Tasso crescita shock previsto dall’Fmi: merito petrolio, Pil di quest’economia farà +86% nel 2020
Ha una popolazione di appena 780.000 persone, ma un potenziale di ricchezza enorme, soprattutto in vista del grande evento previsto per il prossimo mese quando questo piccolo paese sudamericano, che confina con il Brasile, la Repubblica del Suriname e il Venezuela, inizierà a produrre petrolio. E’ il Guyana che, secondo il Fondo Monetario Internazionale, riporterà l’anno prossimo una crescita del Pil di ben +86%, rispetto al comunque già più che dignitoso +4,4% atteso per quest’anno.
Con un prodotto interno lordo che, su base annua, si attesta appena a 4 miliardi di dollari, l’economia del paese è pari a un decimo del Pil del Vermont. Ma, secondo l’Fmi, arriverà a valere fino a $15 miliardi entro il 2024.
La notizia del ritmo di espansione che, a ben ragione, si può definire stratosferico, sta facendo il giro del mondo: un rialzo del Pil dell’86% è 14 volte il tasso di crescita della Cina, e diventerà realtà grazie alla scoperta di giacimenti di petrolio offshore avvenuta nel 2015.
A scoprire quella che, secondo diversi analisti, diventerà una vera e propria miniera d’oro per il paese, è stato il colosso americano petrolifero Exxon Mobil.
Al momento, la Guyana non produce ancora petrolio crude mentre, come si sa, il Venezuela, con cui confina, detiene le riserve di petrolio più grandi al mondo; fattore che contribuisce, tra l’altro, al paradosso venezuelano: quello di un paese che galleggia sul petrolio e che proprio di recente è caduto vittima di una grave crisi economica, che ha portato il 94% della popolazione (dati del Piano di Risposta per Migranti e Rifugiati -RMRP-), circa 30 milioni di persone, a vivere in uno stato di insicurezza alimentare).
Tra le notizie più recenti che interessano Caracas, l’aiuto di Mosca per un valore di 315 milioni di dollari.
La storia del Guyana sarà diversa? Intanto, si sa che Exxon Mobil inizierà a pompare petrolio dal suo primo pozzo il prossimo mese, e che entro il 2025 il paese produrrà almeno 750.000 barili al giorno.
Tra gli altri colossi petroliferi che stanno guardando con interesse alla ricchezza di risorse dell’economia, figurano Total SA, Tullow Oil Plc e Repsol SA, tutti intenzionati ad avviare operazioni di estrazione dell’oro nero. Il governo di Georgetown prevede di assicurarsi, all’inizio, entrate per un valore di 300 milioni di dollari l’anno, grazie alla condivisione dei profitti e alle royalties petrolifere; la somma è destinata più che a raddoppiare, dopo che, attorno al 2022, anche il secondo giacimento offshore inizierà a produrre petrolio.
Gli introiti, ha spiegato il ministro dell’economia Winston Jordan, saranno convogliati in modo diretto nel fondo sovrano che la Guyana ha creato quest’anno, che sarà utilizzato alla stregua di un salvadanaio di Stato: in questo fondo, andranno a confluire i risparmi “inter-generazionali” che serviranno a proteggere il paese dalle oscillazioni del prezzo del petrolio. Le somme raccolte saranno utilizzate, inoltre, per sovvenzionare lo sviluppo di altri piani, come la costruzione di autostrade che collegheranno i centri cittadini dislocati sulla costa all’interno del paese scarsamente abitato, che è ricco di risorse minerarie di oro, diamenti e bauxite.
L’FMI ha calcolato che per la Guyana la vera manna dal cielo (anzi, si può dire dalle profondità del mare) arriverà dal petrolio, che inciderà sulla sua economia, entro i prossimi cinque anni, per il 40% circa.