Lavoro: 1 milione di disoccupati previsti, cosa aspettarsi dopo lo scadere di Cig e stop licenziamenti
Il Covid ha prodotto una perdita record di occupazione, cui è corrisposta un’autentica esplosione di misure di sostegno al reddito, ordinarie o in
via straordinaria messe in campo come conseguenza dell’emergenza. Per la sola cassa integrazione sono stati spesi finora circa 18 miliardi, cifra che da sola sottolinea l’impossibilità, tenuto oltretutto conto del già elevato debito pubblico italiano, di continuare a sostenere a lungo oneri assistenziali di tale portata. È facilmente ipotizzabile che alla scadenza al venir meno della CIG con causale Covid e dello stop ai licenziamenti per motivi economici (attualmente fissata al 31 marzo) si possa superare il milione di disoccupati. Sono le previsioni snocciolate da Itinerari previdenziali nel suo ultimo rapporto trimestrale sul lavoro. Gli outlook sono ovviamente incerti, dipendendo in larga parte dallo sviluppo della pandemia. Tuttavia, le previsioni delle agenzie non sono di certo ottime: l’OCSE prevede un +4,3% del Pil per il 2021 e un +2,3% per l’anno successivo, valori che comunque non consentirebbe neppure di recuperare i livelli di occupazione pre-Covid.
La crescita da sola non sarà però sufficiente a risolvere i problemi dell’occupazione perché la domanda – che, certamente, crescerà – farà fatica a incontrarsi con l’offerta, sia dei licenziati causa Covid-19 sia dei giovani inoccupati. Secondo Excelsior Unioncamere la richiesta dovrebbe essere rilevante nei profili professionali più alti, a condizione che abbiano competenze traversali digitali e green, nonché per i profili di operai specializzati. Teoricamente anche commercio, turismo e ristorazione dovrebbero aumentare la domanda ma, in questo caso, con contenuti professionali piuttosto modesti, anche se si prevede che questa richiesta dovrebbe rivolgersi almeno per il 40% a giovani under 30.
Si porrà quindi il problema di far incontrare domanda e offerta di lavoro per un milione di posti, sapendo in anticipo di doversi confrontare con un mismatch pesante, determinato anche dalle nuove competenze richieste dalle imprese che, se sopravvissute ai lockdown, avranno in molti casi
prevedibilmente scelto di fare innovazione. L’emergenza sanitaria richiederà pertanto uno sforzo gigantesco in termini di politiche attive per il
lavoro: occorrerà mettere in campo formazione, sia mirata che trasversale, per riavvicinare il gap tra domanda e offerta.