Le major oil e la loro impronta di carbonio
Raggiungere gli obiettivi di neutralità climatica entro il 2050 dipende dall’azione delle industrie con una pesante impronta ambientale inerente il petrolio e il gas.
Scope Ratings, agenzia di rating europea, ha redatto uno studio sull’impronta di carbonio nell’industria europea dell’Oil&Gas. Uno studio che ha analizzato in particolare l’impronta di carbonio delle sei principali compagnie europee, includendo l’italiana Eni. L’agenzia sottolinea come gli impegni di sostenibilità dell’industria mirano principalmente a ridurre l’intensità di carbonio nelle loro operazioni, ma è il consumo dei prodotti energetici che l’industria fornisce che è responsabile dell’85% dell’impronta di carbonio complessiva del settore. L’industria integrata del petrolio e del gas è responsabile di più della metà delle emissioni di carbonio legate all’uso dell’energia. Circa il 90% di queste emissioni derivano dall’uso di prodotti idrocarburici.
Le major oil & gas e la loro impronta di carbonio
L’analisi di Scope mostra in particolare che le spese in conto capitale pianificate dalle sei maggiori compagnie europee di petrolio e gas per ridurre le loro emissioni di carbonio sono una piccola parte dei loro guadagni imprevisti derivanti dagli alti prezzi del petrolio e del gas, dato che la guerra della Russia in Ucraina ha scosso i mercati dell’energia.
La francese TotalEnergies SE e la spagnola Repsol SA hanno fissato gli standard tra le compagnie europee integrate di petrolio e gas nei progressi del settore petrolifero verso obiettivi di neutralità del carbonio, con la russa Gazprom all’altra estremità della classifica. La posizione di leader di TotalEnergies deriva dall’aver previsto un forte calo del costo dei suoi impatti legati ai gas serra entro il 2030. “TotalEnergies è l’unica major europea ad aver definito un obiettivo di riduzione quantitativa esplicita per le cosiddette emissioni di GHG scope-3 o indirette, aiutando a spiegare la sua posizione di leader del settore”, afferma Bernhard Bartels, direttore esecutivo di Scope ESG. “L’approccio di Total è significativo dato che gli impegni di sostenibilità del settore mirano principalmente a ridurre l’intensità di carbonio nelle proprie operazioni, mentre è il consumo dei prodotti energetici forniti dall’industria che è responsabile dell’85% dell’impronta di carbonio complessiva del settore”, ha detto Bartels.
La spagnola Repsol incorre in costi di impatto di CO2 più bassi del suo rivale francese a 0,57 euro per euro di entrate entro il 2030, ma si tratta di un calo più modesto di appena il 9,5% da 0,63 euro nel 2020.
L’italiana ENI è un ‘leader della trasformazione’, dice l’analisti di Scope, grazie a una strategia chiara e orientata alla sostenibilità, nonostante un profilo più povero rispetto alla multinazionale BP e ai due standard setter Totale e Repsol. Per quanto riguarda le altre major, BP e Shell si posizionano all’estremità inferiore a causa “dell’elevata impronta di carbonio e della mancanza di una strategia di gestione ambiziosa per affrontare i cambiamenti climatici”, con un calo stimato dei costi di impatto della CO2 rispettivamente dall’1,3% ad EUR1,10 e dal 2,6% ad EUR1,32 per euro di ricavi entro il 2030.
Maglia nera alla russa Gazprom che viene giudicata “ritardataria” invece, con l’impronta di carbonio più pesante e nessuna strategia di transizione quantificata.