Bene Piazza Affari e l’Europa dopo i dati Usa, Milano chiude a +1,4%
Chiusura positiva per le borse europee e per Piazza Affari, sostenute anche dall’andamento positivo di Wall Street dopo i dati sull’occupazione di dicembre. Il Ftse Mib termina in rialzo dell’1,4% a 25.180 punti, con acquisti in particolare su Saipem (+6,2%), Interpump (+2,7%) e Bper (+2,6%). In calo invece Diasorin (-0,6%), poco mosse Mediobanca (-0,1%) e Azimut (-0,1%). Sull’obbligazionario, spread Btp-Bund a 200 punti base, con il rendimento del decennale italiano in calo al 4,21%.
In giornata l’attenzione si è concentrata soprattutto sui dati macroeconomici, con la diffusione dell’indice dei prezzi al consumo della zona euro e del job report statunitense di dicembre.
L’inflazione dell’eurozona ha evidenziato un rallentamento al 9,2% tendenziale, ma con un dato core in accelerazione al 5,2%. Numeri che non dovrebbero modificare la strategia restrittiva della Bce, dalla quale gli operatori continuano ad aspettarsi due rialzi dei tassi da 50 bp nelle riunioni di febbraio e marzo.
Negli Usa, a dicembre, sono stati creati 223 mila nuovi impieghi, superiori ai 203 mila previsti dagli analisti. Il tasso di disoccupazione è sceso al 3,5%, rispetto al 3,7% atteso, dal 3,6% del mese precedente (rivisto da 3,7%). I salari medi orari hanno registrato un incremento dello 0,3% su base mensile e del 4,6% tendenziale, meno delle attese. Cala a sorpresa l’indice ISM servizi, in discesa a 49,6 punti.
Dati in chiaroscuro, che si sommano a quelli di ieri sull’occupazione nel settore privato e sui sussidi di disoccupazione. Da un lato, infatti, il mercato del lavoro resta solido, con un numero di buste paga superiore alle aspettative e una disoccupazione contenuta; dall’altro, la crescita dei salari inferiore alle attese è un segnale di raffreddamento parziale delle pressioni inflazionistiche. Quest’ultimo fattore potrebbe consentire alla Fed un maggior margine di manovra sui tassi di interesse.
In ogni caso la banca centrale proseguirà l’inasprimento monetario, come indicato a più riprese dai suoi funzionari. Il presidente della Fed di Atlanta, Raphael Bostic, ha chiarito che resta “molto lavoro da fare” per domare l’inflazione. James Bullard della Fed di St. Louis, che non è più un membro votante del Fomc, ha però affermato che il costo del denaro si sta avvicinando a una zona sufficientemente restrittiva e che le aspettative di inflazione sono diminuite. Al momento, le previsioni segnalano un picco dei tassi oltre il 5% (dal range attuale 4,25%-4,5%) entro la metà dell’anno.
Rendimenti in netto calo sull’obbligazionario Usa, con il decennale al 3,57% (-15 bp) e il biennale, più sensibile alle aspettative sulla politica monetaria, in diminuzione di 19 bp al 4,26%. Sul Forex, cambio euro/dollaro in risalita a 1,06. Recupera terreno il petrolio dopo i recenti ribassi con il Brent ad un soffio dagli 80 dollari al barile, mentre il gas naturale in Europa si attesta a 69 euro/MWh.
L’appuntamento chiave della prossima settimana sarà la pubblicazione dei dati di dicembre sull’inflazione statunitense, in calendario giovedì. Dopo il +7,1% annuo registrato a novembre, le attese sono per un ulteriore rallentamento dei prezzi al consumo al +6,7%, con il dato core previsto in calo dal +6% al +5,7%.
Tra gli altri dati, spiccano quelli sulla produzione industriale delle principali economie europee, il Pil tedesco del 2022 e i numeri cinesi sui prezzi alla produzione e al consumo di dicembre.
Per quanto riguarda le banche centrali, focus sui discorsi di martedì di Jerome Powell, numero uno della Fed, Andrew Bailey (governatore della Bank of England) e del membro Bce Isabel Schnabel.