Google e Facebook: Covid conficca la spina del calo delle entrate pubblicitarie. E FB paga anche boicottaggio
Google e Facebook accomunate dallo stesso tallone di Achille in tempi di COVID-19: il calo delle entrate pubblicitarie. E’ quanto emerge dai risultati di bilancio pubblicati dai due giganti americani che, insieme a Apple e Amazon, costituiscono le 4 BIG Tech. Tutti i quattro titani hanno pubblicato i loro risultati di bilancio nella giornata di ieri, dopo la fine delle contrattazioni a Wall Street.
La nota stonata è stata sicuramente Google, con la trimestrale che ha confermato la dipendenza del colosso dalle entrate pubblicitarie.
Più precisamente Alphabet, la holding a cui fa capo Google, ha archiviato il secondo trimestre dell’anno con un utile netto di $6,96 miliardi, o di $10,13 per azione, in flessione rispetto ai $9,95 miliardi, o $14,21 per azione, dello stesso periodo dell’anno precedente. Il fatturato, al netto dei costi di acquisizione del traffico, è sceso a $31,6 miliardi dai $31,7 miliardi del secondo trimestre del 2019. Gli analisti intervistati da Factset avevano stimato un utile per azione di $7,95 – dunque superiore – su un fatturato ex traffico costi acquisizione (TAC) pari a $30,66 miliardi (dunque inferiore).
Inizialmente, è sembrato che i mercati avessero accolto positivamente il bilancio di Alphabet, tanto che il titolo è salito del 2% nelle contrattazioni afterhours. Le quotazioni hanno fatto poi dietrofront, nel momento in cui – secondo gli analisti – trader e investitori hanno digerito la notizia relativa al calo delle entrate pubblicitarie, che è stato su base annua di $2,6 miliardi. D’altronde, se le aziende vendono poco in questi tempi di coronavirus COVID-19, guadagnano ovviamente anche poco, e se guadagnano poco, hanno meno soldi per investire nella pubblicità. (LEGGI Trimestrale Alphabet)
Certo, la debolezza del mercato pubblicitario non ha risparmiato nessuno, vista la crisi in corso a livello globale. E lo stesso direttore finanziario di Alphabet, Ruth Porat, aveva confermato nella earnings call di fine aprile, commentando il bilancio del primo trimestre, che a marzo Alphabet aveva sofferto “un rallentamento significativo del fatturato pubblicitario”.
Rallentamento che è proseguito, tuttavia come dicono i numeri, anche nel secondo trimestre. Non per niente le stime che vengono snocciolate da vari esperti del mercato pubblicitario non sono affatto rosee per Google. eMarketer, per esempio, prevede che la quota di mercato che Google detiene nel mercato pubblicitario degli Stati Uniti scenderà, nel 2020, al 29,4%, rispetto al 31,6% del 2019.
“Le entrate pubblicitarie nette di Google, negli Usa – si legge nel comunicato – scenderanno quest’anno prima di tutto per la decisione delle società inserzioniste attive nel settore viaggi – che in passato si sono concentrate molto sul motore di ricerca – di ritirare in modo significativo le inserzioni. Quello dei viaggi è stato il settore più colpito dalla pandemia, costretto al taglio delle spese più forte rispetto a qualsiasi altro settore”.
Dal canto suo, la CFO Porat ha detto che Facebook continua “a navigare in un contesto economico globale difficile, anche se ha aggiunto che verso la fine del secondo trimestre è stato rilevato un miglioramento nelle vendite degli spazi pubblicitari.
Non è però confortante apprendere che sono ben $29,9 i miliardi – rispetto al fatturato trimestrale totale di Google, pari a $38,3 miliardi – a essere arrivati nel secondo trimestre proprio dal mercato pubblicitario. Il numero non fa altro che confermare la dipendenza di Google da un mercato in difficoltà.
Detto questo, anche Facebook, altra società tra i Big Tech, deve far fronte al problema delle entrate pubblicitarie, e non solo per il coronavirus. (LEGGI Trimestrale Facebook)
Su Facebook, pesa infatti anche la questione del boicottaggio, dopo che diverse aziende hanno ritirato le loro inserzioni pubblicitarie dal social network, aderendo alla campagna #StopHateForProfits, nata per contrastare l’odio in rete.
L’effetto del boicottaggio sui conti non sarà noto prima della pubblicazione del bilancio del terzo trimestre. Tra i nomi più noti che hanno ‘punito’ Facebook si mettono in evidenza Coca-Cola, Starbucks, Ford Motor Co. e Microsoft.
C’è da dire che, nella call con cui ha commentato la trimestrale, il direttore finanziario di Facebook David Wehner ha precisato che i 100 principali inserzionisti pubblicitari di Facebook hanno inciso sul fatturato del secondo trimestre soltanto per il 16%: il grosso del fatturato pubblicitario di Google, 3/4 circa, è arrivato, infatti, dalle piccole e medie imprese.
Queste ultime sono tuttavia anche le più vulnerabili e quindi, al di là del fattore boicottaggio, deve essere appurato se le stesse abbiano tagliato le inserzioni a causa piuttosto della crisi scatenata dalla pandemia e dal lockdown. In ogni caso, la società di Mark Zuckerberg ha dovuto ammettere che il boicottaggio ha avuto un impatto.
Finora il gruppo si è limitato a dire che nelle prime tre settimane di luglio, il tasso di crescita delle entrate pubblicitarie, su base annua, è stato in linea, all’incirca, con il tasso di crescita del fatturato del secondo trimestre, pari al 10%. Facebook ha aggiunto poi di prevedere che, nel corso del terzo trimestre, “il tasso di crescita delle entrate pubblicitarie sarà simile all’incirca a questa performance di luglio”.