E ora la Fed ha fretta di alzare i tassi e di ridurre il suo bilancio monstre. Le minute shock spiazzano i mercati
E ora la Fed ha fretta di alzare i tassi. Non solo: la Fed ha fretta anche di mettersi a dieta, iniziando a ridurre quel bilancio monstre gonfiato dai trilioni di asset che essa stessa ha acquistato per blindare i mercati. Un bilancio che vale oggi 8,8 trilioni di dollari, ‘grazie’ alla quantità abnorme di Treasuries e di asset legati ai mutui di cui la banca centrale ha fatto incetta negli ultimi anni, attraverso l’adozione di una politica monetaria che è stata bollata dai più critici come una droga o flebo monetaria che ha distorto-gonfiato il valore di azioni e obbligazioni.
Ma ora l’economia è solida e, soprattutto, l’inflazione negli Stati Uniti galoppa a un ritmo che, evidentemente, non viene considerato più sostenibile da Jerome Powell, numero uno della banca centrale Usa, e dai suoi colleghi.
L’inflazione Usa misurata dall’indice dei prezzi al consumo viaggia al record degli ultimi 39 anni, mentre quella misurata dall’indice dei prezzi alla produzione è volata a novembre del 9,6%, al ritmo record di sempre. E il parametro preferito dalla Fed, ovvero il PCE -Personal Consumption Expenditures – è volato a novembre del 5,7% su base annua, anche in questo caso al record in quasi 40 anni, e soprattutto oltre il target di inflazione del 2% stabilito dalla banca centrale per il nono mese consecutivo.
Questo, a fronte di un mercato del lavoro che ha ripreso a marciare negli ultimi mesi, con il reopening dell’economia post Covid: tanto che Powell ritiene che ormai la Fed sia vicina ad agguantare l’obiettivo della massima occupazione.
Perchè, dunque, aspettare?
La Fed si rende conto che non può più farlo, a meno di rischiare che l’economia Usa finisca con il surriscaldarsi. Questa fretta è stata certificata dalle minute del Fomc, il braccio di politica monetaria dell’istituzione, che sono state diramate ieri, e che sono relative all’ultima riunione del 2021, quando i mercati avevano già capito come Powell, fino a poco tempo prima dovish, stesse in realtà scalpitando per dire basta all’ondata di liquidità lanciata nel periodo più buio della pandemia Covid-19, ovvero nel 2020.
Già grande assente del comunicato di quella riunione era stato l’aggettivo “transitorio”, che aveva accompagnato fino a quel punto il termine di inflazione. Jerome Powell aveva già avvertito qualche giorno i mercati della possibilità che quell’aggettivo sparisse.
Nella stessa riunione, l’ultima del 2021, a fronte di tassi sui fed funds lasciati invariati nella forchetta compresa tra lo zero e lo 0,25%, la Federal Reserve annunciava una forte accelerazione del tapering, il programma di riduzione degli acquisti di asset che la banca centrale effettua ogni mese, una sorta di turbo-tapering.
In questo modo Powell non faceva mistero di una certa ansia di procedere più in fretta al ritiro delle misure straordinarie di stimoli-bazooka anti-Covid precedentemente lanciati. Dal dot plot del Fomc era emerso anche come la Fed fosse ormai pronta ad alzare i tassi sui fed funds fino a tre strette nel 2022.
Ma le minute appena rese note si sono confermate comunque uno shock per i mercati, presentando un volto ancora più hawkish della Federal Reserve, e senza tanto preavviso.
Oltre al tapering più veloce, è emerso infatti che gli esponenti del Fomc hanno discusso a dicembre anche della possibilità di alzare i tassi sui fed funds prima di quanto anticipato in precedenza o a un ritmo più veloce. Non solo. E’ emersa l’urgenza di iniziare a ridimensionare il bilancio della Fed.
“I partecipanti hanno in generale rilevato che, considerate le loro proiezioni individuali sull’economia, il mercato del lavoro, e l’inflazione, potrebbe essere giustificato aumentare i tassi in anticipo o a un ritmo più veloce di quanto i partecipanti stessi avevano anticipato in precedenza – si legge nei verbali della Fed guidata da Jerome Powell -Alcuni partecipanti hanno fatto notare anche che potrebbe essere appropriato iniziare a ridurre le dimensioni del bilancio della Federal Reserve relativamente presto, dopo aver iniziato ad alzare i tassi sui fed funds”.
Maggiore aggressività nell’alzare i tassi + una riduzione del bilancio che rischia di iniziare poco dopo la prima stretta monetaria: un mix esplosivo perfetto per mandare al tappeto i mercati.
Nelle minute si legge ancora “i partecipanti hanno rimarcato che l’attuale dimensione del bilancio è consistente e che probabilmente rimarrà tale per ancora un po’ di tempo mentre il processo della normalizzazione del bilancio stesso sarà in atto”. E ancora: “Quasi tutti i partecipanti hanno ritenuto che probabilmente sarebbe appropriato iniziare a ridurre il bilancio a un certo punto dopo il primo rialzo” dei tassi.
Lo shock piombato sui mercati è stato spiegato alla Cnbc da Jay Hatfield, ceo di Infrastructure Capital Management, che ha definito la riduzione del bilancio della Fed “il rischio chiave dell’anno”.
