Guerra commerciale: nuovo schiaffo Trump a Huawei. Colosso cinese entra nella lista nera Usa
Donald Trump sempre più determinato a mettere in punizione la Cina e i suoi fiori all’occhiello. Dopo aver alzato i dazi doganali su $200 miliardi di prodotti cinesi, dal 10% precedenti al 25%, il presidente americano ha firmato un ordine esecutivo che apre la strada a nuove misure contro Huawei, il colosso cinese delle infrastrutture tlc, da tempo nel mirino dell’amministrazione americana.
Nella giornata di ieri, come da attese, Trump ha dichiarato lo stato di emergenza nazionale citando le minacce che incombono sulla tecnologia americana.
L’ordine esecutivo autorizza il segretario Usa al Commercio Wilbur Ross, in consultazione con altri funzionari della Casa Bianca, a bloccare quelle transazioni che abbiano per oggetto informazioni o tecnologie di comunicazione e che “rappresentino un rischio inaccettabile per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti”.
All’ordine è seguita la decisione del dipartimento del Commercio Usa di inserire il nome di Huawei Technologies e delle sue controllate nella lista “nera” del Bureau of Industry and Security (BIS), la cosiddetta Entity List: ciò significa che per il gigante cinese sarà più difficile riuscire a fare affari con le aziende americane.
Praticamente, le società americane non potranno vendere o trasferire le loro tecnoologie ad Huawei, se non con una licenza che dovrà essere concessa dal suddetto Bureau, che si occupa di industria e di sicurezza. Un vero e proprio schiaffo al colosso cinese, che dipende da alcuni fornitori americani per la realizzazione dei suoi prodotti, e che ha risposto prontamente all’inserimento del suo nome della lista nera, con un comunicato inviato alla Cnbc:
“Ostacolare Huawei a fare affari negli Stati Uniti non renderà gli Usa più sicuri o più forti; piuttosto, questa mossa servirà soltanto a limitarli, in quanto dovranno ricorrere ad alternative più costose e scadenti, con il risultato che alla fine l’America rimarrà indietro nello sviluppo delle reti 5G, danneggiando gli interessi delle sue aziende e dei suoi consumatori”.
Huawei ha mostrato allo stesso tempo un’apertura a collaborare con Washington per risolvere le tensioni: “Siamo pronti a impegnarci con il governo americano per approntare misure efficienti che garantiscano la sicurezza dei prodotti”.
Non c’è dubbio in ogni caso che l’ordine esecutivo firmato da Trump renda ancora più tesi i rapporti Usa-Cina, già decisamente deteriorati a causa dell’escalation della guerra commerciale.
L’imposizione di dazi più pesanti sui prodotti cinesi, e la pronta risposta della Cina, che ha reagito anch’essa alzando le tariffe sui prodotti americani hanno certificato ufficialmente la fine di quella tregua commerciale che, già ai suoi albori, era stata definita da molti finta, proprio a causa dell’ossessione di Trump contro il colosso cinese Huawei.
Che il tentativo di offrire un ramoscello di ulivo a Pechino fosse stato più di facciata era emerso già all’inizio di dicembre, con la notizia dell’arresto in Canada del direttore finanziario di Huawei, Wanzhou Meng, su richiesta degli Stati Uniti.
L’arresto è avvenuto lo scorso 1° dicembre ed è stato richiesto da Washington, sulla base del sospetto secondo cui Huawei avrebbe violato le sanzioni americane contro l’Iran, vendendo al paese attrezzature tlc.
Wanzhou Meng, 46 anni, non è solo il CFO del secondo maggiore produttore al mondo di attrezzature per tlc. E’ anche la figlia del fondatore del gigante cinese, Ren Zhengfei, tra i businessman più potenti della Cina e, anche, membro eletto del 12esimo Congresso Nazionale del Partito Comunista della Cina, che ha servito tra l’altro anche l’esercito, prima di ritirarsi nel 1983.
Praticamente, Meng e famiglia appartengono all’elite della Cina, e la loro influenza sia in campo economico che politico è riconosciuta da tutti.
A tal proposito, agli inizi di maggio il portavoce del ministero degli Esteri cinese Geng Shuang, commentando gli sviluppi sul caso del direttore finanziario di Huawei, comparsa in udienza a Vancouver sulla richiesta di estradizione negli Usa, ha detto che “questo è un grave incidente politico” e ha chiesto il rilascio e il ritorno in patria di Meng.
A fine gennaio Huawei e Wanzhou Meng erano stati tra l’altro incriminati dal dipartimento di Giustizia Usa.
Tra le accuse, anche quella di aver rubato segreti industriali all’operatore di telefonia mobile T-Mobile USA.
Huawei non è certo l’unico gigante cinese a dover fare i conti con la rabbia di Trump, se si considera che anche a ZTE, altro colosso tecnologico, è stato imposto un divieto a partecipare alla maggior parte dei bandi del governo americano con il 2019 Defense Authorization Act.