LG Electronics risponde a dazi Trump e alza prezzi lavatrici Usa. Pil Corea peggiore da Lehman, tensione valutaria Seoul-Washington
Non solo con l’arma valutaria. Oltre che con la debolezza del dollaro, la guerra commerciale di Donald Trump si combatte anche a colpi di dazi doganali sui prodotti importati. E’ di qualche giorno fa la notizia della decisione della sua amministrazione di imporre tariffe sui pannelli solari e sulle lavatrici prodotti all’estero e venduti in Usa: decisione che colpisce soprattutto alcuni colossi sudcoreani, del calibro di Samsung e di LG Electronics.
Dall’Asia, Cina compresa, la condanna si è fatta già sentire. Ma le ultime novità arrivate da Davos, in occasione del World Economic Forum, lasciano intendere che la guerra è appena iniziata.
Nelle ultime ore LG Electronics ha annunciato, in una lettera spedita alle società retail americane, che aumenterà i prezzi della maggior parte delle lavatrici con carica dall’alto o di fronte. Nessun dettaglio è stato fornito sull’entità degli aumenti.
Con l’imposizione dei dazi, Trump si è adeguato a quanto stabilito dalla Commissione Usa sul Commercio Internazionale, la US International Trade Commission.
Il panel ha dichiarato, di fatto, che le importazioni di questi prodotti specifici dall’estero “provocano un danno molto forte alle aziende manifatturiere domestiche“, dunque americane.
Di qui, la decisione di Trump di applicare il primo anno dazi del 20% su una quantità iniziale di1,2 milioni di lavatrici che arrivano dall’estero, e del 50% su quelle superano la soglia.
L’amministrazione Usa ha deciso dunque di seguire le raccomandazioni dell’ITC, al fine di proteggere i produttori americani di elettronici – come Whirlpool – dalla concorrenza dei titani sudcoreani, che inondano il mercato Usa con lavatrici a prezzi molto convenienti.
C’è da dire, tuttavia, che la commissione aveva raccomandato a Trump di escludere dalle tariffe proprio le lavatrici LG, dopo che alcuni dazi precedenti che l’avevano colpita erano stati ritirati.
Il presidente ha fatto di testa sua, e il risultato è che LG Electronics alzerà i prezzi dei prodotti venduti in America.
“Vista la situazione che si è venuta a creare nel commercio, inizieremo ad agire sui prezzi”, ha detto Thomas Yoon, vice direttore generale esecutivo di LG, rivolgendosi alle società retail.
Nell’arena commerciale, la tensione si fa sempre più alta anche per altri motivi. Proprio oggi per la Corea del Sud è arrivata una notizia shock, che potrebbe avere non poche ripercussioni sulla stessa guerra valutaria che l’amministrazione Trump ha praticamente lanciato da Davos, attraverso le dichiarazioni di
Per la prima volta dal crac di Lehman Brothers, e per la quarta volta soltanto dal 1999, il Pil sudcoreano si è contratto (-0,4% su base trimestrale rispetto al +0,1% atteso). E il motivo è da ricondurre soprattutto al tonfo delle esportazioni, che sono scivolate del 5,4% su base trimestrale, al ritmo più forte dal 1985.
E’ indubbio che le autorità sudcoreane, a questo punto, alzeranno la guardia sul won sudcoreano, auspicando un suo ritracciamento affinché le esportazioni del paese tornino a crescere.
Un obiettivo che rischia, tuttavia, di rimanare sulla carta visto che, nell’affermare che il dollaro debole è piuttosto un beneficio per l’America, il segretario al Tesoro Steven Mnuchin ha innescato il tonfo della valuta Usa contro le principali valute a livello mondiale, incluso il won.
Il won è stato anzi tra le monete che più di tutte in Asia hanno guadagnato terreno, balzando fino a +1% nei confronti del biglietto verde: una performance che ha messo in allerta le autorità di Seoul che, secondo una fonte, stanno già monitorando i movimenti “eccessivi” della moneta.
Cosa farà Trump per sedare l’ira sudcoreana? C’ è da dire, tra l’altro, che sia Samsung che LG Electronics sono state finora al ‘gioco’ di Trump, visto che la prima ha iniziato a produrre le proprie lavatrici nel South Carolina, mentre la seconda sta costruendo una fabbrica in Tennessee.
Ciò significa che i due colossi, complice le agevolazioni fiscali di cui beneficeranno le multinazionali che inizieranno a spostare le attività produttive negli Usa, contribuiranno alla creazione di nuovi posti lavoro negli Stati Uniti di Trump.
Ma in una situazione in cui le esportazioni sudcoreane crollano, la notizia non è affatto positiva per Seoul, che potrebbe iniziare a temere anche che l’outsourcing possa avere sempre di più come destinazione gli Usa.
OUTSOURCING AL CONTRARIO? IL CASO INFOSYS
Con la riforma fiscale Trump, ci sarà per caso un outsourcing al contrario? Non più aziende americane che spostano le attività produttive e la forza lavoro all’estero, ma aziende asiatiche che spostano la produzione in America, creando occupazione negli States?
Presto per dirlo: ma occhio alla decisione del gigante indiano dell’outsourcing Infosys di assumere 10.000 lavoratori negli Usa entro il 2020. E all’annuncio arrivato da Davos da Ravi Kumar S, direttore generale del gruppo, che ha riferito al Washington Post di puntare sul training dei lavoratori americani e di voler ridurre la sua dipendenza da quei lavoratori qualificati stranieri che lavorano in America con il visto H-1B.
“In tutto il mondo le nazioni diventeranno sempre più improntate al nazionalismo – ha detto il dirigente – Stiamo assistendo a una sorta di narrativa contraria alla globalizzazione: e i talenti dovranno essere molto localizzati”.
Per questo, Kumar S ammette che nel corso dell’ultimo anno Infosys ha già assunto 2.500 dipendenti americani circa, attingendo per la forza lavoro principalmente dalle università e gli istituti tecnici. Infosys sta inoltre aprendo uffici nell’Indiana, nel North Carolina e nel Rhode Island. Questo, mentre sempre l’anno scorso, ha licenziato 9.000 dipendenti in India, a causa del fenomeno dell’automazione.