Wall Street: il trend di DJ, S&P 500 e Nasdaq su base settimanale. Tassi Treasuries in rialzo
Wall Street negativa nell’ultima sessione della settimana sulla scia degli ultimi dati, che hanno rinfocolato il timore che la Fed sia ancora molto lontana dalla fine della sua battaglia contro l’inflazione.
Oggi il dato sui prezzi alle importazioni e alle esportazioni ha dato ulteriori informazioni sul trend dell’inflazione.
L’indice dei prezzi alle importazioni è sceso a gennaio dello 0,2%, rallentando ulteriormente il passo rispetto al calo precedente dello 0,1% (rivisto al ribasso dal +0,4% inizialmente reso noto). Su base annua, i prezzi alle importazioni sono saliti del 2,3%.
I prezzi alle esportazioni sono aumentati invece dello 0,8%, molto oltre la flessione dello 0,2% attesa, tornando a salire dopo il calo del 3,2% di dicembre (rivisto al ribasso dal -2,6% inizialmente comunicato).
Alle 15.45 circa ora italiana, il Dow Jones arretrano di 100 punti circa (-0,31%), lo S&P 500 cede lo 0,75% e il Nasdaq perde l’1% circa.
Il Dow Jones si appresta a chiudere la settimana in ribasso per la terza settimana consecutiva, con un calo dello 0,51%. Il Nasdaq è invece in rialzo su base settimanale dell’1,18% e mette a segno la sesta settimana di rialzi delle ultime sette. Lo S&P 500 registra su base settimanale una performance piatta.
A deprimere il sentiment, con un effetto contagio sulle altre borse, è stato ieri l’indice prezzi alla produzione PPI, altro parametro cruciale del trend dell’inflazione.
Il dato è salito a gennaio del 6% su base annua, in rallentamento rispetto al +6,2% di dicembre, ma decisamente oltre le stime di un incremento del 5,4%. Su base mensile, il rialzo dell’inflazione misurata dall’indice è stato dello 0,7%, rispetto al +0,4% atteso e in decisa accelerazione rispetto alla flessione dello 0,4% precedente.
Escluse le componenti dei prezzi dei beni energetici e alimentari, il dato core ha segnato inoltre un rialzo del 5,4%, inferiore al +5,5% di dicembre, ma anche in questo caso ben oltre il +4,9% atteso.
Il PPI si è confermato l’ennesimo dato macro che ha indicato come l’inflazione non stia scendendo come sperato, non solo dai mercati, ma dalla stessa Banca centrale americana guidata da Jerome Powell, nonostante le strette monetarie aggressive varate dallo scorso anno, fino a +75 punti base.
A pesare ulteriormente sul sentiment sono state le parole proferite da alcuni esponenti della Fed.
In particolare il presidente della Fed di St. Louis James Bullard ha reso noto che, nella riunione del Fomc, il braccio di politica monetaria della Federal Reserve, del 1° febbraio scorso, avrebbe preferito un rialzo dei tassi di 50 punti base (e non di 25 punti), aggiungendo di non escludere che una stretta di tale entità venga varata dalla Fed, nella riunione di marzo. E anche Loretta Mester, presidente della Fed di Cleveland, ha invocato tassi sui fed Usa oltre il 5%.
Ieri Wall Street ha chiuso così in rosso: il Dow Jones è capitolato nel finale di 431,20 punti (-1,26%), lo S&P 500 ha perso l’1,38%, mentre il Nasdaq Composite è scivolato dell’1,78%.
La paura di nuovi rialzi aggressivi da parte della Fed assilla anche il mercato del reddito fisso, con i tassi dei Treasuries Usa a dieci anni che hanno superato la soglia del 3,9%, fino al 3,93%, record dal 10 novembre del 2022. I rendimenti dei Treasuries a due anni sono saliti al 4,692%.