Treasury, investitori esteri comprano meno bond. Gli Usa di Trump sempre più ostaggio della Cina
Nuova asta di Treasury negli Stati Uniti, ennesimo record per i tassi. Dopo i $179 miliardi di titoli di stato che il Tesoro Usa ha collocato l’altro ieri, a essere immessi sul mercato sono stati $35 miliardi di Treasury a cinque anni. Il tasso è salito al 2,658%, al record dal dicembre del 2009, a fronte di un bid-to-cover che è sceso a 2,44, al di sotto della media a sei mesi.
I mercati avevano acceso il faro anche sul bid-to-cover dei Treasury a quattro settimane offerti due giorni fa, che hanno alimentato i timori sulla debolezza della domanda dei titoli di stato americani, visto che il bid-to-cover è precipitato al minimo dal 2008.
Tuttavia, anche a fronte del calo del bid-to-cover, la domanda per i Treasury a cinque anni è stata considerata dagli operatori positiva.
Intervistato da Reuters, Justin Lederer, analista di Cantor Fitzgerald di New York, ha fatto notare che “nel complesso l’asta è andata piuttosto bene“.
In particolare, gli acquisti diretti provenienti dalle grandi istituzioni finanziarie che acquistano Treasuries direttamente dal governo, sono stati pari al 12,7%, ovvero al record dall’agosto del 2017.
I dealer hanno acquistato un pacchetto pari al 29,3%, un valore appena inferiore alla media delle ultime quattro aste, mentre gli acquisti indiretti di Treasuries effettuati da investitori che utilizzano il canale degli intermediari, sono stati appena il 58% del totale, il minimo dall’aprile del 2017.
Proprio tale trend potrebbe indicare una domanda di bond Usa più debole da parte degli investitori stranieri.
E, visto che le banche straniere sono un buyer significativo di Treasury Usa, un qualsiasi eventuale calo di questa domanda avrebbe ovviamente un impatto sulla capacità di raccolta di finanziamenti degli Stati Uniti.
A tal proposito, Aaron Kohli, strategist dei tassi di interesse presso BMO Capital Markets di New York, ha ammesso che la domanda indiretta è stata piuttosto debole.
“Stiamo notando alcuni flussi in uscita da parte degli investitori giapponesi, probabilmente a causa della difficoltà a fare hedging sull’esposizione…La vera forza è arrivata dai buyer diretti, che definirei come i grandi gestori di fondi domestici”.
In un anno in cui il Tesoro Usa si prepara a inondare il mercato di Treasury per finanziare il massiccio taglio alle tasse lanciato dall’amministrazione Trump attraverso la riforma fiscale, il timore è che gli Stati Uniti, alle prese con un debito sempre più in crescita, siano costretti a dover pagare rendimenti sempre più alti per attrarre l’attenzione degli investitori.
Washington sta inoltre inimicandosi Pechino, con il presidente Trump che sta considerando di imporre ulteriori dazi punitivi contro i beni cinesi che arrivano sul mercato Usa: una mossa che viene considerata rischiosa, se non avventata, visto che la Cina è il principale detentore dei Treasury.
Negli ultimi mesi, il paese ha continuato ad acquistare bond Usa, tanto che, nel corso dell’intero 2017, i titoli di stato Usa detenuti dal paese sono saliti del 13%, fino a $1,18 trilioni.
Gli acquisti di Pechino sono quanto mai necessari all’America di Trump, se si considera che il debito federale è atteso in crescita di ben $1,5 trilioni a causa degli effetti della riforma fiscale, e in più si stima un incremento delle spese governative pari a quasi $300 miliardi nel corso dei prossimi due anni.
Il bisogno di Washington di rimpinguare le sue casse è tutto nei numeri: le emissioni totali di Treasury previste per la settimana in corso ammontano a $258 miliardi, il secondo ammontare più elevato nell’arco di tre giorni, inferiore di appena $1 miliardo al record testato nell’agosto del 2010. E sarebbe solo l’inizio, con Washington pronta a lanciare nel corso di quest’anno, secondo le stime che erano state diffuse da JP Morgan Chase a dicembre, emissioni nette per un valore di $1,3 trilioni, al record dal 2010.
Il debito federale degli Stati Uniti si aggira attorno ai $20 trilioni.