UniCredit & banche europee in balìa guerra Russia-Ucraina, l’analisi di S&P e Moody’s
Banche europee nella trappola russa di Vladimir Putin, sotto la lente delle agenzie di rating Moody’s e Standard & Poor’s. Che sanno benissimo che, tra le esposizioni verso la Russia – vedi UniCredit – e nel bel mezzo delle sanzioni che hanno colpito Mosca, per gli istituti di credito made in Europe riuscire a trovare una via di fuga indolore è praticamente impossibile.
Così S&P Global Intelligence in un report recente dedicato alle banche del Continente.
“Lasciare la Russia è una manovra potenzialmente costosa, visto che le banche europee hanno esposizioni notevoli che fanno fatica a smobilizzare in un contesto di sanzioni globali (contro la Russia)”, ovvero che arrivano da tutto il mondo. Stando alla Banca dei Regolamenti Internazionali (BRI-Bank for International Settlements) – ricorda S&P – le banche europee hanno un’esposizione verso il paese superiore agli 84 miliardi di dollari“.
Uscire dalla Russia significherebbe “abbandonare attività redditizie”, così come anche “non rispettare obblighi contrattuali, abbandonando clienti globali che vogliono anch’essi ridurre le loro operazioni in Russia (aziende o altri clienti)”.
A tal proposito Daniel Tannebaum, responsabile globale della divisione di sanzioni presso la società di consulenza Oliver Wyman, ha ricordato che gli istituti di credito hanno accordi contrattuali siglati in passato con i clienti da cui non possono tirarsi semplicemente indietro.
C’è da dire che alcune banche globali sostengono poi attività commerciali di settori che non sono stati colpiti ancora dalle sanzioni; in particolare, alcune banche occidentali sostengono transazioni che hanno per oggetto materie prime e/o finanziano prodotti agricoli: transazioni che, ha precisato Tannebaum, sono tuttora legali.
“E fino a quando non ci sarà la fine totale del commercio (con la Russia) le banche rimarranno fino all’ultimo, in quanto ci sarà sempre bisogno di esse per finanziare le attività” (commerciali e/o economiche)
Insomma, “European banks face tough choice as they weigh Russia pullback”, come recita il titolo dell’analisi dell’agenzia di rating. Ovvero: “le banche europee fanno fronte a una scelta difficile nel considerare il ritiro dalla Russia”.
Lo saprà bene UniCredit, con il ceo Andrea Orcel mai così atteso dalla comunità finanziaria, in vista della presentazione della trimestrale di Piazza Gae Aulenti in programma il prossimo 6 maggio. E lo sa bene anche Intesa SanPaolo , che pubblicherà la trimestrale il prossimo 6 maggio.
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Nell’analisi di S&P, il nome UniCredit compare più volte, per l’elevata esposizione della banca italiana verso il paese.
Nella nota si legge chiaramente che “le banche europee fanno fronte al costo potenziale più alto di uscita dalla Russia, dato che incidono per la maggior parte dell’esposizione totale verso il paese di tutte le banche straniere, calcolata in $121 miliardi, stando ai numeri della BRI”. In particolare, “RBI, UniCredit e l’ungherese OTP Bank hanno ognuna migliaia di dipendenti all’attivo” in Russia.
Riguardo a Piazza Gae Aulenti, S&P sottolinea “la banca sta prendendo tempo”, indicando che l’esposizione di UniCredit verso la Russia ammonta a 12,6 miliardi di euro, e ricordando le parole di Orcel, che ha detto in un comunicato del 15 marzo che smobilizzare una banca con 4000 dipendenti e più di 1500 clienti corporate, e assorbire un costo fino 7,5 miliardi di euro, “non è qualcosa che può e dovrebbe essere fatto dall’oggi al domani”.
I risultati di bilancio di UniCredit saranno diffusi al mercato giovedi’ prossimo.
Nelle ultime ore gli analisti di Banca Akros hanno dichiarato di prevedere che l’impatto della Russia si farà sentire “sui risultati e sul sentiment”.
