Tagli pensioni incostituzionali? Chi ha diritto al rimborso
Parte una vera e propria crociata della Uil contro l’Inps e la mancata rivalutazione delle pensioni.
Il sindacato, in accordo con la Uilp, ha avviato delle cause pilota contro il taglio della rivalutazione delle pensioni, che hanno un importo quattro volte superiore rispetto al trattamento minimo – il cui ammontare è pari a 2.101,52 euro – che è stato disposto attraverso la Legge di Bilancio 2023.
Nel corso di questi giorni è stata presentata una diffida all’Inps, con la quale è stata completata la prima fase di quello che costituisce, a tutti gli effetti, un lungo percorso.
A settembre, invece, prenderà il via la seconda fase: le cause saranno inviate ai vari Fori competenti del Tribunale Civile Sezione Lavoro per chi percepisce una pensione del settore privato e alla Corte dei Conti per i pensionati del settore pubblico.
L’obiettivo di questa operazione è quello di riuscire ad ottenere, in entrambi i casi, una pronuncia della Corte Costituzionale sull’illegittimità dell’articolo 1, comma 309, della Legge n. 197 del 29 dicembre 2022, con la quale è stato previsto un taglio della rivalutazione di alcune pensioni.
La Uilp – ha spiegato Carmelo Barbagallo, il Segretario generale del sindacato – vuole mantenere alta l’attenzione su questa ennesima ingiustizia, il taglio rivalutazione, decisa oltretutto in un momento di forte crescita dell’inflazione, che interessa circa 3 milioni e mezzo di pensionati. La Uilp vuole evidenziare che non è possibile che ogni volta che servono risorse si vadano a prendere dai pensionati. Naturalmente, il nostro impegno è parallelamente rivolto anche alle pensioni di importo più basso, per le quali ad esempio chiediamo l’ampliamento della Quattordicesima e l’incremento delle somme per chi già la riceve e una significativa riduzione delle tasse.
Pensioni, il taglio delle rivalutazioni
A finire sotto la lente d’ingrandimento della Uil è quella parte della manovra varata dal governo Meloni, attraverso la quale viene tagliata la rivalutazione delle pensioni per quanti ricevono un assegno superiore a quattro volte il trattamento minimo.
Stiamo parlando di importi che ruotano intorno ai 2.100 euro mensili.
Questa decisione ha fatto in modo che, nell’arco degli ultimi cinque anni, solo una volta a questi pensionati sia stata applicata la rivalutazione (è avvenuto nel 2022).
Ricordiamo che la rivalutazione è prevista dalla Legge n. 448 del 1998 e prevede una rimodulazione pari al 90% per la parte superiore alle quattro volte, ma inferiore alle cinque e una del 75% per la parte restante.
Questo meccanismo risulta essere molto più vantaggioso rispetto a quello introdotto dal governo guidato da Giorgia Meloni nel 2023, che si applicherà anche nel 2024 e che prevede, per le quattro volte di pensione, una percentuale di rivalutazione che va dall’85% al 32%.
Adesso la Uil ha deciso di scendere in campo.
Alcuni iscritti, supportati dal sindacato, hanno iniziato ad inviare alcune diffide all’Inps, attraverso le quali hanno chiesto di provvedere al pagamento di tutte le maggiori somme trattenute indebitamente con decorrenza dal mese di gennaio 2023.
La causa all’Inps
La diffida, che è stata inviata all’Inps, costituisce unicamente il primo passo della mossa appena intrapresa.
L’obiettivo finale è quello di arrivare ad una pronuncia della Corte Costituzionale in relazione al nuovo meccanismo di adeguamento delle pensioni all’inflazione, che è stato introdotto dall’esecutivo guidato da Giorgia Meloni attraverso la Legge di Bilancio 2023.
Nel corso del mese di settembre le varie cause saranno inviate ai fori competenti.
L’obiettivo è quello di portare proprio la Corte Costituzionale a riconoscere le ragioni dei pensionati.
In questo modo l’Inps sarà obbligata a corrispondere quella parte di aumento che fino ad oggi non è stata pagata a causa del nuovo meccanismo di rivalutazione, che risulta essere meno conveniente rispetto a quello che era stato introdotto in precedenza.
Questo significa, in estrema sintesi, che per l’ennesima volta la questione dei tagli alla rivalutazione delle pensioni potrebbe arrivare direttamente alla Corte Costituzionale, che a questo punto dovrà valutare se la riforma Meloni sia ragionevole o no.
Nel caso in cui dovesse arrivare una sentenza positiva, le pensioni dei diretti interessati potrebbero aumentare notevolmente, soprattutto a favore di chi percepisce un assegno cinque volte superiore il trattamento minimo (l’importo è intorno ai 2.600 euro), per i quali la rivalutazione va dal 53% al 32% del tasso accertato.