Notiziario Notizie Inghilterra Fine dei giochi per Theresa May. La premier che ha fallito la missione Brexit scoppia in lacrime

Fine dei giochi per Theresa May. La premier che ha fallito la missione Brexit scoppia in lacrime

24 Maggio 2019 12:59

Fine dei giochi per Theresa May. Così come anticipato ieri dal Times UK, la premier britannica ha annunciato le proprie dimissioni: lascerà Downing Street il prossimo 7 giugno, ponendo fine a una leadership aspramente criticata, se non sbeffeggiata, sia dall’opinione pubblica che dal mondo intero. Il compito di May era ben preciso: garantire la realizzazione della Brexit, ovvero il divorzio del Regno Unito dall’Unione europea, concretizzando quello per cui i cittadini britannici avevano votato nel referendum del 23 giugno del 2016: il “Leave”, ovvero il divorzio da Bruxelles.  Un divorzio che, negli ultimi mesi soprattutto, è apparso come una vera e propria utopia, ma anche come un’Odissea, che ha fatto perdere più volte la pazienza non soltanto ai pro-Brexit, ma alla stessa Europa. Come dimenticare la frase con cui il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker invocò direttamente Dio? “Siamo nelle mani di Dio”, disse una volta sconsolato Juncker, mentre il numero uno del Consiglio europeo tratteneva a mala pena la propria irritazione dando la colpa direttamente ai britannici. Più volte in questi anni si è parlato anche del magnate miliardario George Soros, lo stesso tristemente noto per aver distrutto la Bank of England scommettendo contro la sterlina negli anni ‘Novanta, promotore in questi anni di un disegno anti-Brexit. A tal proposito, alla fine di aprile si era parlato anche di una misteriosa e imbarazzante riunione tra Soros, l’ex premier britannico Tony Blair e il commissario Ue agli Affari economici PIerre Moscovici. Una riunione che si sarebbe svolta in occasione del 49° World Economic Forum di Davose che sarebbe stata organizzata per permettere ai tre di discutere sulla possibilità di “un secondo referendum sulla Brexit”. Secondo lo UEObserver, in quell’occasione la Commissione europea decise intenzionalmente di nascondere il motivo di quella riunione,

Quale sarà il destino del Regno Unito – come e quando la Brexit si realizzerà – spetterà al prossimo premier che succederà a May deciderlo. Il favorito, riporta la stampa britannica, sarebbe l’ex sindaco ed ex ministro degli Esteri, Boris Johnson.

Non è mancato il pathos nel discorso che la premier Theresa May ha proferito nell’annunciare le sue dimissioni. Evidente la sua frustrazione per non essere riuscita a realizzare quello per cui il popolo britannico aveva votato.

Nel momento stesso in cui sono diventata premier, ha detto, “ho fatto il possibile per fare in modo che il Regno Unito fosse un paese che andasse bene non solo per pochi privilegiati, ma per tutti. E che onorasse il risultato del referendum Ue. Nel 2016, noi abbiamo dato al popolo britannico la possibilità di fare una scelta. Contro ogni previsione, il popolo britannico ha votato per lasciare l’Unione europea”.

“Sono sicura oggi, così come lo ero tre anni fa, che in una democrazia, se si decide di dare al popolo la possibilità di fare una scelta, si deve poi realizzare quanto è stato deciso. Ho fatto il possibile perché ciò avvenisse. Ho negoziato i termini per la nostra uscita e per una nuova relazione con i nostri vicini (europei) al fine di proteggere il mercato del lavoro, la nostra sicurezza e la nostra Unione. Ho fatto tutto il possibile per convincere il Parlamento a sostenere quell’accordo. Purtroppo, non ne sono stata capace”.

“Ci ho provato tre volte. Credo che fosse giusto perseverare, anche quando le probabilità di un mancato successo apparivano elevate. Ma ora mi è chiaro che è nel migliore interesse del paese che ci sia un nuovo primo ministro a portare avanti quell’impegno”.

Per me “è, e rimarrà sempre, un grande rimpianto quello di non esserestata capace di realizzare la Brexit. Toccherà al mio successore cercare un modo per onorare quel referendum. Affinché abbua successo, lui o lei dovranno trovare quel consenso, in Parlamento, che io non ho trovato. Un consenso del genere può essere raggiunto solo se tutte le parti del dibattito mostrano la volontà di fare qualche compromesso”.

“Per molti anni il grande filantropo Sir Nicholas Winton (noto come lo Schindler britannico)- che ha salvato centinaia di bambini facendoli fuggire dalla Cecoslovacchia occupata dai nazisti attraverso il Kindertransport – è stato mio elettore nel Maidenhead. In un altro momento di tensioni politiche, qualche anno prima della sua morte (avvenuta nel 2015), Winton mi prese da parte in occasione di un evento locale, per darmi alcuni consigli. Mi disse: ‘Non dimenticare mai che il compromesso non è una parola cattiva. La vita dipende dal compromesso.’. Aveva ragione”.

May ha continuato ammonendo che “dobbiamo ricordare cosa ci ha portati qui”. Il referendum, ha spiegato infatti la premier, non è stato solo una chiamata per lasciare l’Unione europea ma uno strumento per avviare un cambiamento profondo nel nostro paese. Un appello per fare in modo che il Regno Unito sia un paese che funzioni davvero per tutti. E io sono orgogliosa dei progressi che abbiamo compiuto nell’arco degli ultimi tre anni. Abbiamo completato il lavoro iniziato da David Cameron e George Osborne: il deficit è stato quasi eliminato, il nostro debito pubblico sta scendendo e stiamo ponendo fine all’austerità. Mi sono concentrata per assuicurare che in futuro buoni posti di lavoro vengano creati nelle comunità di tutta la nazione, non solo a Londra e nel Sud est, attraverso la nostra Strategia Industriale moderna (la Modern Industrial Strategy)”.

A questo punto, Theresa May si dimetterà dalla carica di leader del Partito conservatore il prossimo 7 giugno, lasciando anche la premiership. Il processo per selezionare il nuovo leader inizierà la settimana successiva, il che significa che, in occasione della visita nel Regno Unito del prossimo 3 giugno, sarà lei a fare gli onori di casa.