Spettro recessione: più come nel 1929 che come crisi 2008
Recessione con crisi banche? Sì, con rialzi tassi simile a 1929
L’ombra del 1929 aleggia sui mercati. Dobbiamo preoccuparci per una nuova recessione?
Quali sono i timori e le preoccupazioni che il caso Credit Suisse ha aperto?
Ma soprattutto è possibile fare un paragone tra quanto è accaduto nel 1929, l’anno della Grande Depressione, e quanto sta accadendo sui mercati internazionali in questi giorni.
Qualche osservatore ha già parlato di un nuovo 2008.
Di altro parere, invece, è Massimo Amato, economista e docente di Storia economica e Storia del pensiero economico all’Università Bocconi di Milano, il quale, intervistato da IlGiornale.it, ritiene che, in realtà, siamo davanti ad un nuovo 1929.
Ma quali sono le differenze tra quanto sta avvenendo oggi e quello che si è vissuto nel biennio 2007-2008, che ha visto protagonista, tra gli eventi più disastrosi e rimasti incisi nella storia, il crac di Lehman Brothers?
In quel periodo, molto semplicemente, non ci fu alcun rialzo sistematico dei tassi.
Diversa, invece, la situazione del 1928, l’anno prima dello scoppio della crisi: negli Stati Uniti d’America, in quell’occasione, vi fu una vera e propria stretta sui tassi.
I mercati erano iper-liquidi a causa di una leva finanziaria troppo alta.
In un certo senso è possibile notare come vi fosse una situazione molto simile rispetto a quella attuale.
Allarme recessione: la politica monetaria
Nella sua lunga analisi, Massimo Amato ha focalizzato la propria attenzione sulla politica monetaria delle principali banche centrali.
Dopo un lungo decennio caratterizzato da una politica di quantitative easing, che ha portato a delle problematiche strutturali, ancora oggi c’è una diffusa ed erronea percezione che la politica monetaria possa avere un impatto neutro e senza scossoni sull’economia reale.
Secondo Amato non è sempre così.
I mercati finanziari reagiscono in maniera umorale, ma soprattutto le aspettative sono volatili e pagano dazio alle varie decisioni, che vengono prese dalle banche centrali.
La finanza non è un territorio piatto, ma è un luogo dove vengono percepite le politiche economiche ed è, soprattutto, il territorio dove vengono effettuati degli investimenti, accumulati dei risparmi, vi sono delle vere e proprie strategie.
Amato ritiene che sia importante ed indispensabile “che la stabilità finanziaria sia perseguita come bene pubblico, anche a costo di impattare sugli utili a breve termine degli operatori, e soprattutto tenendo conto delle effettive modalità di funzionamento dei mercati, che spesso divergono dalle semplificazioni dei modelli macroeconomici. La finanza impatta sulle politiche macro, e viceversa, e spesso in maniera imprevedibile”.
Il dilemma delle banche centrali
Ma, fondamentalmente, gli investitori si devono preoccupare per una nuova recessione?
Siamo di fronte ad un nuovo 1929?
Il 2023, quanto meno potenzialmente, si porta dietro gli spettri recessivi di una vera e propria crisi bancaria strutturale.
A queste preoccupazioni si aggiunge la minaccia che è stata ereditata dalle politiche monetarie.
Amato punta il dito contro l’idea di curare in forma monetaria un’inflazione che, nella sua genesi, è complessa.
E che, soprattutto, come ha spiegato il Premio Nobel Joseph Stiglitz, è stata generata, in larga parte, da cause non monetarie.
La domanda di Amato a questo punto è molte precisa:
perché la Federal Reserve è intervenuta in maniera così aggressiva per raffreddare una domanda elevata, il cui aumento era spinto dalla crescita dei salari?
Ma soprattutto appare senza dubbio bizzarro proclamarsi fautori del mercato, ma quando il mercato del lavoro premia i salari – seguendo il semplice meccanismo di domanda ed offerta – una banca centrale si muove per calmierare la crescita. E quando le aziende effettuano degli extraprofitti non avviene lo stesso.
Le mosse della Fed sono servite da traino rispetto alle priorità della Banca centrale Europea.
Adesso, però, l’Europa deve stare attenta perché, secondo Amato “una crisi di stabilità che porti la Bce tra la Scilla dell’inseguimento dei rialzi dei tassi decisi negli Usa e la Cariddi di spread più alti tra i debiti sovrani. Un problema amplificato dal fatto che il Tpi attivato dalla Bce, il famoso scudo anti-spread, ha regole d’ingaggio assai aleatorie e per ora non certe. Insomma, un quadro tutt’altro che limpido”.
Nel caso in cui dovesse arrivare un peggioramento del quadro macroeconomico, la recessione seguirebbe a cascata.