Lagarde e Gentiloni avvertono: ripresa Pil incompleta e disomogenea, attenti a tempi ritiro misure anti-COVID
Due giorni, per la numero uno della Bce Christine Lagarde, piuttosto infuocati. Ieri, la conferenza stampa successiva all’annuncio della Bce sui tassi di interesse ((lasciati invariati, così come sono stati lasciati invariati gli strumenti straordinari di politica monetaria accomodante, alcuni dei quali lanciati per far fronte al Covid-19, come il QE PEPP pandemico); oggi, un’altra conferenza stampa successiva alla riunione dell’Eurogruppo di settembre.
Il messaggio arrivato da Lagarde, in entrambi i casi, è stato lo stesso, almeno riguardo al trend dell’economia dell’Eurozona. L’incertezza c’è, ed è anche alta, in quanto legata all’emergenza sanitaria della pandemia da coronavirus COVID-19. Non si scommetta troppo, dunque, sulla ripresa del Pil nel terzo trimestre del 2020: la ripresa ci sarà, ma sarà asimmetrica, incompleta, non equilibrata, proprio a causa dell’incertezza, che tra l’altro è aumentata a causa della seconda ondata del coronavirus.
Sulla necessità di essere realistici sul recupero dell’economia, è stata d’accordo, guardando al caso specifico dell’Italia, anche Confindustria, che si è smarcata dall’ottimismo del ministro dell’economia Roberto Gualtieri, paventando un tonfo del Pil italiano, nel 2020, tra il 10% e l’11%. E l’Italia, ha avvertito il centro studi di Confindustria, continua a essere ancora percepita più rischiosa di altri paesi.
Tornando a Lagarde, assodata la previsione di un futuro pieno di incognite, la numero uno della Bce si è mostrata comunque, nella giornata di ieri, più ottimista che in passato sullo stato di salute dei fondamentali economici del blocco dell’area euro. E questo perchè, secondo la Bce, i danni inflitti dalla pandemia all’economia si riveleranno, nel 2020, inferiori a quanto previsto a giugno: la contrazione sarà dell’8%, inferiore al -8,7% stimato in precedenza. Il Pil dell’Eurozona è stato rivisto così al rialzo, per il 2020, mentre le stime sul 2021 e 2022 sono state lasciate invariate.
Invariate anche le stime sull’inflazione del 2020 e del 2022, vista in rialzo rispettivamente dello 0,3% e dell’1,3%. Ma l’outlook relativo al 2021 è stato rivisto al rialzo.
Se l’euro è salito ieri fino a $1,1917, non è stato dunque soltanto perchè, almeno all’inizio, Christine Lagarde ha snobbato il rally riportato dalla moneta unica nelle ultime sedute, ma anche per il maggiore ottimismo della banca centrale riguardo all’economia europea.
Detto questo, Lagarde ha seminato un po’ di confusione sul mercato del forex, visto che prima ha detto che fissare un livello per l’euro ‘non fa parte del mandato della Bce’, e poi ha quasi corretto il tiro, confermando che, in ogni caso, l’istituzione monitorerà attentamente il tasso di cambio. La mancata chiarezza ha confuso gli operatori, azzerando già ieri il rally dell’euro, che è tornato praticamente ai livelli attorno a cui oscillava prima del Bce Day, al di sopra della soglia di $1,18.
A confermare come gli esponenti del Consiglio direttivo della Bce non la vedano tutti allo stesso modo, sono state poi stamattina le dichiarazioni del responsabile economico della banca centrale europea, Philip Lane, che ha chiaramente detto che un euro più forte deprime l’inflazione, lanciando quasi un avvertimento a Lagarde.
Il banchiere centrale di Francia Francois Villeroy de Galhau , invece, si è allineato maggiormente alla posizione della presidente della Bce.
C’è un altro elemento su cui, nella conferenza stampa di oggi, Lagarde si è soffermata: ‘Nessuna compiacenza – ha detto – gli sforzi fiscali sono necessari: “La nostra politica monetaria accomodante ha bisogno del sostegno della politica fiscale, e nessuno di noi può permettersi in questo momento di essere compiacente”.
L’ex direttrice del Fondo Monetario Internazionale ha anche condiviso quanto detto, nella stessa conferenza stampa indetta dopo la riunione dell’Eurogruppo, dal Commissario Ue agli Affari economici, Paolo Gentiloni.
Gentiloni, che ha avvertito anche a lui che la ripresa del Pil dell’Eurozona è incerta e disomogenea, ha messo in guardia riguardo alla necessità di stare attenti ai tempi con cui le misure straordinarie di sostegno all’economia saranno ritirate.
Una exit strategy troppo brusca potrebbe essere infatti pericolosa. “Se calcoliamo male i tempi” del ritiro delle misure “rischiamo di danneggiare le economie europee”, ha avvertito l’ex presidente del Consiglio, aggiungendo che sarebbe “rischioso” ritirare i provvedimenti troppo presto. Detto questo, bisogna stare attenti anche a che le misure non vengano rimosse troppo tardi, causa la necessità di tenere d’occhio la sostenibilità.