Tax freedom day, da oggi non si lavora più per il fisco. Lo studio della Cgia di Mestre
Oggi è il tax freedom day, ossia il giorno di “liberazione fiscale”: è l’ultima volta nella quale i contribuenti sono tenuti a lavorare per il fisco. Il conteggio è stato effettuato dall’ufficio studi della Cgia di Mestre, che da un po’ di tempo effettua questa particolare elaborazione, grazie alla quale riesce a definire il raggiungimento di un traguardo importante, anche se è puramente simbolico.
Da oggi, infatti, i lavoratori dipendenti, gli autonomi e i pensionati – ma anche le imprese – iniziano a lavorare unicamente per soddisfare le proprie esigenze. E non più per saldare le tasse, le imposte o i tributi che sono previsti per il periodo d’imposta 2024. Il tax freedom day è sostanzialmente una data spartiacque, che non vuole ridurre l’importanza del pagamento delle varie tasse, che servono per far funzionare scuole, ospedali e i vari servizi pubblici. Soldi che vengono incassati dalla pubblica amministrazione per effettuare gli investimenti necessari alle infrastrutture necessarie per migliorare l’attività di ogni singolo lavoratore.
Il tax freedom day serve a sottolineare come il peso fiscale continui a essere gravoso in Italia, anche se è destinato a scendere di 0,4 punti percentuali rispetto al 2023. In altre parole fino a oggi abbiamo lavorato per onorare le richieste del fisco, da domani e fino al 31 dicembre lo si potrà fare per soddisfare le proprie esigenze e quelle della famiglia.
Tax freedom day, quanti giorni si lavora per il fisco
Stando ai calcoli effettuati dall’ufficio studi della Cgia di Mestre emerge che per il 2024 è necessario lavorare per 154 giorni – nei quali rientrano anche il sabato e la domenica – per poter adempiere a tutti gli obblighi fiscali, tra i quali rientrano Irpef, Imu, Iva, Irap e addizionali varie. Rispetto al 2023 ci liberiamo dal fardello delle tasse con una giornata di anticipo, anche se sulla carta sono due perché il 2024 è un anno bisestile (l’anno scorso non c’era il 29 febbraio).
Ma come è riuscita la Cgia di Mestre a determinare proprio nel 3 giugno 2024 il tax freedom day del 2024? Si è partiti dalla stima del Pil nazionale, che per il 2024 è previsto in 2.163 miliardi di euro ed è stato suddiviso per 366 giorni. Si è riusciti a ottenere, in questo modo, un dato medio giornaliero pari a 5,9 miliardi di euro.
Il passo successivo è stato quello di andare a recuperare le previsioni di gettito delle entrate e dei contributi sociali, che i contribuenti devono versare nel corso di quest’anno. Complessivamente i versamenti dovrebbero essere pari a 909,7 miliardi di euro. Questo dato è stato rapportato al PIL giornaliero e si è dedotto che il giorno di liberazione fiscale del 2024, il quale scatta dopo 154 giorni dall’inizio dell’anno: il 3 giugno.
Gli esclusi dai festeggiamenti
Ovviamente non festeggiano il tax freedom day gli evasori, ossia quanti non pagano le tasse o lo fanno solo sporadicamente. Tra questi rientrano i lavoratori che sono in parte o completamente irregolari, i quali, stando a una stima dell’Istat riferita proprio al 2024, sono almeno 2,8 milioni. Persone che sono completamente sconosciute al fisco. O che, in alcuni casi, benché siano in parte in regola, non versano delle imposte o dei contributi previdenziali, andando a violare le norme fiscali e contributive.
Le regioni che nelle quali questo fenomeno è più vistoso sono:
- la Lombardia con 439.500 unità irregolari;
- il Lazio: 366.200;
- la Campania: 308.200.
Andando ad analizzare, invece, il tasso di irregolarità emerge che le regioni del Mezzogiorno sono quelle nelle quali questa piaga sociale è più forte:
- in Calabria è presente una quota del 19,6%;
- in Campania è pari al 16,5%;
- in Sicilia corrisponde al 16%;
- in Puglia si è attesto al 14,4%
La media italiana si attesta sull’11,3%.
Nel 2024 il peso del fisco è destinato a scendere
La pressione fiscale, nel corso del 2024, è destinata a scendere. Stando ai dati riportati all’interno del Documento di Economia e Finanza, è stimata al 42,1% del Pil, in calo di 0,4 punti rispetto alla soglia che è stata toccata nel 2023. Si è riusciti a ottenere questo risultato perché il PIL nominale cresce più velocemente del gettito fiscale (3,7% del primo contro il 2,6% del secondo). Questo è il motivo per il quale la pressione fiscale è in calo.
L’incremento del gettito del 2,6% rispetto al 2023 dipende da una pluralità di fattori: il primo è legato alla crescita economica (+1 per cento circa nel 2024); il secondo alla crescita delle retribuzioni, grazie ai rinnovi contrattuali, alla corresponsione degli arretrati nel pubblico impiego e all’aumento dell’occupazione – spiegano gli esperti della Cgia di Mestre -. Più contenuto, invece, è l’impatto sulle entrate riconducibile agli inasprimenti fiscali previsti per quest’anno, come la maggiore tassazione sui tabacchi, l’incremento dell’Iva su alcuni prodotti per l’infanzia, l’igiene femminile e alle riaperture dei termini per la rivalutazione e il pagamento dell’imposta sostitutiva sulla rivalutazione dei terreni e delle partecipazioni. Infine, hanno sicuramente condizionato il risultato finale anche le misure che nel 2024 hanno alleggerito il prelievo fiscale sugli italiani, come la riduzione dell’Irpef, tramite l’eliminazione del secondo scaglione di reddito (minor prelievo pari a circa 4,2 miliardi di euro) e il “bonus mamme”, con l’esonero contributivo per le lavoratrici dipendenti con due figli.
L’Italia è il paese più tassato dell’Unione europea
L’Italia continua ad avere un livello di pressione fiscale tra i più elevati dell’Unione europea. Nel 2023 hanno registrato un peso fiscale superiore solo Francia, Belgio, Danimarca e Austria. A Parigi, infatti, la pressione fiscale era pari al 45,8%, a Bruxelles si è attestata intorno al 45,3%, a Copenaghen al 44,5% e a Vienna al 42,9%.
In Italia si è sfiorato il 42,5%, ponendo il nostro paese al quinto posto. La Germania, invece, è al decimo con una pressione pari al 40,3%.