May sopravvive a mozione sfiducia, Corbyn parla di ‘governo zombie’. E più di 170 imprenditori premono per secondo referendum
Theresa May ce la fa, la Camera dei Comuni boccia la mozione di sfiducia presentata contro il suo governo dal leader del Partito laburista Jeremy Corbyn: 325 i voti della Camera dei Comuni contrari, rispetto a 306 favorevoli.
La premier conferma così che il suo governo continuerà a lavorare per assicurare la realizzazione della Brexit e aggiunge che è suo dovere trovare il modo di ottenere l’approvazione del Parlamento alla proposta sui termini del divorzio affossata due giorni fa, frutto di un accordo con l’Unione europea.
Non che ci sia molto per cui brindare. La situazione in cui versa il Regno Unito è di caos politico, e il futuro della Brexit è sempre più incerto.
Dopo il voto sulla mozione di sfiducia, May ha esortato i politici di tutti i partiti a “mettere da parte gli interessi personali” e ha promesso di intavolare trattative con i parlamentari affrontando il “range più ampio possibile di opinioni” sul da farsi.
La premier ha precisato di essere “rimasta delusa in merito alla decisione di Corbyn di non aver partecipato, stasera, alle trattative”, ma ha precisato che “la porta rimane aperta”.
Rivolgendosi ai parlamentari, la leader dei Tory ha sottolineato: “Non sarà un compito facile, ma i parlamentari sanno che hanno il dovere di agire nell’interesse nazionale, raggiungere un accordo e concluderlo”.
Dal canto suo, il leader laburista Corbyn ha accusato la premier di guidare “un governo zombie”: “E’ chiaro che questo governo non è capace di aggiudicarsi il sostegno al piano che riguarda la questione più vitale che questo paese affronta. Il primo ministro ha perso il controllo e il governo ha perso la capacità di governare”.
Ancora più dure le parole del vice di Corbyn Tom Watson:
“Non ci sono dubbi sul fatto che la sua determinazione (della premier), che generalmente è una qualità ammirevole, possa, se manifestata nel modo errato, essere tossica. E la verità più crudele di tutto ciò è che (May) non possiede le necessarie competenze politiche, l’empatia, l’abilità e, fattore ancora più cruciale, la politica, per governare questo paese”.
La data della realizzazione della Brexit, prevista per il prossimo 29 marzo, si fa intanto più lontana e, a tal proposito, il Times riporta inoltre alcune indiscrezioni, secondo cui più di 170 leader di aziende britanniche avrebbero deciso di lanciare una campagna a favore del secondo referendum.
Gli imprenditori chiedono ai leader di entrambi i principali partiti – Tory e Labour – di sostenere a Westminster la possibilità di procedere a un secondo referendum.
Tra i 172 firmatari, ci sono anche il designer Terence Conran e Norman Foster, l’architetto del grattacelo Gherkin della City di Londra, così come – riporta il Guardian – l’architetto Sir David Chipperfield, lo scienziato Paul Nurse e l’ex presidente di BT, Mike Rake. In totale, si tratta di imprenditori che contribuiscono ogni anno all’economia del Regno Unito per più di 100 miliardi di sterline.
Un secondo referendum, a loro avviso, dovrebbe avere per oggetto l’accordo finale sulla Brexit. Gli imprenditori partono dall’assunto secondo cui a esprimersi sull’accordo che Theresa May e l’Ue hanno raggiunto sui termini del divorzio, dovrebbe essere direttamente il popolo, bypassando il Parlamento. L’allarme è che un accordo sulla Brexit fatto male o, peggio, un ‘no-deal Brexit’, potrebbe danneggiare l’economia britannica.
Così si legge nella lettera:
“L’unico modo possibile per gestire questa situazione è di chiedere direttamente al popolo britannico se desidera lasciare ancora l’Unione europea. Con il tempo che sta per scadere, i politici non devono sprecare più tempo a indugiare sulle fantasie. Lanciamo un appello ai leader di entrambi i principali partiti affinché sostengano il voto del popolo”.