Sbandata governo Truss: e ora nel Regno Unito il timore è di diventare come l’Italia
Regno Unito come Italia. O, anche, UK la nuova Italia dell’Europa grazie al caos provocato dal governo di Liz Truss. Stando ai titoli di alcuni articoli pubblicati sui giornali del Regno Unito, il paragone tra Londra e Roma è ormai frequente. “Britain’s transformation into the new Italy is now almost complete“, ovvero “Ora la trasformazione della Gran Bretagna verso la nuova Italia è quasi completa”, scrive sul Telegrah Matthew Lynn, autore anche di diversi articoli ed editoriali pubblicati su WSJ Marketwatch, The Spectator, Money Week, così come anche sul Sunday Times e Bloomberg. Tra i suoi libri vanno ricordati “Bust: Greece, The Euro and The Sovereign Debt Crisis” e “The Long Depression: The Slump of 2008 to 2031″.
Il paragone con l’Italia è stato fatto anche dall’ex vice governatore della Bank of England, Charles Bean, che ha detto chiaramente che il Regno Unito non può essere più paragonato alle economie di Stati Uniti e Germania aggiungendo che, a suo avviso, ormai i creditori vedono l’economia britannica più simile a quelle di Grecia e Italia, “grazie al caos scatenato da Liz Truss”, con quelle promesse facili di tagli alle tasse troppo importanti per essere veri.
E infatti il Regno Unito sta riempiendo le pagine di cronaca dei quotidiani e dei magazine non solo di economia e di finanza, ma anche generalisti, proprio per la figura a dir poco vergognosa che ha appena fatto l’appena insediatosi nuovo esecutivo di Liz Truss.
In un’intervista a Sky Sir Charles ha fatto il nome dell’ex Cancelliere dello Scacchiere Kwasi Kwarteng, praticamente cacciato dal governo e sostituito prontamente con Jeremy Hunt, e della premier britannica Liz Truss, parlando di “piano di crescita” disastroso, in riferimento alla sforbiciata alle tasse più imponente degli ultimi anni annunciata in pompa magna tre settimane fa.
Sono stati i mercati stessi a costringere Truss a un imbarazzante dietrofront, certificato ieri dallo stesso neo ministro delle finanze Hunt, che ha praticamente stralciato quasi tutti i tagli alle tasse precedentemente decisi dall’esecutivo. Tagli alle tasse che sarebbero avvenuti senza alcuna copertura, facendo dunque debito, per un valore di 43 miliardi di sterline. Roba, secondo alcuni stessi quotidiani UK, più da Italia che da Regno Unito.
Nel commentare la fiammata dei rendimenti dei Gilt (i titoli di stato UK), scatenata dall’annuncio di quelle misure ormai per lo più defunte, l’ex numero due della Bank of England ha ammesso la presenza di forze esterne che stanno colpendo in generale i mercati globali, facendo impennare i tassi di interesse e i costi di finanziamento di tutto il mondo.
“Tre quarti (di questo fenomeno), due terzi, forse, dipendono dal mondo e da quanto sta accadendo in Ucraina, ma il resto è un fenomeno specifico del Regno Unito, che si è sviluppato in particolare dal lancio del mini budget. Il punto – ha aggiunto – è che siamo passati dal non essere molto diversi dagli Stati Uniti o dalla Germania, in termini di paesi a cui erogare prestiti, ad assomigliare più all’Italia e alla Grecia”.
