Recovery Fund: in Europa si litiga, per i quattro paesi frugali è inaccettabile. E scoppia pure bomba Centeno
Riunione Ecofin dall’esito disastroso, resa più tesa anche dalla notizia bomba relativa alla decisione di Mario Centeno di lasciare in via anticipata la carica di numero uno dell’Eurogruppo, nel bel mezzo delle trattative europee sul Recovery Fund, di per sé già difficili.
Che si parli di Recovery Fund o di Next Generation EU, come l’ha battezzato la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, il risultato non cambia: il fondo, concepito per sostenere le economie europee più colpite dalla pandemia del coronavirus COVID-19- Italia in primis -è l’ennesimo e nuovo Pomo della discordia annidatosi nel cuore dell’Ue.
Stavolta, a mettere i bastoni tra le ruote dei paesi del Sud, non è la Germania di Angela Merkel, che ha invece dato prova di grande e sorprendente generosità, presentando con il numero uno dell’Eliseo Emmanuel Macron una proposta di aiuti da 500 miliardi di euro, ma il fronte dei paesi frugali, o anche rigoristi, composto da Austria, Olanda, Danimarca e Svezia.
Paesi di per sé piccoli, ma che contano eccome se si considera che il sì al fondo per la ripresa deve provenire da tutti i 27 paesi dell’Unione. Il fronte tra l’altro è destinato a crescere, visto che ora, contro l’ipotesi di erogare stanziamenti a fondo perduto, ci si mette anche Budapest.
Così il ministro delle Finanze dell’Ungheria, Mihaly Varga, in un video postato sulla sua pagina Facebook:
“Nella sua forma attuale, il Recovery Fund è ingiusto nei confronti dell’Ungheria perché in sostanza è stato creato su misura per aiutare gli Stati membri del Sud”, mentre invece “l’Ue deve agire in maniera equa e proporzionata per mitigare il danno” economico “causato dalla pandemia”. Il piano Ue “potrebbe comportare un onere aggiuntivo per le economie più piccole e meno sviluppate”, ha aggiunto Varga.
Il riferimento è al piano Recovery Fund presentato dalla Commissione europea, su cui i leader stanno lavorando, il “Next Generation EU” per l’appunto, che vale 750 miliardi di euro, e che prevede prestiti ma anche sovvenzioni, dunque finanziamenti che non vanno restituiti, con la fetta più grande che spetterebbe all’Italia..
Tra l’altro sulla cifra 750 miliardi storce il naso anche la Germania, con il ministro delle Finanze Olaf Scholz che si fa sponsor della proposta Merkel-Macron che vale non 750 miliardi ma 500 miliardi di euro, dunque una somma chiaramente minore.
Il ministro dell’economia Roberto Gualtieri insiste invece sulla proposta della Commissione Ue:
“l’Italia sostiene un Recovery plan ambizioso e rivolto al futuro. La proposta della Commissione è un compromesso equilibrato e non deve essere ridimensionata. Adesso al lavoro su investimenti e riforme”, scrive su Twitter.
Ma di aiuti, sovvenzioni, stanziamenti a fondo perduto, e non di prestiti, l’Austria non ne vuole proprio sentir parlare, tanto che, a margine dell’Ecofin, il ministro delle Finanze austriaco, Gernot Blümel, sbotta: “Il pacchetto complessivo non è accettabile per noi in termini di volume, ma anche in termini di contenuto. Oggi dobbiamo sapere come e da chi verrà rimborsato il debito” che nascerà dalle “sovvenzioni” e, in ogni caso, la proposta di erogare soprattutto aiuti è “una valutazione sicuramente sbagliata” da parte di Bruxelles.
Il tutto ora si complica con le dimissioni di Mario Centeno, numero uno dell’Eurogruppo. Ministro delle finanze del Portogallo, Centeno si è dimesso anche dal governo lusitano, dopo un periodo di tensioni con il primo ministro António Costa. Il suo posto sarà preso dal segretario di stato per il budget João Leão. In Europa, per la carica da lui ricoperta finora, si fanno già i nomi di alcuni candidati.
L’annuncio delle sue dimissioni è arrivato ieri, martedì 9 giugno, ed è stato seguito dalla notizie dell’insediamento di Leao nelle vesti di ministro delle finanze del Portogallo il prossimo 15 giugno. Nessuna motivazione ufficiale è stata data da Centeno, che finora ha moderato le trattative tra i ministri delle finanze dell’Eurozona, indossando le vesti di presidente dell’Eurogruppo.
“La mia carica come presidente dell’Eurogruppo scade il 13 luglio del 2020. Giovedì (11 giugno) informerò i miei colleghi dell’Eurogruppo della mia decisione di non ripresentarmi per un secondo mandato”, si legge nel post su Twitter con cui ha annunciato le dimissioni.
Ribattezzato, come ricorda un articolo di Reuters, come il “Ronaldo delle finanze”, Centeno è riuscito a far scendere il debito pubblico del Portogallo di ben 14 punti percentuali al 117,7%, nell’arco degli ultimi quattro anni, azzerando il deficit fino a consentire al paese di agguantare un surplus dello 0,2% del quarto trimestre del 2019.
Tuttavia, le manovre per rimettere a posto i conti pubblici sono state compensate dal calo degli investimenti pubblici che, secondo gli esperti, ha lasciato fragile l’infrastruttura economica e sociale del Portogallo.
Tutto questo, mentre il lavoro di Centeno viene spazzato dagli effetti della crisi pandemica del Covid, visto che, dopo aver riportato il primo surplus in 45 anni, il Portogallo vedrà volare il deficit fino al 6,3% del Pil, nel 2020, a fronte di un debito che, come ha detto lo stesso Centeno, è atteso schizzare al 134,4% del Pil dal 117,7% del 2019, superiore anche al precedente picco del 132,94%, testato all’apice della crisi compresa tra il 2011 e il 2014.
Le stime del governo sul Pil sono di una contrazione del 6,9%, rispetto al -8% stimato dal Fondo Monetario Internazionale.