Dopo la pandemia solo il 6% delle imprese tornerà senza smart working
La disruption del 2020 innescata dal Covid spalanca le porte a nuovi modelli organizzativi, con il lavoro a distanza che diventerà la nuova normalità anche dopo la pandemia. Dopo averlo sperimentato in modo forzato durante l’emergenza, infatti, solo il 6% delle imprese dichiara di voler tornare alle condizioni preesistenti senza smart working, mentre ben il 60% indica nello smart working l’iniziativa più urgente su cui investire per quanto riguarda la gestione delle risorse umane. Nel dettaglio, per quanto riguarda il mix tra lavoro in sede e lavoro a distanza su base settimanale, per il 35% delle aziende interpellate il lavoro delocalizzato sarà, in proporzioni diverse, comunque prevalente rispetto al lavoro in sede.
Sono questi i risultati della terza edizione della survey “Future of Work 2020” rivolta alle direzioni del personale delle grandi aziende italiane, presentata il 25 novembre nel corso di HR Business Summit e realizzata da Osservatorio Imprese Lavoro Inaz e Business. “Ogni rivoluzione, e questo cambiamento globale che abbiamo di fronte lo è, presenta insidie ma anche opportunità – sottolinea Linda Gilli, presidente e AD di Inaz –. Le direzioni HR sono chiamate oggi a ridefinire strumenti e modelli in modo che persone e imprese possano trarre vantaggi dal difficile periodo che stiamo vivendo”.
Per trasformare lo smart working in vero lavoro agile occorre però proseguire sulla strada della digitalizzazione. Il 78% delle aziende dichiara che l’esperienza è stata positiva durante l’emergenza, ma necessita di una progettualità.