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Telegraph: UK come Italia con alto debito e governi vicini al collasso
Una doppia stoccata all’Italia e al Regno Unito è arrivata con l’articolo pubblicato sul Telegraph che, pur riconoscendo qualche aspetto positivo dell’Italia, ha posto l’accento sull’immobilismo del paese, e su una politica incapace di imprimere una vera svolta pro-crescita:
“Nessuno dei molti governi italiani che si sono succeduti nell’arco degli ultimi 20 anni ha esagerato in modo particolare. Di fatto, nella maggior parte di quegli anni il paese è stato governato da tecnocrati che sono stati imposti a Roma dall’Unione europea (il primo Mario Monti e, più di recente, il presidente del Consiglio Mario Draghi)”. Inoltre, ha precisato il quotidiano UK, “per la maggior parte del tempo, l’Italia ha presentato un avanzo primario, così come definito dagli economisti, il che significa che le entrate fiscali sono state più che sufficienti a coprire le spese correnti, escludendo i rimborsi dei debiti e gli investimenti”.
Detto questo, “quando un paese non riesce a crescere, quando fa fronte a un invecchiamento costante della popolazione, quando ogni governo è una coalizione di fazioni tra di loro in guerra, ed è dunque costantemente sull’orlo del collasso, ansando avanti di settimana in settimana con la promessa di spendere di più, allora il peso del debito, semplicemente, sale, e sale senza che si veda la fine”. “L’Italia è destinata a questa via, e nessuno sa più davvero come riuscire a far scendere il debito”.
Dal canto suo, “il Regno Unito sta per intraprendere lo stesso cammino”. E “non importa quanto duramente i governi cerchino di controllare la spesa: il rapporto tra debito e Pil sembra destinato a superare la barriera del 100% molto presto. Entro il 2030, il ratio (debito-Pil UK) potrebbe arrivare al 130% o al 140% e, peggio di tutto, così come nel caso dell’Italia, non avremo molto da mostrare a fronte di tutte quelle spese extra”.
Il Telegraph ha ripercorso la storia degli ultimi governi che hanno preso il potere in Italia: tutti frutto di movimenti politici che hanno promesso di rilanciare la crescita e l’economia: quello di Silvio Berlusconi, “l’imprenditore più di successo in Italia”; quello di Matteo Renzi, “descritto da molti opinionisti come il Tony Blair italiano”, e più recentemente quello di Mario Draghi, “ex presidente della Bce che è riuscito ad assicurarsi dal resto dell’Unione europea 100 miliardi di euro per far ripartire finalmente l’economia, appena due anni fa”. Ognuna di queste “rivoluzioni si è spenta molto velocemente”.
E ora, “assistiamo a qualcosa di molto simile nel Regno Unito. Il partito laburista aveva promesso di cambiare tutto. I nuovi conservatori di David Cameron avevano detto che avrebbero combinato il liberalismo sociale con manovre economiche pro-crescita”.
Poi c’è stata, si legge ancora nell’articolo del Telegraph, la Brexit (non espressamente citata):
“lasciare l’Ue avrebbe rimesso in moto la crescita, il ‘big state Torysm” dell’ex premier Johnson avrebbe fatto crescere le regioni e il Trussonomics avrebbe liberato l’impresa”.
Governi che sono nati come funghi, praticamente, e che si sono poi dissolti in un arco di tempo sempre troppo breve per consentire l’attuazione delle riforme promesse.
In questo contesto, ha sottolineato Matthew Lynn, “diventare ora come l’Italia è, in verità, una prospettiva fosca. Di tutti i paesi del G20, è quello senza alcun dubbio che meno si vorrebbe imitare. E’ (un paese) che ha bloccato la crescita, poche sono le nuove aziende di cui si è sentito parlare”, ed è un paese, anche, “che ha poche ambizioni al di là di quella di tenere sotto controllo i debiti”. Tanto che, in Italia “i giovani migliori e più brillanti scelgono sempre di più di fare carriera da un’altra parte”. “Scioccante” che, “nell’arco dell’ultimo decennio, 182.000 laureati abbiano lasciato il paese”: e “il numero sta accelerando”.
Telegraph su Meloni e fascismo. Italia paese ingovernabile
L’articolo finisce con il parlare di “Giorgia Meloni, la presidente del Consiglio in arrivo”, che ha “le sue radici politiche nel movimento fascista” e “difficilmente questo è un segnale di una democrazia in buono stato di salute o di una società in pace con se stessa”, per quanto Meloni “cerchi di reinventarsi”. Ora, è vero che “nel Regno Unito non c’è alcuna storia di fascismo di cui parlare”.
