Xiaomi, debutto in Borsa non da “top di gamma”. Il ceo: “Guerra commerciale non impatterà”
Xiaomi, il brand cinese di tecnologia, fa il suo debutto in Borsa. La partenza sulla piazza di Hong Kong, però, è stata tutto sommato incolore, a 17 dollari di HKD (2,17 dollari Usa), nella parte bassa della forchetta d’offerta di 17-22 dollari. L’andamento è stato però al ribasso e nei primi minuti di negoziazioni le azioni hanno perso più del 5,5%, verso i 16 dollari Hk. Nella seconda parte della seduta sono comunque riuscite a ricucire la perdita per chiudere leggermente sotto il punto di partenza (-2% a 16,8 dollari di Hk).
GUERRA COMMERCIALE – “Siamo molto soddisfatti ed emozionati – ha spiegato il presidente e ceo Lei Jun alla CNBC – per questa pietra miliare che abbiamo raggiunto. La guerra commerciale? Nel breve termine ha un impatto minimo”, ha proseguito. D’altronde, quella che agli inizi della sua storia è stata denominata, probabilmente a sproposito, “Apple cinese”, ha concluso pochissimi affari negli Stati Uniti, mercato nel quale sbarcherà ufficialmente solo nel 2019.
VALUTAZIONE ELEVATA – Tuttavia, secondo alcuni analisti la valutazione iniziale è stata considerata ancora troppo elevata; negoziare al di sotto del prezzo di emissione, infatti, suggerisce il fatto che gli investitori ritengano che la valutazione del titolo sia relativamente alta rispetto a quella di altre società come Tencent ed Apple.
IPO TOP – Il prezzo dell’offerta pubblica d’acquisto della società produttrice di smartphones e accessori ha una valutazione complessiva di 54,3 miliardi di dollari, che permette di considerare l’operazione finanziaria come una delle tre più rilevanti IPO di un’azienda che opera nel mercato tecnologico. Xiaomi, fondata solo otto anni fa, è riuscita a vendere azioni per 4,72 miliardi di dollari.
OBIETTIVI – L’azienda intende vendere 2,18 miliardi di titoli. la società, che ha il quartier generale a Pechino ma legalmente risiede alle Cayman, pensa di attrarre otto investitori primari tra cui Qualcomm, chipmaker americano che produce la piattaforma Snapdragon, oltre che il gruppo cinese della logistica S.F. Holding, la telco China Mobile e il gruppo statale China Merchants Group.
L’ITALIA NON E’ UNA NICCHIA – Secondo gli ultimi dati di Canalys, Xiaomi in Europa è il quarto maggior venditore di smartphones per quote di mercato in Italia, dove ha da poco aperto i primi due Mi Store (Arese e Novate, alle porte di Milano) ed è presente con diverse proposte su Amazon. Non sono ancora stati pubblicati dati di vendita ufficiali, ma secondo una ricerca del sito di tecnologia HDBlog, la società asiatica sarebbe già al secondo posto per vendite online su Amazon nel nostro Paese, dietro solo a Huawei e davanti a Samsung e Honor (Apple non comparirebbe dato che il numero di iPhone venduti su Amazon è decisamente più basso rispetto al sito ufficiale).