Finanza Patto di Stabilità: ecco come cambia adesso

Patto di Stabilità: ecco come cambia adesso

21 Dicembre 2023 14:59

Raggiunto un difficilissimo accordo sul Patto di Stabilità e Crescita. I ministri dei 27 Paesi membri dell’Ue sono riusciti a definire le nuove regole di bilancio del blocco.

Una riforma di questa materia era attesa da tempo: molti paesi, tra i quali c’è anche l’Italia, stanno spingendo perché si sterzasse verso un definitivo abbandono delle regole di austerità.

Un cambio di passo che non è avvenuto, perché le nazioni frugali hanno fatto resistenza.

Il nuovo Patto di Stabilità non costituisce una vera e propria rivoluzione rispetto al passato, ma detta semplicemente delle regole più flessibili, ma anche più complesse.

Patto di Stabilità: i tetti continuano a rimanere gli stessi

Alla base del nuovo Patto di Stabilità continua a rimanerci il Trattato di Maastricht, che, per il rapporto tra deficit e Pil, ha fissato la soglia massima del 3%. Mentre per il debito pubblico è stata fissata una soglia al 60%.

Sono questi, in estrema sintesi, i tetti massimi che i paesi dell’Unione europea dovranno continuare a rispettare.

Nel caso in cui uno Stato non dovesse essere in linea con questi parametri, dovrà mettersi in regola e concordare una serie di piani di rientro direttamente con la Commissione europea.

La durata di questi piani potrà variare da un minimo di quattro ad un massimo di sette anni.

Partendo dall’esperienza maturata grazie ai Pnrr – ossia i Piani Nazionali di Ripresa e Resilienza – i singoli governi avranno la responsabilità di presentare piani fiscali quadriennali (non devono essere redatti, quindi, con scadenza annuale).

Ci sarà la possibilità, inoltre, di estendere il periodo di aggiustamento fiscale a sette anni: in questo modo sarà possibile attuare piani di investimenti e di riforme strategiche.

Ogni anno Bruxelles provvederà a verificare che il percorso stabilito venga rispettato. Ma soprattutto chiederà aggiustamenti nel caso in cui dovesse ritenere che siano necessari.

Debito e deficit sono da ridurre

Sicuramente una delle parole d’ordine del nuovo Patto di Stabilità è la riduzione del debito e del deficit.

Viene richiesta una riduzione media del rapporto tra debito e Pil di un punto percentuale per i paesi che hanno registrato un debito superiore al 90%.

Tra questi paesi rientra anche l’Italia che ha un debito monstre al 134% del Pil. Una percentuale che è seconda solo a quella della Grecia, pari al 162%.

Il debito oscilla tra il 60% ed il 90% nei paesi più virtuosi, tra i quali rientra anche la Germania. In questo caso verrà richiesto un aggiustamento annuo della metà rispetto a quanto imposto all’Italia: lo 0,5%.

Sarà necessario provvedere a ridurre il deficit a ritmo costante. Dovranno ridurre il disavanzo anche gli Stati meno spendaccioni, ossia quelli che riescono a rimanere al di sotto della soglia del 3%.

Nel tentativo di centrare questo obiettivo, questi stati dovranno continuare a mantenere un cuscinetto per il deficit, in modo da evitare, in caso di crisi, di superare la soglia del 3%.

Con il nuovo Patto di Stabilità si crea una sorta di margine di manovra dell’1,5%. Questo significa che si dovrà andare verso un deficit dell’1,5% rispetto al PIL, in modo da sostenere gli investimenti. In precedenza, invece, si chiedeva di puntare allo 0,5%.

Patto di Stabilità: cosa cambia per l’Italia

Come per altri paesi che si troveranno sotto procedura per deficit eccessivo,  l’Italia, una volta che sia riuscita a uscire dalla procedura e scendere sotto il rapporto deficit/Pil del 3%, dovrà ridurre ulteriormente la spesa. Anche se a questo punto il processo sarà più lento e graduale.

Nel tentativo di contenere in qualche modo questo sforzo, nel breve periodo, è stata introdotta una clausola transitoria che copre il periodo 2025-2027.

Nell’arco di questo biennio si prenderà in considerazione, per calcolare il taglio del deficit, l’aumento degli interessi sul debito determinati dalle varie manovre della Bce, che hanno portato i tassi d’interesse a dei livelli record.

Per rifinanziare il proprio debito, gli Stati dovranno infatti pagare interessi superiori, motivo per cui l’UE ha deciso di essere più tollerante, prendendo in considerazione questo aspetto.