Ma “quando un paese diventa sempre più povero, la sua politica diventa più volatile, e sempre più estrema. Potremmo dire che da noi non potrebbe accadere e, in tutta onesta, forse non accadrà. E, tuttavia 30 o 40 anni fa (riferimento a quando l’Italia diventò la quarta potenza industriale del mondo, davanti alla Francia e alla Gran Bretagna), quando l’Italia celebrò il fatto di aver superato il Regno Unito, nessuno avrebbe pensato0 che sarebbe diventata un paese nel caos, con una crescita pari a zero, e un paese stagnante e ingovernabile”.
Eppure è successo.
“Così come, fino a qualche anno fa, nessuno avrebbe potuto prevedere il destino del Regno Unito (Brexit). E infatti, lasciare l’Unione europea, almeno in parte, è stato proprio per evitare quella trappola. Ora, tuttavia, sembra che stia accadendo proprio questo. Non avremo il sole, il cibo, le case di moda stylish ma, sotto ogni altro punto di vista, la metamorfosi del Regno Unito (verso l’Italia) è in atto”.
UK: il disastro Truss e il dietrofront imbarazzante
Imponente nelle ultime settimane è stata la fuga degli investitori globali dai bond UK, a conferma di come l’ansia di fare deficit e debito si traduca in un crollo della fiducia verso i titoli di stato, stracciandone il valore, a fronte di una impennata dei tassi (che rende per il governo di riferimento più onerosa la spesa per gli interessi).
Il panico tassi UK è esploso con l’annuncio del maxi taglio alle tasse da parte del governo di Liz Truss, arrivato alla fine di settembre, con l’ansia dei mercati che non ci ha messo molto per contagiare anche Wall Street, i Treasuries, l’azionario e l’obbligazionario di tutto il mondo: un vero e proprio disastro, che la banca centrale del Regno Unito, Bank of England, riusciva dopo qualche giorno a tamponare con un intervento sui mercati, fermando i sell off scatenati sui bond gilt .
Ma la fiducia verso la carta made in UK era stata comunque intaccata.
Di qui, la decisione del governo Truss di fare marcia indietro, chiedendo alla fine la testa di Kwasi Kwarteng, a cui, alla fine è stato dato il benservito.
Ieri, le parole del neo Cancelliere Jeremy Hunt, che ha messo con le spalle al muro la politica fiscale ultra-espansiva di Liz Truss. Hunt ha anche ridotto in modo significativo gli aiuti promessi da Truss contro il caro bollette e il caro energia, motivando quest’ultima decisione con il principio secondo cui non sarebbe responsabile da parte del governo esporre le finanze pubbliche alla volatilità illimitata dei prezzi del gas.
La reazione positiva della sterlina e dei Gilt ha confermato una verità inequivocabile: ovvero che i mercati tendono a punire l’irresponsabilità fiscale, premiando invece tutte quelle decisioni che cercano di porre un argine all’ampliamento eccessivo del deficit e del debito.
In queste ultime settimane, in attesa del governo Meloni, e sulla scia delle dichiarazioni pro-deficit del leader della Lega Matteo Salvini, anche in Italia i paragoni con il Regno Unito si sono sprecati.
Il disastro Truss è stato visto come un monito per l’Italia che sarà capitanata dal centro destra.
Sia l’Italia che il Regno Unito hanno ricevuto diverse strigliate anche dai cosiddetti guardiani dello spread, ovvero dalle agenzie di rating, con Moody’s che ha avvisato il governo Meloni, riaccedendo la febbre sullo spread BTP-Bund nell’agitare la minaccia del rating junk, e Fitch che ha direttamente punito la sbandata fiscale del governo UK di Liz Truss.