Gli esperti stimano per il primo trimestre del 2022 un calo dell’utile di UniCredit pari a -33% su base annua, a 529 milioni. Anche in questo caso, così come nella preview dedicata a Intesa SanPaolo, la flessione della redditività è stata motivata dalle attese di un fatturato inferiore, accompagnato da una maggiore svalutazione dei crediti provocata dal conflitto tra l’Ucraina e la Russia.
Banca Akros ha tagliato il target sul prezzo del titolo UCG dai 14,72 euro precedenti a quota 12,2, sottolineando che, “nonostante il margine di rialzo potenziale del 30%”, il rating rimane “accumulate” (dunque inferiore a quello della banca guidata da Carlo Messina), in quanto a suo avviso il dossier Russia “continuerà probabilmente a impattare sul titolo”.
Dalla nota di S&P emerge che un portavoce di UniCredit ha riferito che la banca “continua a monitorare e a valutare in modo approfondito l’evolversi della situazione geopolitica”.
In generale, riguardo alle banche europee, “uscire dalla Russia non è un processo facile – ha rimarcato in un’intervista rilasciata a S&P Global Intelligence Gwen Green, avvocato di international compliance presso Holland & Hart – Ci sono molte questioni da districare“. Green ha fatto notare che le banche devono valutare in primis la portata della loro esposizione, calcolare le potenziali perdite finanziarie che dovrebbero assorbire e decidere anche cosa fare con i dipendenti locali.
Rimanere in Russia, spiega Sam Theodore a S&P, consulente senior della divisione di ricerca sul credito Scope Insights significa incorrere in rischi reputazionali e rendimenti potenziali inferiori, dal momento che l’impatto delle sanzioni sull’economia della Russia erode quei guadagni storicamente elevati a cui le banche erano abituate.
Detto questo, spiega Theodore, è vero che le banche possono assorbire le perdite delle aziende russe a cui hanno dato credito grazie alla loro solida capitalizzazione e agli elevati cuscinetti di capitale accantonati per far fronte a eventuali NPL – crediti deteriorati – che avevano accumulato durante la pandemia Covid-19″.
Se le banche rimangono attive in Russia è anche perchè stanno aiutando diversi clienti – aziende- a uscire dalla Russia, come ha ricordato Barbara Laidlaw, responsabile della divisione globale di rischio reputazionale e affari pubblici dell’agenzia americana Allison+Partners. Stando ai dati della Yale School of Management, sono infatti più di 600 le aziende che hanno annunciato l’addio completo o parziale dalla Russia dall’invasione dell’Ucraina del 24 febbraio scorso: e molte sono le banche europee che hanno confermato che stanno di fatto aiutando i clienti a definire la loro posizione finanziaria con Mosca.
Moody’s presenta prospettive negative per queste banche europee
Nelle ultime ore è arrivato anche un report di Moody’s che, in riferimento alle banche europee, ha parlato di prospettive “stabili, anche se quelle degli Stati baltici sono negative”. L’outlook dei sistemi bancari di Grecia e Norvegia sono invece “positivi”.
Per la “maggior parte dei sistemi bancari (in Europa) – si legge nella nota dell’agenzia di rating, che porta la firma di Louise Welin – le prospettive sono stabili”, sulla base dell’assunto secondo cui “la ripresa dell’economia post-pandemia continuerà nei prossimi 12-18 mesi, anche se a un ritmo più moderato, visto che l’invasione russa dell’Ucraina sta facendo salire l’inflazione, aggiungendosi ai problemi che hanno colpito la catena di approvvigionamento”.
L’outlook è invece negativo per le banche di “Estonia, Lettonia e Lituania”, in quanto – spiega Moody’s – la crisi ucraina e le conseguenti sanzioni contro la Russia si tradurranno in una “crescita dell’inflazione e in un rallentamento della crescita economica nei paesi baltici”.
Moody’s ha ribadito infine la view positiva per il sistema bancario della Grecia, a dispetto delle “condizioni economiche difficili e delle pressioni inflazionistiche, che probabilmente limiteranno la crescita economica nel 2022”, prima di una “probabile ripresa dell’attività nel 2023”.