Investimenti: l’avversione al rischio? E’ questione (anche) di genere ed età
L’avversione al rischio negli investimenti dipende anche dal genere e dall’età. I ricercatori della Cass Business School di Londra e dell’Università di Bristol hanno condotto uno studio sui diversi atteggiamenti delle persone rispetto alla perdita finanziaria, scoprendo che alcune categorie sono meno propense a prendere dei rischi quando si tratta di soldi.
Il rapporto “Quantifying Loss Aversion: Evidence from a UK Population Survey”, condotto sulla popolazione del Regno Unito, ha evidenziato che le donne appaiono più riluttanti al rischio che gli uomini. E che i giovani e gli anziani sono più restii al rischio che le persone di mezza età. Queste scoperte possono essere molto importanti sia per i consulenti finanziari che per i loro clienti, che stanno valutando in che modo investire per il futuro a seconda della propria fascia d’età.
In altre parole, questi risultati possono essere utilizzati per evitare cattive decisioni d’investimento che riflettono inclinazioni comportamentali. Per esempio, l’eccessiva sicurezza degli uomini riguardo agli investimenti può portare a un avventurismo sconsiderato non necessariamente auspicabile quando ci si avvicina all’età del pensionamento, dal momento che c’è meno tempo per riprendersi da un forte calo dei mercati azionari. O dall’altra parte le donne che non si sforzano di uscire dalla propria comfort zone rischiano di ritrovarsi con risorse più modeste in età pensionabile.
Ma non solo. Dallo studio è emerso anche che i single sono meno avversi al rischio che le persone in coppia, che sono, a loro volta, meno avversi al rischio che i vedovi, divorziati e separati. Chi non ha figli è più avverso al rischio e alla perdita che le persone con figli. Le persone in cattiva salute sembrano avere un’avversione alla perdita più bassa che le persone in buona salute. In generale però le relative avversioni per il rischio e per la perdita sono inferiori quando il livello individuale di comprensione in ambito finanziario è superiore.