Trump: con dazi doganali isola l’America First dagli alleati. Proprio in vista dell’incontro con Kim Jong-un
Mercati, geopolitica e commercio globale nelle mani di Donald Trump, dopo le notizie delle ultime ore. Da un lato, come previsto, il presidente americano ha firmato due proclamazioni presidenziali, dando il via a dazi doganali del 25% sulle importazioni Usa di acciaio e del 10% su quelle di alluminio. Così facendo, Trump ha aggiunto un altro tassello alla nuova era dell‘America First, America al primo posto, slogan su cui si stanno incentrando tutte le sue decisioni di politica economica.
Dall’altro lato, in queste ore, il mondo intero guarda alla decisione di Trump di incontrare il leader della Corea del Nord, Kim Jong-un, in un summit che dovrebbe tenersi entro il mese di maggio.
Una grande notizia per la scacchiera geopolitica globale, che innesca aspettative in un mondo che era ormai abituato agli insulti in stile botta e risposta tra i due leader mondiali e che, soprattutto, temeva l’esplosione di una guerra nucleare.
La notizia arriva tuttavia proprio nel momento in cui Trump dà seguito alle sue minacce commerciali, rendendo esecutiva l’imposizione di dazi contro quelli che sono i suoi alleati.
Non ha potuto fare a meno di notarlo lo stesso Mario Draghi, presidente della Bce che, nella giornata di ieri, in occasione della conferenza stampa successiva alla decisione dei tassi comunicata dalla banca centrale, ha detto:
Se si arriva a “imporre dazi doganali ai propri alleati, viene da chiedersi chi siano i nemici”.
Il punto è proprio questo: ora più che mai, nell’arena geopolitica, Trump ha bisogno dei suoi alleati e in particolare della Cina, vicina a Pyongyang.
Per ora, si sa che Pechino ha accolto con favore l’annuncio del summit tra Trump e Kim, parlando di segnali positivi.
Ma certo la Cina non è impermeabile all‘attacco commerciale lanciato da Washington, e di certo non si farà colpire dai dazi di Trump senza reagire. Insieme ad altri paesi esportatori dell’Asia, il paese sta già reagendo con rabbia alla firma che il presidente ha apposto ieri, e che rende operativi i dazi tra 15 giorni.
Il Ministro del Commercio ha confermato che la Cina – che produce la metà di tutto l’acciaio del mondo -, valuterà qualsiasi danno provocato dal protezionismo di Trump, e che” difenderà in modo fermo i suoi interessi e i suoi diritti legittimi”. Il ministro ha aggiunto che le tariffe “avranno un impatto grave sul normale ordine del commercio globale”.
Dal canto suo, così ieri Trump, nell’apporre la firma alle proclamazioni presidenziali:
“Un’industria di alluminio e di acciaio forte è cruciale per la nostra sicurezza nazionale. Se non hai acciaio, non hai un paese”.
La Casa Bianca ha dato tuttavia alle nazioni l’opportunità di presentare le ragioni per cui dovrebbero/potrebbero essere esentate dai dazi e, nella notte, l’Unione europea, il Brasile, la Corea del Sud, il Giappone, l’Argentina hanno reso nota l’intenzione di fare il possibile per essere risparmiate dalle misure.
Messico e Canada sono stati già esentati dai dazi, in vista di nuove trattative sul Nafta.
La tensione commerciale è in ogni caso alle stelle, e la decisione di colpire gli alleati non è certo la migliore in vista del summit con la Corea del Nord.
SUMMIT TRUMP-KIM: LA PIU’ GRANDE SCOMMESSA DELLA PRESIDENZA TRUMP?
La notizia dell’incontro è stata resa nota da Chung Eui-yong, responsabile della Sicurezza nazionale della Corea del Sud. Si parla addirittura di una missiva di Kim che una delegazione sudcoreana avrebbe consegnato a mano a Trump nella giornata di ieri.
Ma quest’ultima indiscrezione è stata smentita da Reuters, che puntualizza che non tanto di lettera formale o invito si tratti, quanto di un messaggio verbale tra Chung e Trump su un eventuale incontro con Kim.
La possibilità di un incontro è stata confermata comunque dalla Casa Bianca e da un tweet di Trump, che ha parlato di “grande” progresso.
Trump ha aggiunto che tuttavia le sanzioni “rimarranno in vigore, fino a quando un accordo non sarà raggiunto”.
Bloomberg commenta la notizia facendo notare che il presidente americano ha lanciato la più grande scommessa della sua presidenza, nell’accettare di incontrare il leader nordcoreano. Una scommessa rischiosa, in quanto non c’è alcuna sicurezza che il summit si concluda con un successo, ovvero con la decisione di Kim di rinunciare davvero al suo ambizioso programma nucleare.
Insieme al suo team, Trump riconosce la possibilità che il dittatore nordcoreano non sia in buona fede o stia giocando sporco. Tuttavia, i suoi consiglieri ritengono che, se gli Stati Uniti continueranno a fare forti pressioni sul regime del paese, in vista del summit, Kim potrebbe essere costretto a fare concessioni.
Così Trump ha twittato:
“Kim Jong-un ha parlato con i delegati della Corea del Sud di un processo di denuclearizzazione, non solo di un suo congelamento. E anche, della volontà di non procedere a nessun test durante questo periodo di tempo (il tempo delle trattative). Si tratta di un grande progresso, ma le sanzioni rimarranno in vigore fino a quando non sarà raggiunto un accordo. Intanto stiamo pianificando un meeting!”.
Nel frattempo, il senatore Lindsey Graham, tra i più falchi dei repubblicani, ha invitato alla cautela, ricordando come il regome di Kim sia stato sempre caratterizzato da “tante parole e nessuna azione”.
A suo avviso, “ora la Corea del Nord crede che il presidente Trump farà ricorso alla forza militare, se sarà costretto”. Kim ha dunque paura?
Graham ha lanciato in ogni caso un avvertimento al presidente nordcoreano: “La cosa peggiore che possa fare è incontrare il presidente Trump e tentare di raggirarlo. Se lo farà, sarà la fine per lei, e per il suo regime“.