Bce: inflazione area euro al target 2% in seconda metà 2025. Occhio ai salari
In un contesto di eccezionale incertezza, gli esperti dell’Eurosistema hanno rivisto significativamente al rialzo le proiezioni sull’inflazione. E’ quanto rimarca il bollettino economico della Banca centrale europea appena pubblicato.
L’inflazione, sottolinea la Bce, “dovrebbe scendere da una media dell’8,4 per cento nel 2022 al 6,3 per cento nel 2023,
passando dal 10 per cento nell’ultimo trimestre del 2022 al 3,6 per cento nel periodo corrispondente del 2023, per poi diminuire a una media del 3,4 per cento nel 2024 e del 2,3 per cento nel 2025. Il calo dell’inflazione nell’orizzonte temporale di riferimento rispecchia forti effetti base al ribasso connessi all’energia per tutto il 2023, l’impatto graduale della normalizzazione della politica monetaria della BCE avviata a dicembre 2021, le più deboli prospettive per la crescita e l’ipotizzata diminuzione dei prezzi dell’energia e delle materie prime alimentari, in linea con quelli dei contratti future, nonché l’ipotesi secondo cui le aspettative di inflazione a più lungo termine resteranno ancorate”.
“Ci si attende che l’inflazione complessiva diminuisca fino a raggiungere l’obiettivo a medio termine della BCE del 2 per cento nella seconda metà del 2025, mentre l’inflazionemisurata sullo IAPC al netto dei beni energetici e alimentari si manterrà al di sopra di tale livello per l’intero periodo in esame”.
“Tale persistenza è dovuta agli effetti indiretti ritardati degli elevati prezzi dell’energia e del netto deprezzamento dell’euro osservato in passato (nonostante il lieve apprezzamento recente), oltre che agli andamenti robusti nei mercati del lavoro e agli effetti della compensazione per l’inflazione sui salari, che dovrebbero crescere a tassi ben superiori alle medie storiche in termini nominali (anche se in termini reali rimarrebbero inferiori ai livelliantecedenti la guerra in Ucraina nell’intero arco di tempo considerato)”.
“Rispetto alle proiezioni dello scorso settembre, l’inflazione complessiva è stata oggetto di una revisione al rialzo considerevole per il 2022, il 2023 e il 2024 (rispettivamente pari a 0,3, 0,8 e 1,1 punti percentuali) riflettendo dati recenti non corrispondenti alle attese, una rivalutazione dell’intensità e della persistenza delle pressioni inflazionistiche e della loro trasmissione, la più vigorosa dinamica salariale e i rincari delle materie prime alimentari. Tali effetti al rialzo più che compensano l’impatto al ribasso esercitato dalle ipotesi di un calo dei prezzi del petrolio, del gas e dell’elettricità, dal più rapido allentamento delle strozzature dal lato dell’offerta, dal recente apprezzamento dell’euro e dall’indebolimento delle prospettive per la crescita”.
Riguardo ai salari, la Bce rileva che “la crescita delle retribuzioni contrattuali ha indicato un’intensificazione delle pressioni salariali, mentre la crescita del reddito per occupato è stata più contenuta, sebbene abbia continuato a mostrare distorsioni dovute agli indicatori legati alla pandemia”.
Per la precisione, “la crescita delle retribuzioni contrattuali è salita al 2,9 per cento nel terzo trimestre del 2022, dal 2,5 del trimestre precedente. Ciò riflette il ruolo crescente assunto dalle retribuzioni nell’inflazione, sia in ragione di clausole in materia di indicizzazione delle retribuzioni formalmente previste, sia diversamente. Tale andamento rispecchia altresì l’impatto di importi corrisposti una tantum”.