaggio di tre mesi fa.