Brexit, Westminster vota a favore estensione Art 50. Ue cauta, l’attacco di Verhofstadt a Farage
Nella serata di ieri, la Camera dei Comuni inglese ha votato a favore dell’estensione dell’Articolo 50 con 412 voti rispetto ai 202 contrari. L’esito del voto dà mandato al governo di Theresa May di estendere l’Articolo 50 oltre la data di scadenza del 29 marzo.
Affinché sia effettiva, tuttavia, l’estensione deve essere votata da tutti gli altri 27 paesi membri dell’Unione europea.
La sterlina ha reagito alla notizia salendo fino a $1,3286.
La Commissione europea ha intanto diramato un comunicato, in cui si legge che “una richiesta per l’estensione dell’Articolo 50 comporta un accordo unanime tra tutti gli altri 27 stati membri (dell’Ue)”. La Commissione si è detta aperta a “considerare una tale richiesta, dando la priorità al bisogno del funzionamento delle istituzioni Ue e prendendo in considerazione le ragioni e la durata di una possibile estensione”.
Intanto Guy Verhofstadt, leader dei liberali del Parlamento Usa, ha riferito a una televisione tedesca che il suo desiderio è che l’Ue faccia pressioni sul Regno Unito affinché vada avanti con la realizzazione della Brexit.
Verhofstadt, le cui dichiarazioni recenti avevano irritato non di poco l’Italia, aveva già avvertito due giorni fa che bisognerebbe concedere il rinvio della Brexit “anche solo per 24 ore” al di là della data fissata al prossimo 29 marzo soltanto se il Parlamento britannico presentasse un piano chiaro sul da farsi.
Il leader del partito liberale, che è anche coordinatore della Brexit per il Parlamento europeo, ha sferrato quel giorno anche un attacco all’ex leader Ukip Nigel Farage, affermando che l’estensione dell’articolo 50 è esattamente ciò che Farage desidera, in modo da “poter continuare a percepire uno stipendio che poi può trasferire alla sua società offshore”. Farage si è limitato a ridere in faccia a Verhofstadt.
Qualche settimana fa il leader dei liberali europei ha criticato il governo M5S-Lega e in particolare il premier Giuseppe Conte, definendolo burattino dei due vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini. Il premier aveva risposto che burattino è chi risponde alle lobby.
A tal proposito, il Fatto Quotidiano ha riportato nelle ultime ore quanto affermato da Le Monde e France 2, ovvero che il gruppo parlamentare Alde di Verhofstadt non avrebbe “disdegnato centinaia di migliaia di euro (ben 425mila, per l’esattezza) ricevuti dal 2014 da grandi multinazionali del calibro di Google, Walt Disney, Syngenta, Deloitte, Microsoft e persino Bayer, l’attuale produttore del Roundup – glifosato – da quando ha acquisito Monsanto”.