Iran sbotta contro Trump: ‘Petrolio non è un arma, Opec non è un’organizzazione politica
Iran contro l’America di Trump, l’attacco arriva dal ministro dell’energia Bijan Zanganeh, a Vienna, dove il prossimo 22 giugno si svolgerà l’attesissimo meeting tra i produttori di petrolio Opec e non Opec. Il ministro iraniano è sbottato contro le ultime dichiarazioni arrivate da Donald Trump e ha puntato il dito contro il tentativo, da parte del presidente americano, di politicizzare il mercato petrolifero.
Venerdì scorso Trump si è accanito di nuovo contro il cartello con un post su Twitter, in cui si è lamentato, per l’ennesima volta, del fatto che “i prezzi del petrolio sono troppo alti!”, addossando la colpa all’Opec e tuonando: “Non va bene!”.
“Il petrolio non è un’arma – si è sfogato Zanganeh, parlando ai giornalisti a Vienna – non è uno strumento politico da usare contro alcuni paesi, produttori o consumatori”. Inoltre “l’Opec non è una organizzazione politica, e ritengo che sia necessario che l’Opec appoggi questa idea, ovvero che il mercato dovrebbe essere depoliticizzato, così come, anche, l’Opec dovrebbe condannare un qualsiasi utilizzo del petrolio come un’arma o uno strumento rivolto contro alcune nazioni”.
E’ possibile, secondo un articolo della Cnbc, che Trump abbia attaccato l’Opec a causa degli elevati prezzi della benzina negli Usa, che oscillano attorno a 3 dollari al gallone.
Il ministro ha fatto notare tuttavia che è stato lo stesso Trump ad alimentare le tensioni sul fronte dei prezzi, decidendo di imporre sanzioni contro l’Iran e il Venezuela. Allo stesso tempo, il funzionario ha detto di ritenere che l’Opec farà fronte alle conseguenze innescate dalle sanzioni.
“Il presidente Trump crede di poter dare ordini e istruzioni all’Opec affinché si muova in una certa direzione – ha detto Zanganeh – Credo che non sia giusto, visto che l’Opec non fa parte del dipartimento di Energia degli Stati Uniti”.
La riunione dell’Opec prevista per questa settimana – l’annuncio non arriverà prima della giornata di venerdì – è una delle più attese degli ultimi anni.
Il cartello deciderà infatti se estendere l’accordo storico raggiunto con la Russia e altri paesi produttori non Opec alla fine del 2016, con cui ha deciso di tagliare la produzione di 1,8 milioni di barili al giorno, al fine di sostenere le quotazioni del crude.
In quel modo i prezzi sono riusciti a recuperare terreno, dopo il forte tonfo che li ha portati a precipitare da un valore superiore ai $100 al barile attorno a cui oscillavano nel 2014 a meno di $30 al barile nel 2016. In realtà l’Opec e i paesi non Opec non sono compatti in vista dell’imminente decisione.
L’Arabia Saudita e la Russia preferirebbero che i controlli sull’offerta venissero allentati, mentre altri membri dell’Opec come l’Iran, l’Iraq e il Venezuela chiedono che venga preservato lo status quo.
Trump innesca così nuovamente la rabbia di Teheran, in un momento in cui l’America vive una fase di tensioni con la Cina, dopo le dichiarazioni con cui il presidente ha minacciato di imporre ulteriori dazi doganali contro il paese per un valore di $200 miliardi, contribuendo ad alimentare, di nuovo, i timori sul protezionismo e sulla guerra commerciale. Quest’ultima, secondo molti, sarebbe ormai esplosa.