Wall Street cauta, dietrofront tassi Treasuries non convince. Ancora giù il Nasdaq, la view bearish sulla borsa Usa di Dennis Gartman
Wall Street cauta all’indomani della chiusura record del Dow Jones e del dietrofront del Nasdaq, che ha scontato il rialzo dei rendimenti Usa cedendo l’1,3%.
Passate le 16 ora italiana, il Dow Jones è piatto attorno a quota 36.824 punti; lo S&P arretra dello 0,10% a 4.788 punti, mentre il Nasdaq cede lo 0,50% a 15.545 punti.
Occhio all’outlook sulla borsa Usa presentato da Dennis Gartman, presidente della University of Akron Endowment, nel corso di una intervista rilasciata alla radio Bloomberg.
Noto per essere bearish sull’azionario, Gartman ha detto di prevedere per la borsa Usa un calo, nel 2022, compreso tra il 10% e il 15%: a suo avviso il fattore che scatenerà le vendite sarà il rialzo dei tassi da parte della Fed.
In quanto presidente del fondo di dotazione dell’Università di Akron, Gartman ha tagliato l’esposizione verso l’azionario del 10%, pur precisando che il rischio di una strategia del genere è di non poter approfittare di eventuali ulteriori rialzi di Wall Street.
Sebbene oggi i tassi sui Treasuries facciano dietrofront – con quelli decennali che scendono dall’1,71% di ieri attorno all’1,658% – i titoli tecnologici continuano a essere sotto pressione.
Per i rendimenti Usa, a detta di quanto ritiene il consensus, quella di oggi dovrebbe confermarsi infatti solo una semplice parentesi, da considerare nell’ambito di un trend che, nel 2022, dovrebbe rimanere positivo. Il boom dei tassi Usa si spiega con le scommesse, da parte degli investitori, di una Fed più hawkish.
D’altronde, dallo stesso dot plot pubblicato nell’ultima riunione del Fomc – il braccio di politica monetaria della banca centrale americana guidata da Jerome Powell -, è emerso che la Fed prevede in media almeno tre rialzi dei tassi nel corso del 2022, per rispondere all’inflazione galoppante negli Stati Uniti.
Michael Schumacher, numero uno della strategia sui tassi di Wells Fargo, ha messo in evidenza il balzo record dei tassi dei Treasuries, sottolineando che il rialzo dei rendimenti decennali della prima sessione del 2022, ovvero del 3 gennaio scorso, è stato il più alto del primo giorno di contrattazioni dell’anno nuovo dal 2001.
Nel 2001, i tassi salirono nella prima sessione dell’anno di 24 punti base, mentre l’altroieri l’incremento ha portato i decennali a volare dall’1,51% di venerdì scorso a oltre l’1,64%, stando ai dati di TradeWeb.
Schumacher non crede tuttavia che i tassi a 10 anni possano salire, almeno quest’anno, oltre la soglia del 2,25%, anche se, ovviamente, sarà l’inflazione degli Stati Uniti a determinare il trend del mercato.
Maggiore chiarezza arriverà al mercato con la pubblicazione, in calendario nella giornata di oggi, delle minute della Fed relative proprio all’ultima riunione di dicembre.
In quell’occasione, a fronte di tassi sui fed funds che sono stati lasciati invariati nella forchetta compresa tra lo zero e lo 0,25%, la Fed ha annunciato una forte accelerazione del tapering, una sorta di turbo tapering. E dal dot-plot è risultato per l’appunto che, su un totale di 18 esponenti del Fomc, 12 stimano almeno tre rialzi dei tassi nel 2022.
Intervistato dalla Cnbc Ian Lyngen, responsabile della divisione di strategia sui tassi Usa di BMO, ha commentato il boom dei tassi dei Treasuries affermando che “l’ottimismo sull’economia, in un contesto di preoccupazioni per l’inflazione, porterà i tassi decennali al 2% nel corso del primo trimestre, e da lì saranno l’economia e la Federal Reserve a determinare quanto in alto saliranno ancora”.
Per Lyngen, il trend dei rendimenti dei Treasuries “dipenderà dai dati e dai toni che arriveranno dalla Fed”. Tuttavia, “non arriveremo al 3% (per i tassi dei Treasuries a 10 anni). Credo che toccheremo il massimo all’inizio dell’anno”.
I titoli tecnologici continuano a soffrire la prospettiva di una Fed più hawkish, in quanto gli utili futuri delle relative società tendono a diventare meno appetibili agli occhi degli investitori, in un contesto di tassi più alti.
Apple continua così a ritracciare, dopo essere scesa alla vigilia, allontanandosi così dal traguardo del valore di mercato di $3 trilioni che ha agguantato e superato l’altroieri, durante la prima sessione di Wall Street del 2022.
Giù anche Meta Platforms (ex Facebook) -0,90%, mentre è positivo il titolo Tesla.
Tra i titoli hi-tech si mette in evidenza anche Salesforce, in calo fin oltre il 6% e tra i titoli peggiori dello S&P 500, a seguito di un downgrade da parte degli analisti di UBS. UBS ha tagliato anche il rating di Adobe, provocando la flessione del titolo fino a quasi -5%.
Bene invece Pfizer, +2% circa, che beneficia del giudizio positivo degli analisti di Bank of America, che hanno scritto che gli utili del colosso farmaceutico derivanti dai trattamenti contro il Covid forniscono al titolo un margine di rialzo.
Buy su Beyond Meat, che sale di oltre il 4%, beneficiando della notizia relativa al debutto da lunedì prossimo, nei ristoranti statunitensi di KFC, del “Beyond Fried Chicken”, il pollo fritto senza carne.
Bene anche il titolo della conglomerata Berkshire Hathaway di Warren Buffett, sotto i riflettori dopo che Apple, il suo investimento principale, ha tagliato il traguardo dei $3 trilioni.
Conosciuto per non essere un appassionato del mondo hi-tech, da cui si è tenuto sempre a debita distanza, Warren Buffett ha iniziato a fare incetta di azioni Apple nel 2016, fino ad arrivare ad accumulare, entro la metà del 2018, una quota di capitale pari al 5%, al costo di $36 miliardi. Quella partecipazione vale oggi $160 miliardi, grazie alla sbornia di buy (e anche di buyback) che ha portato il gigante ad acciuffare la soglia record dei $3 trilioni, mai testata in precedenza nel mondo corporate: un valore superiore a quello dell’intera capitalizzazione delle criptovalute, a quello del Pil di UK, Francia e Italia e sei volte tanto il valore di JP Morgan, pari a 30 volte quello di General Electric.
Dal fronte macroeconomico è stato reso noto oggi il report ADP da cui è emerso che, nel mese di dicembre, l’economia degli Stati Uniti ha creato 807.000 nuovi posti di lavoro nel settore privato, ben oltre la crescita di 375.000 unità attesa dal consensus degli analisti, e dopo l’aumento delle buste paga di 505.000 unità a novembre.
Grande attesa a questo punto per la pubblicazione, in calendario dopodomani venerdì 7 dicembre, del report occupazionale Usa di dicembre, che sarà diffuso alle 14:30 ora italiana (variazione occupati non agricoli, disoccupazione e salari). Su quest’ultimo fronte il consenso di Bloomberg si attende un rialzo dei nuovi occupati (di 400.000 unità) ed un calo del tasso di disoccupazione.