Mercati incerti dopo i dati Usa sul lavoro, Piazza Affari chiude a -0,55%
Le borse europee archiviano la seduta in ordine sparso, mentre Wall Street ha recuperato terreno dopo una partenza in rosso e scambia sulla parità, con focus sul job report e sulle trimestrali dei giganti Apple, Amazon e Alphabet diffuse ieri.
A Piazza Affari il Ftse Mib termina in calo dello 0,55% a 26.950 punti, con Pirelli (+3,6%) in vetta dopo che Morgan Stanley ha alzato la raccomandazione sul titolo a Overweight/In-Line confermando il target price a 5,5 euro. In rialzo anche Finecobank (+2,7%), Campari (+2,4%) e Saipem (+1,6%), mentre arretrano Terna (-2,8%), Nexi (-2,8%), Hera (-2,8%) e Intesa Sanpaolo (-2,9%).
Quest’ultima ha pubblicato i risultati del 2022, che hanno messo in luce un utile netto consolidato di 5.499 milioni di euro, escludendo 1,4 miliardi di euro di accantonamenti/rettifiche di valore per Russia e Ucraina. L’istituto ha confermato la formula del Piano di Impresa 2022-2025 e, in particolare, l’obiettivo di 6,5 miliardi di utile netto al 2025.
Tornano a salire i rendimenti obbligazionari, compreso quello del Btp che si impenna di 12 punti base al 4,02%, mentre lo spread con il Bund si allarga leggermente a 183 punti base. Sul Forex, l’euro/dollaro torna a quota 1,084 e il dollaro/yen si avvicina a 131, mentre fra le materie prime scambia ancora in ribasso il petrolio, con il Brent a 81,2 dollari al barile.
Ad innescare le vendite sui titoli di Stato e il rafforzamento del biglietto verde è stato soprattutto il sorprendente rapporto di gennaio sul mercato del lavoro statunitense, che ha spinto il tasso del Treasury decennale al 3,53% e il biennale al 4,26%.
I dati hanno evidenziato la creazione di 517 mila nuovi impieghi, quasi il triplo dei non farm payrolls attesi, con un tasso di disoccupazione ai minimi dal 1969, al 3,4%. In lieve rallentamento la crescita tendenziale dei salari medi orari, pari al 4,4%.
Numeri che confermano ancora una volta la solidità del mercato del lavoro americano, aumentando verosimilmente le preoccupazioni della Fed, secondo cui è necessaria una moderazione delle pressioni sui salari per contrastare con efficacia l’inflazione.
Il tutto, dopo che la banca centrale a stelle e strisce ha alzato questa settimana i tassi di 25 punti base, rallentando il ritmo delle strette e parlando per la prima volta di “disinflazione”.
Ieri la Bce ha invece alzato il costo del denaro di 50 punti base, preannunciando una nuova stretta di pari entità a marzo. Tuttavia, gli operatori si sono concentrati su una possibile attenuazione delle strette in seguito e hanno accolto positivamente i commenti di Christine Lagarde in merito ai minori rischi e al probabile rallentamento dell’inflazione.
Dall’agenda macro sono giunti anche gli indici Pmi servizi e composito dei principali Paesi europei, che dopo sei mesi di contrazione evidenziano una marginale espansione per l’economia dell’eurozona, con il terziario sui livelli massimi da luglio. Negli Usa, invece, l’indice ISM servizi è rimbalzato sorprendentemente a 55,2 punti a gennaio, dai 49,2 di dicembre, indicando una ripresa immediata della domanda dei consumatori americani.