Crisi Libia: non solo petrolio e aziende oil, le ricadute su scambi commerciali e Made in Italy
La crisi libica inasprita in questi giorni e i rischi di una destabilizzazione del paese nordafricano scatenano timori economici per l’Italia. Non solo per il petrolio e le attività di estrazione delle aziende oil presenti sul territorio, ma anche per gli scambi commerciali in corso tra i due paesi e la ripresa del Made in Italy.
Attività petrolifere
Attualmente le attività petrolifere in Libia sono a rischio. “Non è più possibile, almeno al momento, continuare a trattare per proseguire gli investimenti e le attività economiche petrolifere in Libia – ha avvertito in questi giorni il presidente della FederPetroli Italia, Michele Marsiglia, guardando agli ultimi sviluppi nel paese nordafricano – La situazione non è più controllabile”. L’impatto per l’indotto internazionale dell’Oil & Gas non è da poco, visto che sono già in ritardo diversi progetti e lontani i livelli produttivi di anni fa. Al momento si è riscontrato che alcune strutture petrolifere hanno già richiamato il personale su alcuni siti di elevato rischio. La situazione è sotto stretta osservazione e potrebbero scattare nuovi piani di azione già nelle prossime ore.
Scambi commerciali e approvvigionamento energetico
La crisi della Libia accentua i rischi sul fronte delle esportazioni, considerato che l’Italia è il primo esportatore dell’Unione Europea verso la Libia con il 26% del totale Ue. Seguono, con quote più che dimezzate, Spagna (13%), Grecia (10%), Cipro (8%) e Germania (7%). Non solo. In primo piano anche il tema della sicurezza dell’approvvigionamento energetico visto che la Libia rappresenta il quarto Paese fornitore di petrolio e gas dell’Italia, dietro soltanto a Russia, Algeria e Azerbaigian. L’interscambio Italia-Libia vale, su base annua, 4.772 milioni di euro, di cui ben l’88% riguarda l’energia.
Imprese manifatturiere e Made in Italy
Ma non solo energia. Anche la ripresa delle esportazioni di prodotti manifatturieri e del Made in Italy può essere compromessa dall’accentuazione della crisi libica. Secondo uno studio elaborato da Confartigianato, i prodotti non energetici maggiormente esportati in Libia sono alimentari (9% dell’export totale), macchinari e apparecchiature (8%), apparecchiature elettriche e per uso domestico (7%), prodotti in metallo (5%) e prodotti chimici (3%).
Sulla base degli ultimi dati disponibili riferiti al primo trimestre 2018 la provincia italiana con maggiori vendite del Made in Italy in Libia è Milano (9% dell’export al netto dei prodotti raffinati), seguita da Parma, Salerno, Napoli, Bologna, Padova, Vicenza, Roma e Pesaro-Urbino e Firenze. Le prime dieci province italiane determinano oltre la metà (52%) dell’export no energy in Libia.