Pnrr: perché l’Italia non riesce a spendere tutti i soldi
PNRR: ecco perché l’Italia non riesce a spendere i soldi
Inutile negarlo, in Italia intorno al Pnrr c’è molta confusione.
I fondi messi a disposizione dall’Unione europea non vengono spesi e, adesso, il Governo guidato da Giorgia Meloni ha deciso di mettere le mani avanti e ha proposto alla Commissione Ue una vera e propria revisione del piano.
Il Pnrr, ossia il piano nazionale di ripresa e resilienza, è stato approvato due anni fa.
Avrebbe dovuto cambiare radicalmente il volto dell’Italia: oggi, però, sta facendo emergere una serie di problemi, specialmente all’interno della Pubblica Amministrazione.
Una serie di fattori sta rallentando lo sviluppo dei vari progetti ed alcune scelte del governo potrebbero addirittura far peggiorare la situazione.
Come se tutto questo non bastasse, ci sono altri due fondi in arrivo da dover gestire.
Ma cosa sta accadendo ad uno dei più ambiziosi ed importanti interventi finanziarie nei quali l’Italia è coinvolta dai tempi del Piano Marshall?
Pnrr, non tutto torna
A fare il punto della situazione, senza tanti giri di parole e senza mezzi termini, ci ha pensato Raffaele Fitto, Ministro per gli Affari europei, le Politiche di coesione, che spiegato che “alcuni interventi da qui a giugno del 2026 non possono essere realizzati: è matematico, è scientifico, dobbiamo dirlo con chiarezza”.
Fitto ha dovuto ammettere che l’Italia ha problemi nell’attuazione del piano.
Il rischio, ora come ora, è che possa essere bucato il traguardo sui progetti necessari per sbloccare i fondi della Commissione europea: nel momento in cui non sono stati raggiunti gli obiettivi prefissati, non arriveranno i soldi.
A confermare queste difficoltà ci ha pensato anche la Corte dei Conti: in una relazione di ben 900 pagine, i giudici contabili hanno stilato un bilancio di cosa è stato fatto fino a questo punto con i fondi del Pnrr.
L’Italia ha speso meno risorse del Pnrr rispetto a quanto era previsto.
Stando ai dati che sono stati estratti dal sistema ReGis, ossia la banca dati della Ragioneria generale dello Stato, sono stati spesi solo e soltanto 23 miliardi di euro, che corrispondono al 12% dei fondi che sono stati messi a disposizione da oggi fino al 2026.
Questi numeri, comunque, devono essere depurati da alcune misure automatiche e che sono confluite direttamente all’interno del Pnrr, come ad esempio i crediti d’imposta relativi alla Transizione 4.0 e quelli relativi ai vari bonus edilizi.
Troppi soldi sono un problema
La burocrazia italiana si ritrova a gestire un’infinità di fondi.
Dal Pnrr arrivano 191,5 miliardi di euro, mentre dal React Eur sono arrivati 13 miliardi di euro.
A questi si aggiungono 30 miliardi del Fondo Nazionale complementare al Pnrr, per i quali la Corte dei Conti ha messo in evidenza alcune criticità e dei ritardi.
Non dobbiamo poi dimenticare i fondi strutturali europei della programmazione 2021-2027, che hanno portato in dotazione qualcosa come 83 miliardi di euro.
Ed è necessario prendere anche in considerazione i 28,7 miliardi dell’attuale periodo di programmazione da spendere e certificare entro la scadenza di fine 2023 si arriva a quasi 400 miliardi di euro da dover in prima battuta gestire, prima di poterli spendere.
L’Italia, nel corso degli anni, ha sempre avuto dei problemi nella gestione dei fondi europei.
Proprio per questo motivo il Governo Meloni ha apportato alcune modifiche nella gestione di questo tesoretto, prevedendo, tra l’altro, la soppressione dell’Agenzia per la coesione territoriale che fin qui ha affiancato le Regioni nella programmazione e spesa di queste risorse finanziarie sul territorio.
D’ora in poi il portafoglio sarà tenuto da Palazzo Chigi, che si occuperà di gestire i fondi a disposizione.
Purtroppo questo passaggio di consegne avviene in un momento in cui non siamo messi proprio bene con avanzamento della spesa: l’Italia è al penultimo posto in Europa per l’utilizzo dei fondi strutturali, davanti alla Spagna.