Contro lo spreco alimentare addio alle date di scadenza, l’iniziativa partita da Tesco
La catena di supermercati inglese Tesco, la maggiore della Gran Bretagna, ha deciso di eliminare le date di scadenza su 70 prodotti alimentari, in particolare su frutta e verdura preconfezionate. L’iniziativa è stata adottata, già da qualche mese, per evitare che cibi ancora buoni e commestibili finiscano in spazzatura: “un passo per ridurre gli sprechi alimentari”, ha dichiarato la società.
La decisione è stata presa dopo che una campagna condotta dalla National Federation of Women’s Institutes (NFWI) sulle ragioni di scarto dei cibi ha fatto emergere come quasi la metà degli intervistati buttasse via cibi ancora buoni perché non comprendeva il vero significato della dicitura “Best Before”, il nostro “da consumarsi preferibilmente entro il”. L’indicazione infatti viene scritta dai rivenditori come indicazione di qualità per dimostrare che i prodotti, sebbene non siano più al loro meglio nel loro aspetto, sono comunque buoni da mangiare.
Saranno dunque i consumatori a decidere fino a quando possono mangiare la frutta e la verdura acquistate, secondo il loro buon senso e lo stato di conservazione del cibo. Rimarrà invece l’avvertenza obbligatoria per quegli alimenti che oltre una certa data rischierebbero di diventare meno sicuri per la salute dei consumatori. Vale a dire l’indicazione “Use By”, ossia “da consumarsi entro il”, che viene inserita sugli alimenti in cui sussiste un vero rischio per la salute se vengono mangiati dopo tale data.
L’iniziativa, che potrebbe diffondersi anche al di qui della Manica, è tesa a ridurre lo spreco alimentare. In Italia, si calcola ogni anno uno spreco di cibo per circa 145 kg all’anno per famiglia, secondo Waste Watcher. Secondo le stime del Ministero dell’Ambiente ogni famiglia getta 84,9 chili di cibo all’anno per uno spreco, a livello nazionale, di 2,2 milioni di tonnellate e un costo complessivo di 8,5 miliardi di euro, pari allo 0,6% del Pil. Agli sprechi domestici, che secondo la Coldiretti rappresentano in valore ben il 54% del totale, vanno aggiunti quelli nella ristorazione (21%), nella distribuzione commerciale (15%), nell’agricoltura (8%) e nella trasformazione (2%) per un totale di oltre 16 miliardi in un anno.