Wall Street in lieve rialzo in attesa del dato clou e della Fed. Rivian -4% dopo l’annuncio stop
Sessione in lieve rialzo per Wall Street, che apre oggi una settimana cruciale, in cui grande protagonisti saranno di nuovo i numeri relativi all’inflazione Usa e la Fed di Jerome Powell.
Tra i titoli si mette in evidenza il rally di Horizon Therapeutics, che vola del 15% circa, dopo che la società ha annunciato che sarà acquistata dal gruppo Usa di biotech Amgen, per $116,50 per azione in contanti. Horizon Therapeutics è stata valutata più di 27,8 miliardi di dollari. Il titolo Amgen cede più del 2%.
Focus anche sul gigante software americano Microsoft, che ha annunciato di aver siglato una partnership con l’LSE (London Stock Exchange) di durata decennale e di aver acquistato anche una partecipazione di quasi il 4% della borsa di Londra. La partnership ha per oggetto la fornitura da parte di Microsoft di soluzioni per il cloud, e la gestione di dati di nuova generazione e di analisi. Il titolo Microsoft sale dell’1,5% circa.
Giornata no per Rivian, il titolo del produttore di veicoli elettrici con sede negli Stati Uniti, che ha messo in pausa i suoi piani per la produzione di furgoni commerciali elettrici in Europa e ha dichiarato di “non perseguire più” l’accordo stipulato con Mercedes-Benz. Il produttore di veicoli elettrici con sede negli Stati Uniti ha detto che rimane aperto a esplorare il futuro lavoro con Mercedes-Benz “in un momento più appropriato”. Il titolo Rivian arretra del 3,8% circa.
Tornando alla Fed, il Fomc – braccio di politica monetaria della banca centrale Usa – si riunirà domani, martedì 13 dicembre, per un meeting di due giorni, che si concluderà dopodomani 14 dicembre con l’annuncio sui tassi Usa.
Alle 15.36 il Dow Jones sale di oltre 110 punti (+0,37%), il lo S&P 500 avanza dello 0,22% e il Nasdaq mette a segno un progresso dello 0,16%. Ritracciano i tassi sui Treasuries Usa, con quelli decennali che scendono al 3,527% e quelli a due anni sono quasi piatti, al 4,329%.
Riguardo alla Fed, le aspettative dei mercati sono di un rialzo dei tassi di 50 punti base, dopo quattro strette consecutive di 75 punti base, che hanno portato il costo del denaro Usa al top dal 2008, tra il 3,75% e il 4%.
La paura dei trader si sta spostando tuttavia sempre di più dall’entità delle strette monetarie al valore del tasso terminale, ovvero del tasso finale, che lo stesso presidente della Fed Jerome Powell ha detto che potrebbe confermarsi più alto.
Domani, inoltre, martedì 13 dicembre – giorno in cui si riunisce per l’appunto il Fomc – sarà diffuso un dato cruciale affinché la Fed capisca la direzione dell’inflazione Usa e dunque delle strette monetarie ancora necessarie per sfiammare la corsa dei prezzi: l’indice dei prezzi al consumo CPI di novembre.
Venerdì scorso è stata diramata l’inflazione misurata dall’indice PPI, ovvero dall’indice dei prezzi alla produzione, relativo al mese di novembre.
I numeri non sono stati del tutto rassicuranti, in quanto superiori alle stime degli analisti. Su base mensile, l’indice PPI è salito dello 0,2%, più del rialzo dello 0,3% atteso dal consensus. Su base annua, la crescita è stata del 7,4%, oltre il +7,2% atteso. Più forte delle stime anche la crescita della componente core che, su base mensile, è avanzata a novembre dello 0,4%, il doppio rispetto al +0,2% previsto, e che su base annua è salita del 6,2%, oltre il +5,9% stimato.
Il timore che anche il CPI possa confermare una crescita dell’inflazione superiore alle attese ha affossato venerdì scorso la borsa Usa:
il Dow Jones Industrial Average è capitolato di 305,02 punti, o -0,9%, a 33.476,46 punti; lo S&P 500 è sceso dello 0,73% a 3.934,38, mentre il Nasdaq Composite è arretrato dello 0,7% a 11.004,62. Su base settimanale, il Dow ha perso il 2,77%, chiudendo la settimana peggiore da settembre; lo S&P 500 è sceso del 3,37%, mentre il Nasdaq è scivolato del 3,99%. I tassi sui Treasuries Usa a dieci anni sono saliti fino al 3,58%, mentre quelli a due anni sono aumentati al 4,342%, prima di ritracciare, come visto, nelle ultime ore.
Questa settimana la Federal Reserve non sarà l’unica banca centrale protagonista. Attese al varco per le ultime riunioni del 2022 anche la Bce di Christine Lagarde (giovedì 15 dicembre) e sempre giovedì la Bank of England, la SNB (Swiss National Bank) e la Norges Bank, banca centrale della Norvegia.