Russia: per S&P è in default selettivo, Mosca costretta a cancellare le aste dei titoli di stato del 2022
Per S&P la Russia di Vladimir Putin è già in default: l’agenzia ha emesso infatti sul debito pubblico del paese un rating “selective default”, dopo che il Cremlino ha annunciato la scorsa settimana di aver rimborsato il debito dovuto ai titolari stranieri dei bond sovrani russi, di un valore di 650 milioni di dollari circa, in rubli.
Mosca è stata costretta a effettuare il versamento di quanto dovuto in rubli (e non in dollari, in base a quanto stabilito), a causa della decisione del Tesoro americano di vietare l’accesso ai fondi della Russia depositati nei conti delle banche americane, dopo averlo consentito nelle settimane precedenti.
Risultato: la stessa JP Morgan, banca che aveva provveduto a gestire i precedenti pagamenti russi agli obbligazionisti, inviando i dollari del Cremlino a un agente che aveva poi versato le cifre ai detentori dei bond russi, è stata stoppata dal Tesoro.
L’obiettivo di Washington è costringere Mosca a scegliere se accedere alle riserve in dollari presenti in Russia per evitare il default o se utilizzare i fondi per continuare a finanziare la guerra, in sintesi quello di costringere Mosca a ridurre le spese per il finanziamento della guerra in Ucraina.
Con il divieto di accesso ai dollari stabilito deciso dall’amministrazione di Joe Biden, il ministero delle Finanze russo ha annunciato di conseguenza il pagamento in rubli di quanto dovuto ai detentori di due eurobond con scadenza nel 2022 e nel 2042 denominati in dollari. Il dicastero, ha riportato Reuters, ha motivato il pagamento con la valuta nazionale in quanto “una banca straniera si è rifiutata di procedere all’ordine di versare 649 milioni di dollari ai titolari del debito sovrano”.
Per S&P Global si tratta già di un default selettivo, visto che gli investitori detentori dei titoli di stato russi, nel convertire i pagamenti ricevuti in rubli in dollari Usa, molto probabilmente non riusciranno a ottenere la stessa somma a loro dovuta da Mosca: fattore che equivale, per l’appunto, a un default, che sarebbe ufficiale una volta trascorso il periodo di grazia di 30 giorni.
Si tratterebbe il primo default della Russia su un debito contratto in moneta straniera in più di un secolo: l’ultimo default avvenne con la rivoluzione bolscevica del 1917, quando nacque l’Unione sovietica.
Verso la fine degli anni ’90, Mosca aveva fatto sì default sul debito denominato in rubli ma non sui titoli di stato denominati in valute estere.
Il Cremlino non ha tuttavia alcuna intenzione di alzare bandiera bianca, né pronto ad ammettere la sconfitta, visto che proprio ieri ha dato la notizia dell’aumento delle riserve del governo di 273,4 miliardi di rubli (l’equivalente di $3,2 miliardi), grazie alle entrate che ha incassato con le vendite di petrolio e gas (quel petrolio e gas che l’Europa continua ad acquistare). I fondi, ha annunciato Mosca in un comunicato, verranno utilizzati “per varare misure volte ad assicurare la stabilità dell’economia a fronte delle sanzioni straniere”. L’aumento delle riserve, si legge ancora, avverrà attraverso il “fatturato aggiuntivo derivante dalle vendite di petrolio e gas del primo trimestre del 2022“.
S&P è comunque scettica a priori, tanto da aver scritto nella sua nota di non credere che il Cremlino riuscirà a convertire in dollari i pagamenti già effettuati agli obbligazionisti in rubli (il default non è stato ancora annunciato, in quanto a Mosca è stato concesso un periodo di grazia di 30 giorni).
“E’ probabile che le sanzioni contro la Russia verranno ulteriormente aumentate nelle prossime settimane, ostacolando la volontà e le capacità tecniche della Russia di onorare i termini e le condizioni dei suoi obblighi ai detentori del suo debito estero”, ha scritto l’agenzia di rating.
Il default della Russia viene considerato “quasi sicuro” da Mitu Gulati, professore di diritto specializzato nei debiti sovrani presso l’Università di Virginia, intervistato dal sito Quartz. Ed è praticamente sicuro di un default di Mosca il mercato, visto che la scorsa settimana dal trend dei cds (credit default swap), costo per assicursi contro il rischio di un default, è emersa una probabilità di un default russo pari al 99%.
Allo stesso tempo, viene data ormai come praticamente sicura una recessione dell’economia russa – , messa al bando dal mondo intero (o quasi).
Il Cremlino avrebbe intanto deciso che non ci sarà alcuna asta di titoli di stato russi, fino alla fine del 2022, a causa dei costi proibitivi. Lo riporta Bloomberg, facendo riferimento alle dichiarazioni che, stando al quotidiano russo Izvestia, il ministro delle Finanze russo Anton Siluanov ha rilasciato:
“Non abbiamo intenzione di andare sul mercato locale o sui mercati esteri, quest’anno – ha detto Siluanov al quotidiano – Non ha senso, visto che i costi di finanziamento sarebbero cosmici”.
Intervistato da Bloomberg Todd Schubert, responsabile della divisione di reddito fisso di Bank of Singapore, ha però rimarcato come i conti pubblici della Russia siano ancora solidi:
“Considerata la combinazione tra una posizione finanziaria solida e l’abilità di generare ancora un fatturato notevole grazie alle vendite di idrocarburi, il governo ha la flessibilità di astenersi dai mercati dei debiti pubblici nel prossimo futuro”. Carl Wong, responsabile della divisione di reddito fisso presso Avenue Asset Management, ha fatto invece notare che “il punto non è se la Russia scelga o meno di emettere bond, il punto è se possa farlo o meno. Viste le circostanze, semplicemente il mercato, per una qualsiasi emissione primaria (del debito sovrano russo), non c’è”.
Detto questo, da un punto di vista legale e in teoria, sempre l’articolo di Quartz sottolinea che il Cremlino potrebbe contestare il default, nel caso in cui l’evento si verificasse, adducendo come motivazione la presunta sopravvenuta impossibilità di adempiere ai suoi obblighi .
Gulati fa notare tuttavia che, quando la sopravvenuta impossibilità è dovuta a una guerra, di norma il paese che fa richiesta di essere esonerato dal pagamento di un debito e dal conseguente default non è certo quello che ha provocato il conflitto, ma quello che è stato attaccato.
Certo, Mosca potrebbe replicare che sono state le sanzioni, e non la guerra, a rendere impossibile il rimborso di quanto dovuto agli obbligazionisti. Ma è improbabile che la sua posizione possa venire sostenuta da un qualsiasi tribunale occidentale.