Perché il concordato preventivo biennale rischia di essere un insucesso
Il Governo punta su una nuova misura anti evasione fiscale. Si tratta del concordato preventivo. La decisione ufficiale è stata presa lo scorso 3 novembre 2023: “il Consiglio dei ministri, su proposta del ministro dell’Economia e delle Finanze, Giancarlo Giorgetti, ha approvato, in esame preliminare, un decreto legislativo che introdurrà disposizioni in materia di accertamento tributario e di concordato preventivo biennale“.
Una mossa che dovrebbe rendere il fisco più “collaborativo con il contribuente”, secondo le intenzioni del Governo Meloni. Ma che probabilmente favorirà ancora di più l’evasione, secondo le stime del DataRoom del Corsera. Vediamo di cosa si tratta.
Concordato preventivo, per combattere l’evasione fiscale
In merito al concordato preventivo, e al suo funzionamento, è bene ricordare che questa proposta è disponibile solo per le aziende o contribuenti con volume d’affari sotto i 5 milioni di euro. L’Agenzia delle entrate utilizzerà i dati dell’Anagrafe tributaria e i modelli ISA, così da “calibrare” la proposta fiscale che verrà presentata al contribuente dopo un contraddittorio semplificato. Se accetta, per due anni verserà le imposte in base alla proposta.
Pertanto, se uno dichiara un determinato ammontare per due anni, anche in caso di aumento del reddito, pagherà sempre la quota fiscale già concordata negli anni precedenti. Come proposta, così strutturata, sembra andare quasi esclusivamente a favore del contribuente, visto che paga meno in tutti i casi. E addirittura se “nascondo” dei ricavi, dichiarando meno di quanto pattuito, non si rischia la perdita del beneficio. L’essenziale è che la “perdita” non sia superiore al 30% del reddito precedentemente dichiarato.
Ovviamente da parte del contribuente ci sarà comunque l’onere di dover rendere noti i propri compensi, e di provvedere comunque al pagamento dell’IVA. Non ci sarà infatti alcuno sconto sull’applicazione dell’IVA, che andrà pagata secondo le regole ordinarie. A sua volta, non tutte le società potranno aderire al concordato, visto che è fatto obbligo avere un punteggio ISA pari o superiore a 8 (livello “fiscalmente affidabile”), oltre a non avere pendenze col Fisco (almeno non superiori a 5.000 euro). Nonostante queste “ristrettezze”, è plausibile che la misura si risolverà in un nulla di fatto, almeno per quanto riguarda l’annoso problema dell’evasione fiscale.
Perché il concordato rischia di essere un flop
Stando a quanto trapelato dalla relazione tecnica, questa misura potrebbe provvedere a riscattare almeno 760 milioni di euro. Si tratta di circa l’1,8% dell’evasione stimata per quanto riguarda il lavoro autonomo o reddito d’impresa, pari a 41,45 miliardi di euro secondo i dati del MEF. E non è detto nemmeno che si riesca a riscattarli tutti.
Perché bisogna capire chi rientra nei requisiti previsti dall’AdE. Oltre ad avere un reddito minimo di 500mila euro, l’azienda o contribuente dovrà avere un’ISA di livello 8. Secondo uno studio condotto dai professori Marco Leonardi (Statale di Milano) Leonzio Rizzo (Università di Ferrara), pubblicato da “Il Corriere della Sera” gli “affidabili” sono il 43%, con un fatturato di 575.690 euro e un reddito imponibile lordo di 61 mila. Nel caso di liberi professionisti, coloro che hanno un fatturato in media di 171.550 euro e un reddito di 105.940.
Altro nodo sono gli esclusi, ovvero chi è sotto l’ISA livello 8: il restante 57%, con fatturato medio dichiarato di 434 mila euro e il reddito imponibile di 19.150 euro lordi. Nel caso di liberi professionisti, il 49%, con 170 mila euro di fatturato e 64 mila euro lordi di reddito imponibile. O si dichiarano spontaneamente al Fisco, per salire di livello e aderire al concordato, o rimangono nella propria situazione, facendo sfumare un incasso aggiuntivo di 605 milioni di euro. Tanto non è previsto l’accertamento fiscale per chi è sotto livello ISA 8: è previsto per chi è già a livello 8, ma si rifiuta di aderire al concordato.
Come sarebbe dovuto essere il concordato
Al Corsera i due professori Leonardi e Rizzo sono dell’idea che questo concordato sia stato indirizzato verso i “contribuenti sbagliati”. Sarebbe stato più funzionale se diretto verso coloro che hanno una posizione fiscale poco affidabile, appunto sotto il livello ISA 8. Con la minaccia di controlli più serrati in caso di rifiuto, accetteranno un concordato e provvederanno a pagare le imposte dovute.
Ma esiste questa minaccia? Sembrerebbe di no. Secondo lo stesso comunicato stampa del CdM, l’Agenzia delle Entrate e il Corpo della Guardia di finanza “[…] programmano l’impiego di maggiore capacità operativa per intensificare l’attività di controllo nei confronti dei soggetti che non aderiscono al concordato preventivo biennale“.
Per certi versi la proposta, così come riportata, potrebbe non dare risultati migliori di quanto già fatto nel 2003 dall’allora Ministro dell’Economia Giulio Tremonti. Stimando un “rientro” di 3,58 miliardi, con tanto di 3 milioni di adesioni previste, ci furono solo 250mila richieste di concordato, con un incasso attorno ai 57,5 milioni di euro, circa l’1,6% del totale.