“Se la Fed inizierà a ridurre il bilancio sarà un disastro – ha detto Hatfield, senza tanti giri di parole – Credo che il bilancio (quest’anno) verrà lasciato invariato, ma è possibile che venga anche ridotto, nel caso in cui l’inflazione dovesse confermarsi davvero alta”.
E se succederà questo, per Hatflied significa che “non solo la Fed non inietterà più liquidità, significa che inizierà anche a drenarla. E nessuno vuole puntare sul mercato azionario se la Fed inizia ad aspirare la liquidità….è come puntare su Coca Cola se Warren Buffett smobilizza la sua partecipazione” nel capitale.
Kathy Jones, responsabile strategist del mercato del reddito fisso presso Charles Schwab, ha spiegato che “il fatto che quasi tutti i partecipanti abbiano concordato che sia appropriato iniziare a ridurre il bilancio dopo il primo rialzo dei tassi implica che non c’è alla fine tanta voglia di aspettare e di adottare un atteggiamento ‘let’s wait and see’. L’ultima volta – ha ricordato Jones – hanno aspettato due anni. Questa volta, sembra che siano pronti ad agire”.
Immediata la reazione dei mercati azionari e obbligazionari: Il Dow Jones, in particolare, ha chiuso in rosso per la prima volta dall’inizio del 2022, arretrando di quasi 400 punti (-392,54 punti), o dell’1,07%, a 36.407,11 punti, dopo aver segnato un nuovo record intraday all’inizio della sessione; lo S&P 500 è arretrato dell’ 1,94% a 4.700,58 punti, mentre il Nasdaq ha sofferto la perdita giornaliera più forte in quasi un anno, ovvero dal febbraio del 2021, scivolando del del 3,34% a 15.100,17.
In Asia, l’indice Nikkei 225 della borsa di Tokyo è crollato del 2,88% a 28.487,87 punti dopo il sell off che si è abbattutto sulla borsa Usa. Forti smobilizzi anche su altre tra le principali borse asiatiche.
Giù l’azionario europeo e, in particolare Piazza Affari, che ha visto il Ftse Mib scivolare fino a -1,5% nei primi minuti della seduta, perdendo così quota 28.000 dopo che, nella giornata di ieri, l’indice aveva chiuso in progresso dello 0,74% a 28.162 punti, aggiornando i massimi di chiusura a oltre 13 anni.
L’indice di riferimento dell’azionario europeo, lo Stoxx 600, perde l’1,4% circa, zavorrato in particolare dai titoli tecnologici, con il sottoindice di riferimento in calo di quasi -3%.
Le minute della Fed hanno messo KO anche il mercato dei Treasuries Usa, con i decennali – già reduci dal rialzo di inizio anno record in 20 anni – tornati a correre, dopo la breve pausa di inizio seduta, fino all’1,70%. I tassi a due anni sono saliti di 5 punti base circa fino allo 0,82%.
I titoli tecnologici sono capitolati così di nuovo, in quanto gli utili futuri delle relative società tendono a diventare meno appetibili agli occhi degli investitori, in un contesto di tassi più alti. E in un contesto in cui l’alta finanza scommette su una ulteriore crescita.
Nella lista delle 10 sorprese Top per i mercati del 2022 Byron R. Wien e Joe Zidle, rispettivamente vice presidente e responsabile strategist degli investimenti della divisione Private Wealth Solutions Group di Blackstone, hanno scritto che, a loro avviso, “il mercato dei bond inizierà a rispondere all’aumento dell’inflazione e al tapering della Fed, con i tassi sui Treasuries a 10 anni che saliranno al 2,75%. La Fed completerà il suo tapering e alzerà i tassi quattro volte nel 2022″.
Ian Lyngen, responsabile della divisione di strategia sui tassi Usa di BMO, ritiene che “l’ottimismo sull’economia in un contesto di preoccupazioni per l’inflazione porterà i tassi decennali al 2% nel corso del primo trimestre”, e che “da lì saranno l’economia e la Federal Reserve a determinare quanto in alto saliranno ancora”.
Commentando quanto emerso dai verbali, l’economista di Bloomberg Yelene Shulyatyeba ha fatto notare inoltre che “le parole degli esponenti del Fomc sul mercato del lavoro suggeriscono che, a loro avviso, l’economia sia molto vicina alla massima occupazione o che l’abbia già raggiunta”.
Di conseguenza, “è possibile che l’economia abbia centrato l’obiettivo della piena occupazione in anticipo, a fronte di una forza lavoro inferiore rispetto a quanto precedentemente previsto, il che significa che c’è bisogno di una politica più restrittiva prima di quanto anticipato”.
Vale la pena mettere in evidenza come la Fed non tema affatto Omicron o, in ogni caso, non la veda come di intralcio, almeno per ora, alla nuova era di politica monetaria che ha deciso di inaugurare, nonostante il numero dei contagi giornalieri negli Stati Uniti abbia superato quota 1 milione. E del Covid non ha d’altronde paura neanche l’Opec +, che ha confermato la propria strategia, convinta che l’impatto negativo della variante sulla domanda globale di petrolio sarà di breve durata.