Huawei incriminata in Usa con CFO Wanzhou Meng. FBI: ‘minaccia a sicurezza nazione’
Prove di disgelo nei rapporti commerciali Usa-Cina minacciate, di nuovo, dal caso Huawei, colosso cinese secondo maggiore produttore al mondo di attrezzature per tlc già nel mirino degli Stati Uniti e dell’Occidente da parecchio tempo.
Stavolta tuttavia, secondo Pechino, gli Stati Uniti avrebbero passato il segno. Dal dipartimento di Giustizia Usa sono scattate due incriminazioni: una contro la stessa direttrice finanziaria Wanzhou Meng, la CFO di Huawei, che gli Stati Uniti avevano fatto arrestare in Canada all’inizio di dicembre. In questo caso l’accusa è di aver violato le sanzioni che l’America ha imposto all’Iran, attraverso la presunta vendita di alcuni prodotti.
La seconda incriminazione in capo a Huawei è per il furto di segreti industriali, ai danni del gruppo T-Mobile.
Pesanti le dichiarazioni che sono arrivate per bocca dello stesso numero uno dell’Fbi, Christopher Wray, che ha reso noto che “le accuse ufficializzate sono il risultato di anni di lavoro investigativo condotto dalla Fbi e dai nostri partner che lavorano per il rispetto delle leggi”.
Huawei è stata definita una società che “mette in atto comportamenti sfrontati e persistenti, al fine di sfruttare le aziende e le istituzioni finanziarie americane, e minacciare il mercato globale libero e trasparente. Così come potete notare dal numero e dalla portata delle incriminazioni, Huawei e i suoi alti dirigenti hanno rifiutato in modo reiterato di rispettare le leggi degli Stati Uniti e le pratiche standard internazionali di business. Huawei ha anche cercato intenzionalmente e sistematicamente di rubare proprietà intellettuali di valore di una società americana (riferimento a T-Mobile), in modo tale da poter eludere quelle ricerche che richiedono tempo e i cui esiti sono guadagnati con fatica, al fine di aggiudicarsi ingiustamente un vantaggio di mercato” .
“Mossa dalle due ambizioni commerciali – ha continuato il numero uno dell’Fbi – Huawei ha fatto affidamento su pratiche di business disoneste che contraddicono i principi economici che hanno permesso alle aziende americane e agli Stati Uniti di prosperare. Non c’è posto per un comportamento criminale del genere nel nostro paese o in qualsiasi luogo dove esista l’impegno a rispettare la legge”.
Immediata la reazione di Pechino, che ha definito le incriminazioni contro Huawei “immorali e ingiuste”. Il ministero degli Esteri cinese ha espresso inoltre forti preoccupazioni in relazione alla incriminazioni, lanciando un appello agli Usa affinché fermino “la repressione irragionevole avviata contro le aziende cinesi, Huawei inclusa”. Un appello è stato lanciato a Washington anche affinché non proceda alla richiesta di estradizione di Meng (su cui invece gli Stati Uniti puntano), e ritiri piuttosto il mandato di arresto con cui le autorità canadesi hanno bloccato la direttrice finanziaria.
Ma dalle parole di Wray, numero uno dell’Fbi, sembra che gli Usa di Trump non abbiano alcuna intenzione di concedere alla Cina – con cui stanno comunque trattando per evitare l’escalation della guerra commerciale – il benché minimo sconto. Anche perchè, ha sottolineato Wray, “l’immensa influenza che il governo esercita su aziende cinesi come Huawei rappresenta una minaccia sia alla sicurezza economica, che a quella nazionale, tra loro fortemente interconnesse”.