Petrolio, tagliata la produzione: le conseguenze per i consumatori
Il prezzo del greggio sale del 5,5% a seguito della decisione dell’Opec e della Russia di tagliare la produzione di petrolio. Salito oltre gli 84 dollari al barile il brent, ossia il petrolio estratto nel mare del Nord, il quale serve come riferimento per gli scambi europei.
L’Arabia Saudita, primo esportatore al mondo di petrolio, effettuerà la metà dei tagli. Una decisione forte, con la quale ha pienamente ribadito il proprio atteggiamento di contrapposizione rispetto agli Stati Uniti d’America, i quali avevano auspicato un aumento dell’offerta di greggio. Sotto i riflettori è andata immediatamente a finire l’inflazione, a rischio aumento: il calo dei prezzi, infatti, può portare ad una nuova spinta dei prezzi.
A metà marzo, il petrolio aveva toccato il livello più basso da quindici mesi a questa parte (72 dollari al barile). I prezzi ora, invece, si riportano sui valori di inizio mese scorso e su delle quotazioni storicamente più elevate. Sulla scia del petrolio, è anche cresciuta la quotazione del gas, che ha guadagnato il 3% e si è avvicinata a 50 euro al megawattora.
Petrolio, Goldman Sachs rivede le stime
Dopo la decisione di nove membri dell’Opec, Goldman Sachs ha deciso di rivedere al rialzo le stime sul prezzo del greggio. I paesi produttori di petrolio hanno deciso di tagliare la produzione di petrolio di quasi 1,66 milioni di barili al giorno, che avrà effetto dal mese di maggio fino alla fine del 2023. Un rappresentante del Ministero dell’Energia dell’Arabia Saudita ha spiegato che questa “è una misura precauzionale mirata a sostenere la stabilità del mercato petrolifero”.
Goldman Sachs ha sottolineato che l’Opec ha in mano un potere di prezzo particolarmente significativo rispetto al passato: la sua quota di mercato risulta essere elevata rispetto all’offerta non Opec. Benché il taglio sia inaspettato, secondo gli analisti di Goldman Sachs risulta essere coerente con la nuova dottrina dell’Opec di agire preventivamente: sono in grado di farlo, senza correre il rischio di andare incontro a delle perdite significative della loro quota di mercato.
Il nuovo taglio della produzione di petrolio, arrivato in via precauzionale, ricorda direttamente quello effettuato nel corso del mese di ottobre 2022. A differenza di quanto avvenne qualche mese fa, comunque, quando la domanda di petrolio era in ribasso, oggi è in rialzo, grazie ad una forte ripresa della Cina.
Goldman Sachs prevede che i tagli della Russia si estenderanno nel secondo semestre 2023 e ha ipotizzato che alla fine del 2023 la produzione Opec possa attestarsi a 1,1 milioni di barili al giorno.
Le ripercussioni sui consumatori
Ovviamente l’annuncio del taglio della produzione ha avuto un’immediata ripercussione sul prezzo del petrolio. Nel corso della mattinata il Wti con consegna a maggio, ha raggiunto il costo di 79,02 dollari, registrando un aumento del 4,43%. Il brent con consegna a giugno, invece, è stato scambiato a 83,52 dollari, portando a casa un aumento del 4,54%.
Nel corso dei prossimi giorni è necessario tenere sotto controllo i prezzi, per riuscire a capire in quale modo andranno ad incidere sul costo dei prodotti raffinati, primi tra tutti benzina e gasolio.
Il rischio, ora come ora, è che gli italiani possano trovarsi costretti a fare i conti con il caro energia. I prezzi, già in questo momento, risultano essere particolarmente elevati. Il governo Meloni, comunque, ha promesso che, nel caso in cui i prezzi della benzina dovessero sfondare i due euro al litro, gli sconti potrebbero tornare in vigore, per evitare un ulteriore stangata per gli automobilisti.