Wall Street: futures Usa al ribasso, focus su report occupazionale Usa di novembre. Le stime
A Wall Street futures Usa in calo in attesa della pubblicazione del market mover di oggi, che condizionerà il trend dei mercati globali, dando informazioni cruciali anche alla Fed di Jerome Powell, in vista del meeting dei prossimi 13-14 dicembre.
Si tratta del report occupazionale Usa relativo al mese di novembre, che sarà reso noto alle 14.30, ora italiana: gli economisti intervistati da Dow Jones prevedono che, nel mese di novembre, i nuovi posti di lavoro siano aumentati di 200.000 unità, in calo rispetto alla crescita di 261.000 unità di ottobre.
L’attenzione degli investitori rimane su altri dati macro cruciali resi noti ieri, in particolare l’inflazione core misurata dall’indice PCE core, parametro preferito dalla Fed:
l’indice è salito su base annua del 5%, come da attese, rallentando il passo rispetto al 5,2% di settembre (dato rivisto al rialzo dal +5,1% inizialmente reso noto). Su base mensile, il PCE core è salito dello 0,2%, a un ritmo inferiore rispetto al +0,3% stimato e in indebolimento rispetto al precedente aumento, a settembre, pari a +0,5%.
L’indice PCE headline è cresciuto del 6% su base annua, al di sotto del +6,2% stimato e contro il +6,2% precedente. Su base mensile, il rialzo è stato dello 0,3%, meno del +0,5% previsto e rispetto al +0,3% precedente.
I numeri avallano le opinioni di chi ritiene che l’inflazione Usa abbia toccato il picco e che la Fed di Jerome Powell possa varare rialzi dei tassi meno aggressivi.
Pubblicato ieri anche l’indice ISM manifatturiero Usa, che si è contratto per la prima volta da maggio 2020. L’indicatore stilato dall’Institute for Supply Management è sceso a novembre a 49 punti dai 50,2 del mese precedente, al di sotto del consensus di Bloomberg (49,7 punti) e, per la prima volta dai lockdown, sotto la soglia di 50 punti che separa espansione e contrazione.
“Prendendo insieme i due dati” – indice PCE core e ISM manifatturiero peggiore delle attese -, Chris Hussey di Goldman Sachs ha scritto in una nota che ciò che emerge tende a “suggerire un soft landing per l’economia Usa, sempre che l’economia non peggiori ulteriormente”.
I due dati confermano inoltre ulteriormente la possibilità, di cui lo stesso Jerome Powell ha parlato, che nel mese di dicembre il rialzo dei tassi avvenga in modo meno aggressivo.
In un discorso al Brookings Institute dell’altro ieri,
Powell ha detto ciò che i mercati speravano, scatenando un boom di buy a Wall Street che hanno portato il Nasdaq a volare di oltre il 4% e il Dow Jones a schizzare di oltre 700 punti (+2,18%).
“Ha senso moderare il ritmo dei rialzi dei tassi di interesse”, ha detto Powell, confermando i “progressi significativi” che la Fed ha compiuto “nel rendere la politica (monetaria) sufficientemente restrittiva”.
Ma, ha aggiunto, “c’è ancora del lavoro da fare” ed “è probabile che ci sia bisogno di mantenere la politica restrittiva per ancora un po’ di tempo”, al fine di combattere l’inflazione. D’altronde, “la storia lancia un forte avvertimento sul rischio di allentare la politica monetaria in modo prematuro”, ha spiegato Jerome Powell, facendo notare che “abbiamo un lungo lavoro da fare per ripristinare la stabilità dei prezzi”.
Insomma: “Ci vorranno molte altre prove perchè si possa essere tranquilli sul fatto che l’inflazione stia davvero scendendo – ha detto il timoniere della Fed – In base a ogni standard, l’inflazione rimane troppo alta”.
Il banchiere centrale ha confermato la sua view, secondo cui i tassi sui fed funds saliranno probabilmente fino al 5% se non oltre. Dichiarazioni non proprio dovish.
L’euforia post Powell è durata così il tempo di una sessione: ieri chiusura in rosso per Wall Street: il Dow Jones ha perso 194,76 punti (-0,56%), a 34.395,01 punti; lo S&P 500 ha ceduto lo 0,09% a 4.076,57 punti, mentre il Nasdaq ha chiuso in lieve rialzo, salendo dello 0,13% a 11.482,45.
Futures ora al ribasso: quelli sul Dow Jones cedono lo 0,10%, quelli sullo S&P 500 arretrano dello 0,16% e quelli sul Nasdaq perdono lo 0,35%.